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Ma prima ancora che Eduin finisse di parlare, Damon aveva riconosciuto l’identità della donna che viaggiava col piccolo drappello di Guardie e di scorte. Un’unica donna, su tutto Darkover, sarebbe stata capace di cavalcare sola sotto uno stendardo di Hastur, e soltanto un’Hastur avrebbe avuto motivo di dirigersi da quella parte.

— È la sigora di Arilinn — disse alla fine, riluttante, e vide la faccia di Eduin illuminarsi di stupore e di reverenza.

Leonie Hastur. Leonie di Arilinn, Custode della Terra di Arilinn. Damon sapeva che, per cortesia, doveva andare incontro alla sua parente per accoglierla; tuttavia rimase immobile in sella, lottando per dominarsi. Il tempo sembrava annullato. In una gelida, segreta, atemporale, echeggiante cavità della sua mente, un Damon più giovane stava tremando al cospetto della Custode di Arilinn, a testa bassa, e ascoltava le parole che distruggevano la sua vita:

— Tu non ci hai delusi, e non mi hai dato motivo d’irritazione. Ma sei troppo sensibile per questo lavoro, troppo vulnerabile. Se fossi una donna, saresti potuto diventare Custode. Ma così come stanno le cose… Ti sto osservando da anni. Questo lavoro distruggerà la tua salute, distruggerà la tua ragione. Devi lasciarci, Damon, per il tuo bene.

Damon se n’era andato senza protestare, perché si sentiva colpevole. Aveva amato Leonie, l’aveva amata con tutta la disperata passione di un uomo solo; ma l’aveva amata castamente, senza una parola, senza sfiorarla. Perché Leonie, come tutte le Custodi, era votata alla verginità, e nessuno poteva guardarla con un pensiero sensuale, nessun uomo poteva mai toccarla. Forse Leonie, chissà come, l’aveva intuito, aveva temuto che un giorno Damon perdesse l’autodominio e si accostasse a lei — fosse pure col solo pensiero — come non ci si poteva accostare a una Custode?

Distrutto, Damon era fuggito. Adesso, dopo tanti anni, gli sembrava che un’intera vita stesse fra il giovane di allora, gettato in un mondo ostile a costruirsi una nuova esistenza, e il Damon di adesso, padrone di sé, reduce da una campagna vittoriosa. Il ricordo era ancora vivo in lui (avrebbe continuato a bruciarlo fino alla morte); ma mentre Leonie si avvicinava, Damon si armò del ricordo di Ellemir Lanart, che l’attendeva ad Armida.

Avrei dovuto sposarla prima di partire per questa campagna. Avrebbe voluto farlo, ma Dom Esteban aveva ritenuto che un matrimonio così affrettato sarebbe stato indecoroso per due nobili. Non voleva che sua figlia venisse spinta al letto nuziale come una serva incinta! Damon aveva accettato il rinvio. La realtà di Ellemir, la sua promessa sposa, avrebbe dovuto scacciare anche i ricordi più dolorosi. Facendo appello all’autodominio acquisito nel corso della sua vita, Damon finalmente avanzò, con Eduin al fianco.

— Tu ci fai un grande onore, parente — disse in tono grave, inchinandosi. — È una stagione molto avanzata per viaggiare tra le colline. Dove ti stai recando?

Leonie ricambiò l’inchino, con la formalità un po’ esagerata di una dama Comyn davanti a estranei.

— Salute a te, Damon. Sto andando ad Armida, e perciò, tra le altre cose, assisterò alle tue nozze.

— È un grande onore, per me. — Il viaggio da Arilinn era lungo, e non veniva intrapreso alla leggera, neppure nella buona stagione. — Ma senza dubbio non vi andrai soltanto per le mie nozze.

— Non solo per quello. Anche se è vero che ti auguro ogni felicità, cugino.

Per la prima volta i loro occhi s’incontrarono fuggevolmente, ma Damon distolse lo sguardo. Leonie Hastur, signora di Arilinn, era una donna alta e sottile, con i capelli rosso-fiamma dei Comyn, che adesso ingrigivano sotto il cappuccio del mantello. Forse un tempo era stata bellissima: Damon non era in grado di giudicare.

— Callista mi ha fatto sapere che intende rinunciare al suo giuramento e sposarsi. — Leonie sospirò. — Io non sono più giovane. Avrei voluto lasciare il mio posto di Custode tra qualche anno, quando Callista avrebbe potuto sostituirmi.

Damon s’inchinò in silenzio. Era stato deciso così fin da quando Callista, a tredici anni, si era recata alla Torre di Arilinn. Damon era tecnico psi, durante il primo anno di soggiorno di Callista, ed era stato consultato quando si era trattato di decidere se era il caso di istruirla come futura Custode.

— E adesso, lei vuole lasciarci per sposarsi. Mi ha detto che il suo innamorato — (Leonie usò l’inflessione cortese che dava alla parola il significato di «promesso sposo») — è un alieno, uno dei terrestri che hanno costruito l’astroporto a Thendara. Tu cosa sai, al riguardo? A me sembra fantastico, come una vecchia ballata. Come ha fatto, Callista, a conoscere quel terrestre? Mi ha detto il suo nome, ma l’ho dimenticato…

— Andrew Carr — disse Damon, mentre giravano i cavalli verso Armida, procedendo fianco a fianco. Le scorte e la dama di compagnia di Leonie li seguivano a rispettosa distanza. Il grande sole rosso era basso nel cielo, e gettava una luce livida attraverso le vette delle Colline di Kilghard, alle loro spalle. Le nubi avevano incominciato ad addensarsi al nord, e un vento freddo soffiava dalle lontane cime invisibili degli Heller.

— Neppure adesso so bene come sia incominciato — riprese infine Damon. — So soltanto che quando Callista era stata rapita dagli uomini-felini e si era ritrovata sola, al buio, impaurita e prigioniera nelle grotte di Corresanti, nessuno dei suoi parenti riuscì a mettersi in contatto mentale con lei.

Leonie rabbrividì, stringendosi il cappuccio intorno al volto. — È stato spaventoso — disse.

— È vero. E poi quel terrestre, Andrew Carr, si è collegato mentalmente con lei. Non conosco tutti i particolari, ma è riuscito a tenerle compagnia in quella prigione solitaria: era il solo che poteva raggiungere la sua mente. Così sono diventati molto intimi, sebbene non si fossero mai visti.

Leonie sospirò e disse: — Sì, questi legami possono essere più forti dei legami della carne. E così hanno finito con l’amarsi, e quando lei è stata salvata si sono incontrati…

— È stato Andrew a contribuire più di ogni altro al salvataggio — osservò Damon. — E adesso si sono fidanzati. Credimi, Leonie, non è una fantasia oziosa, nata dalla paura di una ragazza sola o dal desiderio di un uomo solitario. Prima che partissi per questa campagna, Callista mi ha detto che se non riusciva a ottenere il consenso del padre e il tuo avrebbe lasciato Armida e Darkover e sarebbe andata con Andrew nel suo mondo.

Leonie scosse la testa, con aria dispiaciuta. — Ho visto le navi dei terrestri nel porto di Thendara — disse. — E mio fratello Lorill, che fa parte del Consiglio e ha rapporti con loro, dice che sotto ogni aspetto sembrano uomini come noi. Ma un matrimonio, Damon? Una ragazza di questo pianeta e un uomo di un altro? Anche se Callista non fosse destinata a diventare Custode, se non fosse votata alla verginità, un matrimonio simile sarebbe assurdo, pericoloso per entrambi.

— Credo che loro lo sappiano, Leonie. Eppure sono decisi.

— Ho sempre pensato — disse Leonie, con una strana voce remota, — che una Custode non dovrebbe sposarsi. Ho pensato così per tutta la mia vita. Se fosse stato diverso… — Alzò per un attimo gli occhi verso Damon, e la sofferenza nella voce di lei lo colpì. Damon cercò di difendersene.

Ellemir, pensò, come se fosse un incantesimo protettivo; ma Leonie proseguì, sospirando: — Comunque, se Callista si fosse innamorata di un uomo del suo clan e della sua casta, non le imporrei la mia convinzione: la lascerei volentieri libera. No… — S’interruppe. — No, non volentieri, sapendo quali difficoltà attendono una donna preparata e condizionata come Custode di un cerchio delle matrici: non volentieri. Ma alla fine l’avrei lasciata andare, e l’avrei consegnata allo sposo con la buona grazia dovuta. Ma come posso darla a un alieno, a un uomo di un altro mondo, che non è nato sulla nostra terra, sotto il nostro sole? È un pensiero che mi agghiaccia d’orrore, Damon! Mi fa rabbrividire.