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«Immagino che il commissario volesse per l’appunto evitare questo» risponde Marcus, come se non l’avesse neanche sentita.

«Non voglio essere coinvolta in manovre politiche volte a proteggere questo istituto» mette in chiaro Kay. «Quando ieri mi ha chiamato, ho accettato di studiare il caso Paulsson. Ma non potrò fare luce sulla vicenda più di tanto, se lei mi taglia fuori e mi impedisce di avvalermi dell’esperienza dei miei collaboratori. Nel caso specifico, di Pete Marino.»

«Francamente, non credevo che lei tenesse tanto a partecipare alla riunione con lo staff.» Guarda l’ora su un vecchio orologio da polso con il cinturino di pelle. «Se preferisce esserci, comunque, non ho problemi. Non abbiamo niente da nascondere. Dopo la riunione, le parlerò del caso Paulsson. Se desidera, può effettuare una seconda autopsia.»

Apre la porta della biblioteca e le fa segno di passare per prima. Kay Scarpetta lo guarda incredula.

«Non mi ha detto che Gilly Paulsson è morta due settimane fa? Non avete ancora restituito il corpo alla famiglia?» domanda.

«Sono talmente disperati che non hanno ancora fatto la richiesta» replica. «O forse vogliono che paghiamo noi le spese del funerale.»

4

Kay Scarpetta entra nella sala riunioni e si siede in fondo al tavolo, dove non ha mai preso posto nei tanti anni in cui ha lavorato lì, nemmeno per scambiare due chiacchiere con un collega durante la pausa pranzo.

Pensa che forse c’è qualcosa di sbagliato nello scegliere quella posizione, visto che ci sono altri due posti liberi al centro. Marino prende una sedia vicino al muro e le si va a sedere accanto, in maniera da non essere né contro la parete né in fondo al tavolo, ma in una posizione più centrale. È immusonito e non si toglie il berretto della polizia.

Le dice in un orecchio: «Il personale lo vede come il fumo negli occhi».

Kay non risponde e decide che probabilmente Marino lo ha saputo da Julie. Vede che scrive qualcosa su un blocco e lo gira perché lei lo legga. L’appunto dice: “Coinvolta FBI”.

Marino deve aver fatto qualche telefonata, mentre lei era con Marcus in biblioteca. È stupefatta. Perché l’FBI è coinvolta nella vicenda di Gilly Paulsson? Non è nemmeno ancora stata accertata la causa della morte… Ripassa il blocco a Marino e si accorge che Marcus li sta osservando. Per un attimo le pare di essere tornata ai tempi della scuola, quando le suore la sgridavano se chiacchierava con la compagna di banco. Marino tira fuori dal pacchetto una sigaretta e, sfacciatamente, comincia a batterla sul blocco.

«In questo edificio è vietato fumare» dice Marcus in tono autoritario.

«Giustamente» replica Marino. «Il fumo uccide.» Continua a tamburellare con il filtro della Marlboro sul blocco su cui ha scritto il messaggio per Kay. «Vedo con piacere che l’uomo senza pelle è ancora qui» aggiunge poi, indicando il modello anatomico dietro al dottor Marcus, che è seduto a capotavola. «Mi ha sempre fatto impressione» continua riferendosi al modello, i cui organi in plastica estraibili sono tutti al loro posto. Kay si chiede se Marcus lo utilizzi per insegnare agli studenti o per dare spiegazioni a familiari e procuratori, e alla fine decide che probabilmente il modello è lì per bellezza. Se Marcus lo usasse, probabilmente avrebbe perso qualche pezzo.

Kay Scarpetta non conosce nessuno dei presenti, a parte il vicedirettore dell’istituto, Jack Fielding, il quale evita deliberatamente il suo sguardo. Nota che ha un disturbo della pelle che non aveva, quando lavorava con lei. Stenta a credere che nel giro di cinque anni il suo collega, un tempo superpalestrato, si sia ridotto così. Non era molto bravo sul fronte amministrativo, ricorda, né particolarmente preparato dal punto di vista professionale, ma era affidabile, rispettoso e attento. Nei dieci anni in cui ha lavorato per lei, non ha mai cercato di farle le scarpe o di metterla in cattiva luce ma, quando i suoi detrattori hanno cominciato a farle la guerra, non ha mosso un dito per difenderla. Poi osserva che ha perso molti capelli e si è imbruttito. Ha la faccia gonfia e arrossata, gli occhi lucidi, e tira continuamente su con il naso. Kay non crede che si droghi — anzi, ne è sicura — ma è pronta a scommettere che si sia messo a bere.

