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«Questo lo posso capire, Godfrey, ma perché ’polvere negli occhi’?»

«Perché i seminari sono basati sull’idea che tutte le abituali teorie economiche sono tanta polvere negli occhi», rispose il Cancelliere, sempre con il sorriso sulla bocca.

«Allora sarebbe più giusto chiamarli seminari per il buon senso», brontolò il rettore piuttosto depresso, domandandosi se il nubifragio che stava ancora imperversando volesse portarsi via le fondamenta del College. In tal caso, la fontana al centro della Great Square diventerebbe superflua, rifletté.

«Sì, beh, ci sono due maniere in cui si può concepire l’economia, rettore. Lei può partire dalla situazione in atto e tentare di decidere quale perfezionamento potrebbe migliorarla o impedire che peggiori un tantino. Questa microeconomia, come si potrebbe chiamarla, è la maniera in cui procediamo sempre ufficialmente: un colpetto all’economia di qua perché migliori nella misura dell’uno per cento, un colpetto di là per impedire che peggiori nella misura dell’uno per cento. Più o meno è così.»

«Ma», continuò il Cancelliere, «esiste un altro metodo. Un metodo selvaggio. Lei può ignorare completamente la situazione in atto, non tenerne conto, e provare a pianificare un sistema economico completamente diverso, un sistema economico che secondo le sue speranze sarebbe molto migliore di quello attuale»

«Utopia», brontolò il rettore, tutt’altro che impressionato, domandandosi se le fondamenta dei College in riva al fiume, specialmente il Queen e il Saint John, avrebbero effettivamente resistito.

«Mi sembra una risposta piuttosto lunga per una domanda così breve», osservò il Primo Ministro.

«Per continuare nella risposta, Primo Ministro», proseguì il Cancelliere, imperturbabile, «tutto sta a dimostrare che la gente in cerca dell’utopia non la trova mai.»

«Perché allora prendersela tanto?»

«Non ce la prendiamo affatto. Abbiamo, invece, tentato di affrontare il problema in maniera più modesta, cioè di capire i principi di larga massima capaci di assicurare un sistema economico coronato dal successo.»

«E quali sono?»

«Sì, quali sono?» gli fece eco il rettore.

«Ovviamente bisogna coltivare e produrre tutte le cose necessarie alla vita.»

«Ovviamente», ripeté il Primo Ministro, in tono caustico.

«La sorpresa consiste nel fatto che il numero delle persone che lavorano in questa categoria essenziale è in realtà molto piccolo. Se lei prova a separare le cose che sono veramente necessarie da quelle che pretendiamo essere necessarie, lei troverà che solo un terzo della manodopera è impegnato. Che cosa succede con gli altri due terzi?» chiese il Cancelliere con un tono un tantino retorico.

«Se ne stanno seduti a parlare come stiamo facendo noi, e vengono pagati meglio della gente che produce o coltiva generi di prima necessità», rispose il rettore.

«O cucinano i pasti nei ristoranti quando la gente potrebbe cucinarseli in casa», annuì il Cancelliere.

«Oppure mettono in piedi un’industria per la fabbricazione di personal computer», intervenne Sir Harry Julian con il cipiglio più severo di cui fu capace.

Rivolgendo uno sguardo corrucciato a tutti i presenti e sistemando meglio il pince-nez, Sir Harry Julian continuò: «Una grande industria per la fabbricazione di computer, con azioni molto quotate in borsa. Per ottenere che cosa? Per i videogiochi. Per giocare con le illusioni».

«E questa le sembra una riflessione molto profonda, Sir Harry?» chiese il Primo Ministro, evidentemente in preda a qualche dubbio.

«Non faccio una riflessione profonda, Primo Ministro, quando affermo che buona parte di ciò che chiamiamo economia è basata su illusioni. Illusioni sulle cose che crediamo importanti», replicò Sir Harry Julian, ripetendo il giochetto di alzarsi per qualche centimetro dalla poltrona e lasciarvisi poi ricadere di colpo. «Il ragionamento diventa profondo», continuò, togliendosi il pince-nez e tormentando la cordicella nera che lo reggeva, «il ragionamento diventa profondo quando uno si rende conto che le illusioni non sono aspirazioni futili, ma vere e proprie «necessità», che sono le illusioni coronate da successo quelle che creano un’economia fiorente.»

