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«Secondo me, i vantaggi o no della nostra posizione dipendono da una continuazione dell’alleanza. Esiste il pericolo che si sfasci? Che veniamo piantati in asso?» chiese Alan Cross del «Times».

«Alcuni di voi hanno tenuto attentamente d’occhio il Progetto Halley sin dal suo inizio», cominciò a rispondere Isaac Newton volgendo lo sguardo verso il direttore di «Nature», «e penso che sarete d’accordo con me quando dirò che le intenzioni erano all’inizio ben diverse. Siamo rimasti coinvolti sempre di più senza aspettarcelo, questo lo ammetto. Ma ora è chiaro che il potenziale della Terra come centro di una rete di informazioni del sistema solare è quasi illimitato. Ciò che ci impedisce ovviamente di realizzare questo potenziale…»

«… è il confronto tra le superpotenze. I recenti avvenimenti non diventano forse in buona parte comprensibili alla luce di quest’affermazione?» concluse il Primo Ministro.

«Sono ancora Pritchard del «Guardian». Sembra che l’attacco contro le città americane non sia stato assolutamente innocuo. Abbiamo ricevuto una segnalazione dal nostro corrispondente di New York. Secondo lui, nel momento esatto dell’attacco, chiunque si trovasse nei pressi della superficie fu colpito da uno strano miasma. Ha da dire qualcosa in proposito, professor Newton?»

«Beh, so che nelle esercitazioni militari le persone ritenute colpite devono ritirarsi dall’azione. Immagino che questo suo miasma, signor Pritchard, abbia avuto questo effetto. Ha un’idea sotto quale forma si è manifestato?» fece Isaac Newton.

«Il nostro corrispondente dice di aver provato un intenso desiderio di entrare in ibernazione per l’inverno come un orso. Personalmente trovo un po’ difficile crederlo. Quello è un tipo tosto.»

«Capisco, uno di quelli che non finiscono subito sotto il tavolo», fece il Primo Ministro con un sorriso, intuendo che era arrivato il momento buono per porre fine alla riunione. «Se i signori vorranno venire di sopra, vedremo se i «nostri» rinfreschi possono trasformarvi tutti per miracolo in tanti orsi ibernati come Circe nell’«Odissea».»

Mentre salivano al piano di sopra, il Primo Ministro bisbigliò all’orecchio di Isaac Newton: «Pensavo già di mandare a chiamare Harry Julian e il suo greco. Ma è andata bene. In queste cose, l’istinto mi dice molto».

Dieci minuti più tardi, mentre un nugolo di camerieri serviva rinfreschi, Isaac Newton venne circondato da vari giornalisti che gli rivolsero tutti la stessa domanda:

«E ora, che cosa succede, professore?»

Notando che il Primo Ministro era improvvisamente scomparso, Isaac Newton decise di abbandonare ogni cautela.

«L’ovvio passo successivo è quello di assicurarsi l’appoggio delle nazioni europee.»

Quando Isaac Newton ebbe esposto per altri dieci minuti, facendo del suo meglio, la sua teoria, il Primo Ministro ritornò sventolando qualcosa che sembrava un telegramma. La confusione delle voci cessò. Seguì un silenzio nel quale, pensò Isaac Newton, si sarebbe potuto sentire un topolino rosicchiare una crosta di formaggio.

«Sentite qua», esclamò il Primo Ministro. «E’ un telegramma del Presidente francese. Dice: ’Garantiamo pieno appoggio’.»

Dopo un’altra distribuzione di bevande, i giornalisti scesero rumorosamente la scala e uscirono in Downing Street.

Mentre passava accanto ad Isaac Newton, Alan Bristow chiese: «Quale appoggio, esattamente, garantisce la Francia?»

«Non ne ho la minima idea», rispose Isaac Newton. Poi, quando gli altri se ne furono andati, chiese al Primo Ministro: «Quale appoggio, esattamente, garantiscono i francesi?»

«Non ne ho la minima idea», rispose il Primo Ministro, «ma i francesi sono maestri nel mandare messaggi di incoraggiamento come questo, non pensa?»

65

La conferenza stampa svoltasi il giorno precedente al numero 10 di Downing Street non provocò nella stampa del mattino una reazione così positiva come Isaac Newton sperava o si aspettava. I giornali mettevano troppo in dubbio, per i suoi gusti, la saggezza di aver stabilito un contatto con la cometa di Halley, facendo trasparire un’eccessiva paura dei fenomeni sconosciuti. Frances Margaret arrivò da Cambridge, e nel tardo pomeriggio lei e Isaac Newton raggiunsero il Parlamento sapendo che l’imminente voto di fiducia avrebbe deciso il futuro. Dopo aver spiegato a un agente di polizia al cancello ciò che volevano, furono fatti entrare nella sala d’ingresso della Camera dei Comuni dove venne detto loro di aspettare.

Dopo un po’ comparve un giovanotto smilzo, biondo, con i capelli lisci, di mezza testa più basso di Isaac Newton.

«Sono Pingo Warwick, ricorda, il segretario privato del Primo Ministro», disse tendendo la mano. «Ci sono alcune cose che il Primo Ministro vorrebbe controllare con lei», proseguì Warwick, «e abbiamo tutto il tempo necessario prima che si arrivi al dunque. Vi faccio strada.»

Pingo Warwick partì a passo spedito attraversando corridoi con molte svolte mentre i tacchi delle scarpe di Frances Margaret battevano sonoramente sul pavimento nei tratti privi di tappeti. Prima ancora di arrivare all’ufficio del Primo Ministro, il professore e la ragazza erano completamente disorientati.

Il Primo Ministro era seduto a una scrivania piena di carte e portava un paio di occhiali che Isaac Newton non ricordava di avergli mai visto.

«Prima di queste sedute spettacolari mi piace immaginare le domande peggiori che mi potrebbero essere rivolte. Poi scrivo le risposte e faccio del mio meglio per impararle a memoria», spiegò il Primo Ministro indicando i fogli sparpagliati sulla scrivania. «Trovo che prepararsi in tempo è vantaggioso.»

«C’era qualcosa…?» cominciò Isaac Newton.

«Solo questioni riguardanti i tempi. Che ora era secondo lei quando sono stato chiamato e ho dovuto lasciare la riunione del Comitato Halley? Per rispondere alla telefonata del Presidente sul lancio dei Cruise, voglio dire?»

Isaac Newton pensò per un attimo e poi rispose: «Beh, il rettore è andato alla finestra per contemplare la Great Square e io mi sono avvicinato a mia volta a lui. Si vedeva benissimo il quadrante dell’orologio sulla torre di Edoardo Terzo. Erano circa le due e quarantasei, direi».

«E a che ora sono ritornato? Non dopo aver parlato col Presidente, ma dopo che lei mi aveva mandato a telefonare per impedire che i Cruise venissero lanciati?»

Isaac Newton si mise a pensare di nuovo, stavolta più a lungo, per dire infine, scuotendo la testa: «Non posso essere sicuro dell’ora. Eravamo tutti abbastanza sconvolti. Ma il rettore ha continuato a tenere d’occhio l’orologio e io sono rimasto per quasi tutto il tempo con lui. Così direi che dovevano essere le tre e venti o giù di lì».

«Grazie. Mi dispiace scocciarla con simili particolari, tanto più che probabilmente non avranno alcuna importanza. Ma è straordinario quanto spesso i ministri si caccino nei guai sbagliando qualche particolare che sembra poco importante sul momento, ma che poi viene ingrandito ad arte. Adesso, se permette, vorrei dare un’ultima occhiata a tutta questa roba. Il guaio è che devo prepararmi a rispondere a tutte le domande che mi potrebbero essere rivolte, il che è un bel lavoro. Pingo si occuperà di voi due.»

Pingo Warwick disse, mentre li accompagnava nei corridoi: «Il Primo Ministro ha delle intenzioni bellicose».

«Ho visto. Che ne dice dei giornali del mattino?» chiese Isaac Newton.

«Scritti su ordinazione.»

«Per conto mio sono rimasto un po’ deluso. Speravo che avremmo ottenuto di più…»

Pingo Warwick agitò la mano nell’aria mentre salivano una breve rampa di scale e disse: «Può darsi che qualche giornalista ci abbia ripensato. I direttori dei giornali possono aver minimizzato certi aspetti e averne messi in rilievo altri. Ogni giornale ha una sua particolare categoria di lettori ai quali deve adattare il materiale che pubblica. Abbiamo comunque ottenuto un buon risultato: un consenso tra il cinquanta e il sessanta percento. Quando si parte con una buona maggioranza non è proprio necessario raggiungere più di un buon cinquanta percento, vede. Solo quando tutto va storto, quando i guai incalzano, la situazione diventa preoccupante».