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Tutti scoppiarono a ridere nella sala Roosevelt. In retrospettiva, la messa alle corde del senatore da parte della Tench poteva apparire crudele e pesante, eppure gli spettatori non lo notavano: era tale l'arroganza di quell'uomo che sembrava aver ricevuto proprio ciò che si meritava.

Il presidente si guardò intorno in cerca della Tench. Non la vedeva da prima della conferenza stampa, e non era lì neppure in quel momento. "Strano" pensò. "Questa è anche la sua festa."

Il telegiornale continuava sottolineando per l'ennesima volta il balzo in avanti della Casa Bianca e il disastroso scivolone del senatore Sexton.

"Come possono cambiare le cose in un solo giorno" pensava il presidente. "In politica, poi, il mondo cambia in un attimo."

Prima dell'alba avrebbe avuto la conferma di quanto ciò fosse vero.

85

"Pickering potrebbe rappresentare un problema" aveva detto la Tench.

Il direttore Ekstrom era troppo preoccupato da quella notizia per accorgersi della bufera che imperversava con crescente violenza fuori dall'habisfera. I cavi, in tensione, vibravano rumorosamente e il personale della NASA si muoveva avanti e indietro nervosamente e chiacchierava anziché andare a dormire. I pensieri di Ekstrom erano in balia di una bufera più forte, una tempesta esplosiva che si stava preparando a Washington. Nelle ultime ore si erano presentati molti problemi, che lui aveva regolarmente affrontato e risolto, ma uno in particolare si profilava più minaccioso di tutti gli altri messi insieme.

"Pickering potrebbe rappresentare un problema."

Non c'era nessuno sulla terra con il quale avesse meno desiderio di scontrarsi che con William Pickering, che assillava Ekstrom e la NASA da anni, cercando di controllare le procedure sulla segretezza, facendo azione di lobbying per definire le priorità delle diverse missioni e stigmatizzando l'agenzia per i troppi insuccessi.

Ekstrom sapeva bene che la sua avversione per la NASA aveva ragioni ben più profonde della recente perdita del satellite SIGINT dell'NRO, costato miliardi di dollari, esploso sulla rampa di lancio della NASA, o della fuga di notizie riservate, o della battaglia per l'assunzione di personale specializzato. Pickering non faceva che sfogare sulla NASA delusione e risentimento.

L'aereo spaziale X-33, che avrebbe dovuto sostituire lo shuttle, era in ritardo di cinque anni, il che significava la cancellazione o il rinvio di decine di programmi per la manutenzione e il lancio dei satelliti dell'NRO. Negli ultimi tempi, la frustrazione di Pickering per gli X-33 era arrivata al culmine quando aveva scoperto che la NASA aveva annullato il progetto, bruciando un investimento stimato in novecento milioni di dollari.

Ekstrom si diresse verso il suo ufficio, tirò la tenda ed entrò. Sedette alla scrivania e si strinse la testa tra le mani. Doveva prendere alcune decisioni. Quello che era iniziato come un giorno meraviglioso stava diventando un incubo. Cercò di mettersi nei panni di William Pickering. Che avrebbe fatto, a quel punto? Un uomo della sua intelligenza si era certo reso conto dell'importanza di quella scoperta, e avrebbe compreso scelte compiute per disperazione. Non gli sarebbe sfuggito che inquinare quel momento di trionfo avrebbe causato danni irreparabili.

Che cos'avrebbe fatto Pickering con le informazioni di cui disponeva? Avrebbe lasciato perdere, oppure avrebbe fatto pagare alla NASA i suoi errori?

Ekstrom si aggrondò, certo della risposta.

Dopotutto, William Pickering aveva profondi motivi di rancore verso l'agenzia spaziale… un'amarezza personale che andava ben oltre la politica.

86

Rachel, tranquilla, fissava distrattamente la cabina del G4 diretto a sud, lungo la costa canadese del golfo di San Lorenzo. Tolland, seduto vicino a lei, chiacchierava con Corky. Malgrado i tanti elementi a favore dell'autenticità del meteorite, l'ammissione dell'astrofisico che il contenuto di nichel "eccedeva i valori medi prestabiliti" aveva riacceso i sospetti iniziali di Rachel. Sistemare in segreto un meteorite sotto il ghiaccio avrebbe avuto senso soltanto se fosse rientrato in un piano fraudolento architettato con cura. Peraltro, le altre prove scientifiche accreditavano la roccia come meteorite.