«Ho già sentito cose più assurde di queste», commentò il rettore.

«A me sembra un po’ un ragionamento keynesiano. Sarebbe come scavare pozzi e poi riempirli di nuovo. Queste teorie non sono piuttosto disapprovate di questi tempi, Sir Harry?» fu il commento del Primo Ministro.

«Quella di scavare pozzi e poi riempirli di nuovo è stata sempre una cattiva idea, Primo Ministro», rispose Sir Harry, continuando a giocherellare con i suoi occhialetti. «E’ stata una cattiva idea non perché era un’illusione, ma perché si trattava di un’illusione che sicuramente non sarebbe stata coronata da alcun successo.»

«Come si può avere un’illusione coronata da successo, Sir Harry?»

«Un’illusione coronata da successo è un’illusione che continua a sussistere, Primo Ministro. Quella di scavare e riempire pozzi non è un’operazione che può continuare. La gente la troverebbe ben presto ridicola. Il fatto «è»», sottolineò Sir Harry con una smorfia, «il fatto «è» che l’economia fiorisce quando un’illusione ci entusiasma, mentre l’economia ristagna quando abbandoniamo un’illusione. Tutto scorre, niente sta fermo, saggia massima, davvero», affermò Sir Harry, volgendo il consueto sguardo corrucciato tutt’attorno per tornare poi a rannicchiarsi sulla poltrona.

«Allora dovrei arrivare alla conclusione che abbiamo bisogno di un’illusione sostenibile a tempo indeterminato per godere una prosperità duratura?»

«Esattamente, Primo Ministro», convenne Sir Harry. Mentre prima sembrava occupare una posizione molto più elevata degli altri al tavolo, ora il funzionario appariva più basso. «Un’illusione che continui a lungo, come la costruzione dei telescopi che avete in mente. L’illusione è interessante, molto interessante», soggiunse, sprofondando ancor di più nella poltrona e fissando il soffitto. «Darà lavoro a ogni sorta di gente. Lavoratori dell’edilizia, dell’acciaio e dei metalli, dell’elettronica, il personale necessario per farli funzionare e per curarne la manutenzione, segretarie, un piccolo ristorante nei pressi di ogni telescopio, posti disponibili persino per la burocrazia governativa. Non posso menzionarne più che tanti. E quel che è più importante ancora: sembra un’illusione che persisterà. Perciò vi dico», Sir Harry si raddrizzò improvvisamente guardando di nuovo tutti con fiero cipiglio, «che, tenuto conto delle limitazioni e degli sprechi naturali, noi dovremmo estendere le nostre attività senza un limite ben definito. Datemi un punto d’appoggio e vi solleverò il mondo.»

Isaac Newton si unì agli altri del Comitato Halley per consumare una colazione di lavoro, come la volle chiamare il rettore, una colazione di quattro portate e altrettanti vini diversi. Quasi inevitabilmente, perciò, l’orologio sulla torre di Edoardo Terzo segnava le due e mezzo quando il Comitato si riunì di nuovo per la sessione pomeridiana. Il Primo Ministro era deciso a procedere a tutta velocità per potersi trovare al Parlamento all’inizio della serata.

La seduta era appena cominciata quando il Primo Ministro venne chiamato al telefono. Il rettore, che aveva a fianco il Cancelliere, era affacciato alla finestra e contemplava la Great Square trasformata in un lago fangoso e illuminata da un improvviso sole primaverile, che aveva fatto seguito alla tempesta.

Il Primo Ministro ritornò. Era così pallido e aveva un aspetto tanto disfatto da far esclamare a Godfrey Wendover: «Qualcosa non va, Primo Ministro?»

Il Primo Ministro fece tre o quattro passi strascicando i piedi per dire poi con un’espressione sconvolta sul viso: «Sì, Godfrey, qualcosa non va, ed è molto grave. I russi hanno lanciato un attacco a sorpresa».