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Il viso di Gabrielle era serio. «Sa chi sono?»

«Certo. Il suo capo da mesi non fa che attaccare il mio progetto. Come ha fatto a entrare?»

«Mi manda il senatore Sexton.»

Harper percorse con gli occhi il laboratorio. «Chi l'ha accompagnata qui?»

«Non sono affari suoi. Il senatore ha conoscenze importanti.»

«In questo palazzo?» Harper sembrava dubbioso.

«Lei è stato disonesto e Sexton ha istituito una commissione senatoriale per indagare sulle sue menzogne.»

Un'espressione di disgusto si dipinse sul viso di Harper. «Ma di che sta parlando?»

«Le persone intelligenti come lei non possono concedersi il lusso di far finta di non capire, dottor Harper. Lei è nei guai, e il senatore mi ha mandato per proporle un patto. La sua campagna elettorale ha subito un brutto colpo, stasera, e lui non ha più niente da perdere, per cui è pronto a trascinarla nel fango con sé, se necessario.»

«Ma di cosa diavolo parla?»

Gabrielle fece un profondo respiro prima di lanciarsi nella scena madre. «Nella conferenza stampa sul software del PODS per la rilevazione delle anomalie, lei ha mentito; lo sappiamo bene noi, come lo sanno molti altri. Ma non è questo il problema.» Non gli lasciò neppure il tempo di aprire bocca per negare. «Il senatore potrebbe renderlo noto subito, ma non gli interessa. Gli preme una questione più importante. Credo che lei sappia a cosa mi riferisco.»

«No, io…»

«La proposta del senatore è la seguente: terrà la bocca chiusa sulle panzane riguardo al software se gli rivela il nome del dirigente della NASA con cui è in combutta per l'appropriazione indebita di fondi.»

Per un attimo, Chris Harper sbarrò gli occhi. «Cosa? Ma io non mi sono appropriato di un bel niente!»

«Attenzione a quel che dice, signore. La commissione senatoriale raccoglie documentazione da mesi, ormai. Credevate davvero di poterla fare franca, voi due? Manipolare i dati sul PODS e dirottare fondi NASA su conti privati? Le menzogne e la malversazione possono farla finire in prigione, dottor Harper.»

«Io non ho fatto nulla del genere!»

«Sostiene di aver detto la verità sul PODS?»

Harper la fissò interdetto.

«Lasci perdere le bugie» continuò Gabrielle, liquidando la cosa con un gesto della mano. «Al senatore Sexton non interessano le balle raccontate durante la conferenza stampa. Ci siamo abituati. Voialtri avete trovato un meteorite, e a nessuno frega come ci siete riusciti. Ma la questione della malversazione è un altro paio di maniche. A lui occorre distruggere qualcuno di importante all'interno della NASA. Gli dica con chi è in società, e lui la lascerà fuori dall'indagine. Gli faciliti le cose e riveli chi è l'altro, oppure il senatore la metterà giù dura e comincerà a parlare del software per la ricerca delle anomalie e delle altre imposture.»

«Lei bluffa. Non c'è stata alcuna malversazione.»

«Lei è negato a mentire, dottor Harper. Ho visto le carte, e il suo nome compare più e più volte su documenti incriminanti.»

«Giuro che non so nulla di malversazioni!»

Gabrielle sospirò delusa. «Si metta nei miei panni, dottor Harper. A questo punto, posso trarre soltanto due conclusioni. O lei mi sta mentendo, come ha mentito nella conferenza stampa, oppure dice la verità, e qualcuno nell'agenzia cerca di coprire le proprie malefatte facendo di lei il capro espiatorio.»

Harper scosse la testa. «Tutte bugie.»

«È pronto a sostenerlo in tribunale?»

«Certo. Negherei tutto.»

«Sotto giuramento?» Gabrielle emise un suono disgustato. «Sarebbe pronto anche a giurare di aver detto la verità sul software del PODS?» Lo fissò dritto negli occhi con il batticuore. «Ci rifletta bene, dottor Harper. Le prigioni americane possono essere assai sgradevoli.»

Harper le rispose con un'occhiataccia e Gabrielle lo costrinse ad abbassare lo sguardo. Per un momento ebbe l'impressione di leggere in lui un moto di resa, ma quando Harper parlò, il tono era duro come l'acciaio.

«Signora Ashe, lei si arrampica sugli specchi. Sappiamo tutti e due che non c'è alcuna malversazione all'interno della NASA. Se qualcuno mente, in questa stanza, si tratta di lei.»

Gabrielle sentì i muscoli irrigidirsi. Lo sguardo dell'uomo era furibondo, tagliente. Lei sarebbe voluta fuggire al più presto. "Hai cercato di fregare uno scienziato spaziale. Che cavolo ti aspettavi?" Si costrinse a tenere la testa alta. «So soltanto una cosa» disse, fingendosi molto sicura di sé e indifferente alla posizione di Harper «e cioè che i documenti incriminanti che ho visto provano senza ombra di dubbio che lei e un'altra persona state distraendo fondi della NASA. Il senatore mi ha semplicemente chiesto di venire qui stasera per offrirle la possibilità di denunciare il suo socio invece di affrontare l'inchiesta da solo. Gli dirò che preferisce correre il rischio e presentarsi davanti al giudice. Potrà dire alla corte ciò che ha detto a me, che non si è appropriato di fondi della NASA e che non ha mentito sul software del PODS.» Girò sui tacchi e attraversò a passo veloce il laboratorio semibuio. Si chiese se sarebbe stata lei, anziché Harper, a vedere i muri interni di una prigione.

Si allontanò a testa alta, sperando di essere richiamata. Silenzio. Aprì la porta metallica e uscì in corridoio, augurandosi che a quel piano non fosse necessario il tesserino per accedere agli ascensori. Aveva perduto. Malgrado gli sforzi, Harper non aveva abboccato. "Forse ha detto la verità nella conferenza stampa."

Si udì un forte rumore, nel corridoio, quando la porta metallica venne spalancata. «Signora Ashe» gridò Harper. «Giuro che non so nulla di malversazioni! Sono una persona onesta!»

Gabrielle sentì il cuore mancare un colpo. Si costrinse a proseguire. Scrollò le spalle e, girando appena la testa verso l'uomo, disse: «Però ha mentito nella conferenza stampa».

Silenzio. Gabrielle procedette lungo il corridoio.

«Un momento!» Harper la raggiunse a grandi falcate, pallido in volto. «Questa storia della malversazione» disse abbassando la voce «penso di sapere chi mi ha incastrato.»

Gabrielle si fermò di botto, chiedendosi se avesse sentito bene. Si voltò adagio, ostentando un'indifferenza che non provava. «Vuol farmi credere che qualcuno l'ha incastrata?»

Harper sospirò. «Giuro di non sapere niente della sottrazione di fondi, ma se ci sono prove contro di me…»

«A bizzeffe.»

«Allora è tutto un raggiro per screditarmi. E c'è una sola persona che può aver fatto una cosa del genere.»

«Chi?»

Harper la guardò negli occhi. «Lawrence Ekstrom mi odia.»

Gabrielle era sbalordita. «Il direttore della NASA?»

Harper annuì con aria cupa. «È stato lui a costringermi a mentire durante quella conferenza stampa.»

88

A bordo dell'Aurora, anche con il sistema di propulsione a metano nebulizzato a mezzo regime, gli uomini della Delta Force volavano nella notte a una velocità tripla di quella del suono, oltre tremila chilometri l'ora. Il rumore ripetitivo dei motori a onda di detonazione imprimeva al viaggio un ritmo ipnotico. Trenta metri sotto di loro, l'oceano, risucchiato dal vuoto lasciato dall'Aurora, lanciava verso il cielo veli d'acqua paralleli alti quindici metri.

"Per questa ragione è stato ritirato il Blackbird SR-71" pensò Delta-Uno.

L'Aurora era uno di quegli aerei di cui nessuno avrebbe dovuto conoscere l'esistenza, peraltro nota a tutti. Perfino Discovery Channel aveva mandato in onda un servizio sul velivolo e sulle prove di collaudo avvenute a Groom Lake, nel Nevada. Impossibile sapere se l'indiscrezione fosse trapelata per via dei ripetuti "cielomoti" uditi fino a Los Angeles, o per l'increscioso avvistamento avvenuto da una piattaforma petrolifera nel mare del Nord, o per la gaffe dell'amministrazione che aveva lasciato una descrizione dell'Aurora in una copia del bilancio ufficiale del Pentagono. Ma non aveva importanza, tanto ormai era ampiamente risaputo che le forze armate statunitensi disponevano di un aereo capace di viaggiare a Mach 6: non era più soltanto un progetto sulla carta, ma solcava già i cieli.