Il SHINCOM 2100 a bordo della Goya era un sistema di comunicazione digitale con cui Rachel aveva una certa familiarità. Sapeva che la chiamata, se breve, non correva rischi di venire intercettata.
Digitò il numero privato di Pickering, appoggiò il ricevitore all'orecchio e attese. Si aspettava una risposta immediata e invece la linea continuò a squillare.
Sei, sette, otto volte Rachel guardò l'oceano nero, e l'impossibilità di raggiungere il direttore non fece che aumentare la sua inquietudine per il fatto di trovarsi in quel posto.
Nove, dieci squilli.
"Rispondi!"
Camminò nervosamente avanti e indietro, perplessa. Pickering portava sempre con sé il cellulare e, inoltre, le aveva espressamente raccomandato di chiamarlo subito.
Con crescente apprensione, rifece il numero.
Quattro squilli. Cinque.
"Ma dov'è?"
Infine, il clic del collegamento. Rachel avvertì un'ondata di sollievo, ma durò ben poco. Nessuno in linea, solo silenzio.
«Pronto, direttore?»
Tre clic in rapida successione.
«Pronto?»
Una scarica di elettricità statica le esplose nell'orecchio. Allontanò la cornetta dalla testa, assordata. Le scariche cessarono all'improvviso, poi udì una serie di rapidi toni oscillanti a distanza di mezzo secondo l'uno dall'altro. La sua perplessità cedette il passo alla consapevolezza, e poi alla paura.
«Merda!»
Si voltò verso il quadro comandi sul ponte, sbatté il ricevitore nell'alloggiamento e chiuse la comunicazione. Per parecchi secondi rimase immobile, terrorizzata, a chiedersi se fosse riuscita a interrompere la chiamata in tempo.
Al centro della nave, due ponti sotto di lei, l'idrolaboratorio della Goya era un ampio spazio di lavoro segmentato da lunghi banchi e postazioni stracolmi di apparecchiature elettroniche: strumenti per cartografare il fondale, analizzatori delle correnti, vasche, cappe per i vapori, un vano frigorifero per conservare i campioni, computer e una pila di raccoglitori per dati, e cassette di pezzi di ricambio per le manutenzioni.
La geologa marina della Goya, Xavia, era sdraiata davanti a un televisore a tutto volume. Non si voltò neppure quando Corky e Tolland entrarono.
«Siete rimasti a secco di birra?» gridò, evidentemente convinta che fossero rientrati alcuni membri dell'equipaggio.
«Xavia, sono Mike.»
La geologa si voltò di scatto, inghiottendo un pezzo del panino preconfezionato che stava mangiando. «Mike?» farfugliò, sbalordita di vederlo. Si alzò in piedi, abbassò il volume del televisore e si avvicinò, sempre masticando. «Credevo che qualcuno dei nostri avesse finito il giro dei bar. Che ci fai qui?» Ben piantata, scura di pelle, aveva una voce acuta e l'aria scorbutica. Indicò il televisore, che continuava a trasmettere brani del documentario di Tolland sul meteorite. «Non ti sei trattenuto a lungo sulla banchisa, eh?»
"È emerso qualcosa" si disse Tolland. «Xavia, sono certo che riconoscerai Corky Marlinson.»
Xavia annuì. «È un onore, signore.»
Corky fissava il panino che lei aveva in mano. «Ha un'aria appetitosa.»
Xavia gli rivolse un'occhiata stupita.
«Ho ricevuto il tuo messaggio» le disse Tolland. «Accennavi a un errore nella mia presentazione, e vorrei saperne di più.»
La geologa scoppiò in una risata stridula. «Sei tornato per questo? Oh, Mike, per l'amor del cielo, ti ho detto che non era importante. Volevo solo stuzzicarti. È chiaro che la NASA ti ha fornito dati vecchi, ma è irrilevante. Sul serio, solo tre o quattro geologi marini al mondo possono avere notato la svista!»
Tolland trattenne il respiro. «Questa svista… ha per caso a che fare con i condri?»
Sul viso di Xavia si dipinse un'espressione di assoluto sconcerto. «Dio mio! Uno di questi geologi ti ha già chiamato?»
Tolland si sentì crollare. "I condri." Volse lo sguardo su Corky, poi di nuovo sulla geologa. «Xavia, ho bisogno che tu mi dica tutto quello che sai di questi condri. Qual è stato il mio errore?»
Xavia si accorse che il collega era terribilmente serio. «Mike, niente di importante, davvero. Si tratta di un trafiletto che ho letto su una rivista specialistica, qualche tempo fa, ma mi pare eccessiva tutta questa preoccupazione da parte tua.»
Tolland sospirò. «Xavia, per quanto possa apparire strano, meno conosci di questa storia, meglio è. Ti chiedo solo di dirci quello che sai dei condri, e poi dovresti esaminare un campione di roccia per noi.»
Xavia appariva sconcertata e al tempo stesso turbata di essere tagliata fuori. «Bene, lascia che trovi l'articolo. È nel mio ufficio.» Posò il sandwich e si diresse alla porta.
«Posso finirlo?» le gridò dietro Corky.
Xavia si fermò, incredula. «Vuole finire il mio panino?»
«Be', pensavo che se lei…»
«Ma se ne prenda uno, che cavolo!» esclamò Xavia prima di uscire.
Tolland, con una risata, indicò il refrigeratore per i campioni dall'altra parte del laboratorio. «Ripiano inferiore, Corky. Tra la sambuca e i sacchi delle seppie.»
Fuori, sul ponte, Rachel scendeva la ripida scaletta per avvicinarsi all'elicottero. Il pilota della guardia costiera stava sonnecchiando ma sedette eretto quando lei bussò sul vetro dell'abitacolo.
«Già fatto? È stata rapida.»
Rachel scosse la testa, tesa. «Lei è in grado di azionare contemporaneamente il radar aereo e quello di superficie?»
«Certo. Per un raggio di quindici chilometri.»
«Li accenda, per favore.»
Perplesso, il pilota abbassò un paio di leve e lo schermo del radar si accese. La linea di scansione cominciò a ruotare pigramente.
«Vede qualcosa?» chiese Rachel.
Il pilota lasciò che l'indicatore compisse parecchie rotazioni complete, regolò alcuni comandi e osservò. Tutto libero. «Un paio di piccole navi nella zona periferica, che peraltro si stanno allontanando. Nient'altro. Miglia e miglia di mare aperto in tutte le direzioni.»
Rachel Sexton sospirò, malgrado non si sentisse particolarmente sollevata. «Mi faccia un favore. Se vede avvicinarsi qualcosa — barche, aerei, qualsiasi mezzo — mi avverta immediatamente.»
«Stia tranquilla. Tutto a posto?»
«Sì, solo vorrei sapere se abbiamo compagnia.»
Il pilota si strinse nelle spalle. «Tengo d'occhio il radar, signora. Al minimo segnale di ritorno, sarà la prima a essere informata.»
Rachel sentiva tutti i sensi allertati mentre si dirigeva verso l'idrolaboratorio. All'interno, trovò Corky e Tolland soli davanti allo schermo di un computer, intenti a sbocconcellare un panino.
Corky si rivolse a lei con la bocca piena. «Cosa preferisci? Pollo che sa di pesce, mortadella che sa di pesce o insalata che sa di pesce?»
Rachel quasi non udì la domanda. «Mike, ottenuta l'informazione che cerchi, dobbiamo allontanarci al più presto da questa nave.»
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Tolland, insieme a Corky e a Rachel, si aggirava nervoso per l'idrolaboratorio in attesa del ritorno di Xavia. La storia dei condri era sconfortante quanto la notizia del mancato contatto di Rachel con Pickering.
"Il direttore non ha risposto… E qualcuno ha cercato di catturare elettronicamente la posizione della Goya."
«Rilassatevi» disse Tolland agli altri. «Siamo al sicuro. Il pilota della guardia costiera controlla il radar e ci avvertirà immediatamente se qualcuno si dirige da questa parte.»
Rachel annuì, ma sentiva i nervi a fior di pelle.
«Mike, che diavolo è questo?» Corky stava indicando sul monitor di un computer Sparc una minacciosa immagine psichedelica che pulsava e ondeggiava come se fosse viva.
«Un correntometro acustico a effetto Doppler» rispose Tolland. «Questa è una sezione trasversale delle correnti e dei gradienti termici del mare sotto la nave.»
Rachel lo fissò con attenzione. «È lì sopra che siamo ancorati?»
Tolland doveva ammettere che l'immagine incuteva paura. In superficie, l'acqua turbinante appariva verdeazzurra, però a mano a mano che si scendeva, con l'aumentare della temperatura, il colore cambiava gradualmente fino a diventare un minaccioso rosso arancio. Vicino al fondo, infuriava un vortice ciclonico rosso sangue.
«Quello è il megapennacchio» spiegò Tolland.
«Pare un tornado sottomarino» bofonchiò Corky.
«Il principio è il medesimo. Gli oceani sono in genere più freddi e più densi vicino al fondo, ma qui la dinamica è l'opposto. L'acqua profonda è più calda e leggera, e quindi sale verso la superficie. Contemporaneamente, l'acqua in superficie è più pesante, quindi scende in un'ampia spirale per colmare il vuoto. Queste correnti di deflusso sono frequenti nei mari. Enormi gorghi.»
«Cos'è la grossa protuberanza?» Corky indicò la piatta distesa del fondale oceanico su cui si ergeva una montagnola a forma di cupola, proprio alla base del vortice.
«È la cupola di lava. Il punto in cui la lava preme sotto il fondale oceanico.»
Corky annuì. «Come un enorme foruncolo.»
«Per così dire.»
«E se esplode?»
Tolland aggrottò la fronte nel ricordare il famoso megapennacchio del 1986 al largo della dorsale di Juan de Fuca, nell'oceano Pacifico, quando migliaia di tonnellate di magma a una temperatura di milleduecento gradi centigradi si erano riversate in mare accrescendo quasi istantaneamente l'intensità del pennacchio. Le correnti superficiali si erano intensificate quando il vortice si era espanso rapidamente verso l'alto. Ciò che era accaduto dopo Tolland preferiva risparmiarlo a Rachel e Corky, quella sera.
«Le cupole di lava atlantiche non esplodono» affermò. «L'acqua fredda che circola sopra il tumulo non fa che raffreddare e consolidare la crosta superficiale, mantenendo il magma sotto uno spesso strato di roccia. La lava sottostante finisce per raffreddarsi e la spirale si dissolve. I megapennacchi non sono pericolosi, in genere.»
Corky indicò una rivista stropicciata accanto al computer. «Dunque sostieni che "Scientific American" pubblica fantascienza?»
Tolland fece una smorfia nel vedere la copertina. Evidentemente qualcuno aveva tirato fuori dall'archivio dei giornali scientifici della Goya quel numero del febbraio 1999. In copertina, il disegno di fantasia di una superpetroliera travolta da un gigantesco vortice. Il titolo recitava: I MEGAPENNACCHI, GIGANTESCHI ASSASSINI DEGLI ABISSI?
Tolland lo liquidò con una risata. «Assolutamente irrilevante. L'articolo parla di megapennacchi in zone sismiche. Alcuni anni fa andava per la maggiore l'ipotesi del Triangolo delle Bermuda per spiegare la sparizione di alcune navi. Tecnicamente parlando, se sul fondo dell'oceano si verifica un evento geologico cataclismatico, del tutto sconosciuto in questa zona, la cupola si spacca e il vortice può crescere abbastanza da… be', avete capito…»
«No, non abbiamo capito» dichiarò Corky.
Tolland si strinse nelle spalle. «… Affiorare in superficie.»
«Splendido. Sono felice che tu ci abbia portato qui.»
Entrò Xavia con alcuni fogli. «State ammirando il megapennacchio?»
«Sì, certo» rispose Corky con ironia. «Mike ci ha appena raccontato che se quella piccola montagnola si spacca, finiamo tutti dentro un gigantesco scarico.»
«Scarico?» Xavia rise con freddezza. «Più che altro sarebbe come finire nello sciacquone del più grande gabinetto del mondo.»