Rachel abbassò gli occhi sul campione che aveva tra le mani. I condri brillavano sulla superficie del disco. Tolland e Corky parlavano di quei condri metallici da un bel po', con termini scientifici del tutto nuovi per Racheclass="underline" livelli equilibrati di olivina, matrici vetrose metastabili, riomogeneizzazione metamorfica. Tuttavia, il succo era chiaro: Corky e Tolland concordavano sull'origine meteoritica dei condri. Nessun dubbio in proposito.

Rachel ruotò il campione e fece correre un dito lungo il bordo del disco, dove era visibile parte della crosta di fusione. La carbonizzazione pareva relativamente fresca — certamente non vecchia di trecento anni — ma Corky aveva spiegato che il meteorite era rimasto ermeticamente sigillato nel ghiaccio e quindi non aveva subito l'erosione degli agenti atmosferici. Sembrava logico. Rachel aveva visto un programma televisivo sul recupero di resti umani rimasti sepolti nel ghiaccio per quattromila anni: la pelle era quasi intatta.

Mentre studiava la crosta di fusione, le venne in mente che mancava un dato ovvio: forse una svista o una dimenticanza quando le avevano esposto i dati.

Si rivolse a Corky. «Qualcuno ha datato la crosta di fusione?»

Corky parve stupito. «Come?»

«Ho chiesto se qualcuno ha datato lo strato carbonizzato. Voglio dire, sappiamo per certo che la bruciatura è esattamente contemporanea alla meteora Jungersol?»

«Ma è impossibile datarla. L'ossidazione modifica tutti gli indicatori isotopici e, inoltre, i ritmi di decadimento degli isotopi radioattivi sono troppo lenti per misurare qualsiasi cosa che abbia meno di cinquecento anni.»

Rachel rifletté un momento, senza capire perché la data della crosta non rientrava nei dati. «Dunque, per quanto ne sappiamo, questa roccia può essersi carbonizzata nel Medioevo o lo scorso weekend, giusto?»

Tolland rise. «Nessuno sostiene che la scienza possegga tutte le risposte.»

Rachel rifletté ad alta voce. «In sostanza, la crosta di fusione non è altro che una bruciatura ad altissima temperatura. Tecnicamente parlando, quella presente sulla pietra potrebbe risalire a un momento qualsiasi degli ultimi cinquant'anni, ed essere avvenuta in mille modi diversi.»

«Sbagliato» affermò Corky. «Può essere bruciata soltanto durante la caduta attraverso l'atmosfera.»

«Nessun'altra possibilità? Una fornace, per esempio?»

«Una fornace? Questi esemplari sono stati esaminati al microscopio elettronico. Anche la fornace più pulita del mondo avrebbe lasciato residui di combustibile, nucleare, chimico o fossile. Neanche a parlarne. E poi, le striature provocate nel passaggio nell'atmosfera? Impossibile ottenerle in una fornace.»

Rachel aveva dimenticato le striature di orientamento sul meteorite. In effetti, pareva proprio che fosse precipitato attraverso l'atmosfera. «Un vulcano, forse» arrischiò. «Materiale eiettato con violenza durante un'eruzione?»

Corky scosse la testa. «La bruciatura è troppo pulita.»

Rachel guardò Tolland.

L'oceanografo annuì. «Mi dispiace, ma ho abbastanza esperienza di vulcani, sia sopra sia sotto l'acqua. Corky ha ragione. I prodotti piroclastici vengono penetrati da decine di tossine — diossido di carbonio, anidride solforosa, acido solfidrico, acido idrocloridrico — che si sarebbero evidenziate durante la scansione elettronica. La crosta di fusione, che ci piaccia o no, è il risultato di una bruciatura pulita, causata dall'attrito con l'atmosfera.»

Con un sospiro, Rachel tornò a guardare fuori dal finestrino. "Una bruciatura pulita." La frase continuò a girarle in testa. Si voltò verso Tolland. «Cosa intendi, quando parli di "bruciatura pulita"?»