«Ti è venuta qualche allergia, Jack?» gli domanda. «Un tempo non ne soffrivi, mi pare. O sei raffreddato?» In realtà dubita che Fielding abbia il raffreddore, l’influenza o qualche altra malattia contagiosa.

Probabilmente ha bevuto troppo ieri sera. O forse è allergico a qualcosa. Ha uno sfogo rossastro sul collo, fino alla scollatura a V del camice. Gli guarda le mani e nota che la pelle è ruvida e irritata. La sua massa muscolare è diminuita visibilmente: adesso Fielding è inagrissimo e chiaramente sofferente. Kay Scarpetta è convinta che le dipendenze rendano più vulnerabili ad allergie e dermatiti. Fielding non sta bene. E forse è meglio così, perché se fosse al massimo della forma, sarebbe costretta a concludere che la Virginia e l’umanità intera stiano molto meglio senza di lei. Da un certo punto di vista è sollevata nel vedere che Fielding è in condizioni peggiori di una volta. Si vergogna di questo pensiero e lo scaccia dalla mente, preoccupata e angosciata. Cerca di incrociare il suo sguardo, ma lui continua a evitarla.

«Prima che riparta, spero che troviamo un momento per parlare» gli dice dal fondo del tavolo, come se nella stanza ci fossero solo loro due. Un tempo era così, quando lei dirigeva l’Istituto di medicina legale della Virginia ed era talmente rispettata e autorevole che a volte gli studenti più ingenui e i poliziotti più giovani, incontrandola nei corridoi, le chiedevano addirittura un autografo.

Si sente addosso lo sguardo di Marcus. Non la sorprende che non si sia messo il camice: è evidente che fa parte di quella categoria di anatomopatologi che non amano il proprio lavoro e appena possono lasciano ad altri le autopsie.

«Vogliamo cominciare?» dice Marcus. «Purtroppo stamattina abbiamo molti casi da esaminare. Come vedete, abbiamo ospiti. La dottoressa Scarpetta e il capitano Marino… O è tenente? O ispettore… Lavora a Los Angeles, adesso?»

«Anche» risponde Marino sempre con il berretto calcato sulla fronte e la sigaretta spenta in mano.

«E in quale veste si trova qui?» Marcus gli sta facendo notare che non ha dato spiegazioni. «Mi scusi, ma non ricordavo che la dottoressa Scarpetta mi avesse annunciato la sua presenza.» Insiste, e per di più davanti a terzi.

Kay capisce che vuole metterla in cattiva luce, vuole fargliela pagare per le provocazioni in biblioteca. Ripensando alle telefonate che Marino ha fatto, le viene il sospetto che Marcus sia venuto a saperlo.

«Peccato» risponde Marino. «Ma le avrà detto che lavoriamo insieme, immagino.»

«Certo che gliel’ho detto» interviene Kay Scarpetta dal lato opposto del tavolo.

«Comunque sia, adesso passeremo in rassegna i casi di oggi» dice Marcus, rivolto a lei. «Se voi due volete andare a prendervi un caffè o a fumarvi una sigaretta — purché fuori dall’edificio — fate pure. Non sentitevi in obbligo di restare. Voglio dire, se volete rimanere, naturalmente siete i benvenuti, ma se preferite andare…»

Lo dice a beneficio del suo staff, che non è al corrente del colloquio avvenuto in biblioteca, e con un tono che a Kay sembra vagamente minaccioso. Vuole farle fare la figura dell’invadente. È un politico, e nemmeno tanto in gamba. Forse è finito a dirigere l’Istituto di medicina legale perché qualcuno lo riteneva malleabile e innocuo, il contrario di quel che lei è sempre stata. Ma Marcus non è né malleabile né innocuo.

Il nuovo direttore si volta verso la donna alla sua destra, grande e grossa, con la faccia da cavallo e i capelli grigi e cortissimi. Dev’essere l’amministratrice dell’istituto. Marcus le fa segno di cominciare.