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L’ordinamento politico ed economico esigeva che la macchina della burocrazia venisse non solo alimentata con carta opportunamente trattata, ma che anche continuasse a vomitarla. Se si pensa bene, la macchina era in effetti un enorme amplificatore di carta capace di moltiplicare nei luoghi di cruciale importanza una quantità relativamente modesta di documenti per produrre un’enorme quantità di riproduzioni grazie alla carta carbone. In parole povere: nella macchina venivano introdotti documenti scritti, come bisognava aspettarsi, dagli stessi burocrati, e muniti successivamente delle firme dei pezzi grossi. L’aspetto sorprendente di tutto questo consisteva nel fatto che senza quei pochi tratti di firma riprodotti su carta carbone, il complesso meccanismo dell’Unione Sovietica non sarebbe stato più in grado di funzionare. Per cui una persona qualsiasi priva di pregiudizi e con un briciolo di buon senso sarebbe stata in grado di immaginare che la macchina avrebbe finito per subire un collasso sotto il peso della propria assurdità, così come ora minacciava di subire un collasso perché era diventato assolutamente impossibile ottenere le firme dei personaggi più importanti del Politburo.

Come mai, ci si potrebbe domandare, il popolo russo aveva finito per lasciarsi affliggere da un simile sistema? La risposta stava nel fatto che la burocrazia era l’unico aspetto della vita sovietica che assicurasse la continuità con il passato, soprattutto perché era un grande conglomerato di tante imprese familiari esistenti da quel dì. Nessun altro aspetto della vita sovietica rendeva così facile l’esistenza del nepotismo, e senza nepotismo qualsiasi continuità è impossibile. Che il figlio seguisse il padre in una posizione politica elevata era inconcepibile né il nepotismo poteva funzionare nelle arti e nelle scienze. Ma il figlio seguiva al genitore nella burocrazia senza difficoltà, continuando a lavorare come aveva fatto il padre, con totale devozione al sistema. Finché non comparve il prurito folle. Il prurito folle separò le pecore burocratiche dalle capre burocratiche creando un ambiente che premiava abbondantemente la subdola accortezza.

Nonostante le continue e attente cure dei massimi calibri della professione medica, i pazienti afflitti dal prurito folle finirono per perdere la capacità di leggere o firmare documenti. A un certo punto divenne difficile persino parlare con loro. