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«Il colonnello Eriksson dice che è stata un’azione deliberata», ricordò il Primo Ministro al Comitato.

«Il colonnello Eriksson ha probabilmente ragione», annuì il rettore, soggiungendo: «Benché tutto mi sembri un po’ pazzesco».

«Sì, ma il fatto di affermare che è stata un’azione deliberata non risolve nulla», continuò Kurt Waldheim. «Com’è stato prodotto il fenomeno, ammesso che fosse deliberato? questo che continuo a chiedermi.»

«La cometa», brontolò il rettore. «E’ sempre la cometa, no? L’ho saputo dal momento in cui l’ho vista risplendere nel cielo, più luminosa di Venere. Sapevo che cosa ci sarebbe toccato.»

«Che cosa, rettore?» chiese il Primo Ministro.

«Sorprese. Guai.»

«Avrei creduto piuttosto che saremmo stati nei guai senza questi fenomeni», ribatté il Primo Ministro. «Che cosa trova tanto difficile da capire, dottor Waldheim?»

«La precisione della mira, della direzione imposta alla scarica, naturalmente. Queste cose soggiacciono a varie leggi inderogabili — ciò che in fisica chiamiamo il controllo delle fasi. Il controllo da lunga distanza richiede attrezzature molto grandi. In questo caso abbiamo avuto un’azione di controllo all’interno dell’aereo a una distanza di circa un metro. Per influenzare di proposito un’azione da una distanza come quella alla quale si trova la cometa di Halley, e colpire l’obiettivo con la precisione di un solo metro, sarebbe necessaria un’attrezzatura con le dimensioni almeno dell’intera cometa. Significherebbe che l’intera superficie della cometa era stata coinvolta per generare una qualche specie di radiazione mirata.»

«In parole povere, un raggio della morte», disse sottovoce il rettore. «Ma come può esserne tanto sicuro? Ci possono essere cose che lei non conosce affatto, le pare, dottor Waldheim?»

«Sì, ma le cose delle quali non so nulla non possono essere in contraddizione con ciò che so già essere vero. Altrimenti, il mondo stesso si troverebbe in una condizione di continua autocontraddizione.»

«E’ assolutamente certo della validità di quanto ha affermato?» intervenne il Cancelliere.

«Pur essendo una persona cauta, direi di sì. Le leggi in questo caso sono di natura assolutamente fondamentale. Posso credere nei miracoli di una tecnica della quale non so assolutamente nulla, ma non posso credere che le leggi fondamentali possano essere cambiate. Sono già perplesso se chiamo in causa l’intera superficie della cometa, anche se colloco questa specie di raggio della morte nella lontana estremità dei raggi ultravioletti. Così, vede, le leggi fondamentali mi portano a una strana conclusione, una conclusione che mi mette a disagio.»

A questo punto, quando l’attenzione di tutti era tesa al massimo, arrivò il maggiordomo del College con il caffè del mattino. Era un uomo alto, snello, coi capelli grigi, e di modi così austeri che il Primo Ministro non riuscì a impedirgli di dominare, seppure per poco, la scena, mentre serviva il caffè intorno al tavolo con un repertorio all’apparenza inesauribile di gesti da «haut monde». Sir Harry Julian, ormai perfettamente sveglio, osservava la liturgia del caffè e tutto ciò che lo circondava, persino i guanti che, il Cancelliere lo sapeva, avevano un significato più che simbolico, visto che il maggiordomo maneggiava la gigantesca caffettiera con la massima confidenza. Quei guanti, rifletté il Cancelliere, dovevano essere stati confezionati, probabilmente in seguito a un’ordinazione speciale del rettore, con un materiale particolarmente resistente al calore. Poi si mise a osservare Sir Harry che si stava aggiustando il pince-nez per seguire, come si dice, lo sviluppo della situazione, evidentemente proponendosi di introdurre tale servizio negli uffici del Tesoro al posto della solita dispensatrice di caffè mattutino preceduta dal suo volgare carrello. «Ma non la spunterà mai», disse il Cancelliere a se stesso con un po’ di rammarico.

Quando il maggiordomo si fu ritirato, il Primo Ministro disse subito: «Lei stava per fare un’osservazione molto profonda, dottor Waldheim».

«Spero che sia un’osservazione dettata dal buon senso», annuì Waldheim, passandosi di nuovo la mano nei capelli. «Un’azione effettuata di proposito non è necessario che venga direttamente dalla cometa. Ecco che cosa pensavo.»

«Non riesco a seguire il suo ragionamento, Waldheim. Potrebbe essere più chiaro?» chiese il rettore.

«E’ meglio che faccia un esempio. Le società televisive non trasmettono necessariamente i loro programmi direttamente dalla stazione trasmittente allo spettatore. Li trasmettono spesso a una stazione amplificatrice locale, ed è da questa che gli spettatori ricevono i programmi.»

«Com’è possibile che sull’aereo ci fosse un amplificatore?» chiese il Cancelliere.

«Sarebbe stato naturalmente necessario creare un amplificatore. Ma la precisione necessaria per appostare nell’aereo un qualche agente capace di azioni deliberate sarebbe stata di… quanto? Dieci, venti metri, forse. Non sarebbe stato difficile come arrivare alla precisione di un metro. Oppure, l’agente capace di azioni deliberate poteva essere stato appostato persino all’esterno dell’aereo, purché si spostasse nell’aria alla stessa velocità. Naturalmente sarebbe poi dovuto entrare in qualche maniera nell’aereo.»

Siccome sapeva di essere propensa a chiacchierare, Frances Margaret si era imposta di farsi vedere, ma non sentire, durante le riunioni del Comitato Halley. Questa volta, tuttavia, non riuscì a trattenersi, ed esplose: «L’apparizione, naturalmente. L’apparizione nel cottage!»

Dopo di che fu necessario raccontare ciò che era accaduto il giorno della tempesta sulla costa del Norfolk e quali deduzioni se ne potevano trarre. Frances Haroldsen pose termine al suo intervento, dicendo: «Fino a questo momento non avevamo la minima idea di che cosa potesse essersi trattato».

«Dio buono, finalmente si comincia a intravedere un barlume!» esclamò il rettore.

«Sembra tutto molto strano», annuì Kurt Waldheim, «ma se dobbiamo comprendere i fatti, dev’essere stato così. Altrimenti ci troveremmo alle prese con varie contraddizioni.»

«Che non le piacciono?» brontolò il rettore.

«Che sono impossibili», ribatté Kurt Waldheim in tono deciso.

«A questo punto, il Comitato deve affrontare una domanda di suprema importanza che sinora non ci eravamo posti», disse il Primo Ministro, riprendendo il controllo della riunione.

«Che sarebbe?» chiese il rettore.

«Va bene quello che stiamo facendo? Stiamo procedendo nella direzione giusta? O stiamo facendo troppo poco? Dovremmo fare di più? Possiamo fare di più? Sir Harry, se dicessi che dobbiamo raddoppiare il programma o triplicarlo o quadruplicarlo, quando mi direbbe di fermarmi? Per ragioni economiche, voglio dire», continuò il Primo Ministro con enfasi.

Sir Harry Julian si sollevò con un certo sforzo per alcuni centimetri dalla sua poltrona speciale per ricadere subito a sedere con un tonfo. Poi si aggiustò il pince-nez e, dopo aver rivolto un’occhiata severa a tutti i presenti, disse: «Il sistema migliore per rispondere alla sua domanda, Primo Ministro, sarebbe quello di persuadere il Cancelliere a spiegare al Comitato che cosa sono quelli che noi del Tesoro chiamiamo i seminari per la polvere negli occhi».

«Seminari per la polvere negli occhi?»

«I nostri seminari per la polvere negli occhi, Primo Ministro», cominciò il Cancelliere Godfrey Wendover con un sorriso, «riguardano discussioni per così dire ’in famiglia’, e che preferiremmo restassero in famiglia.»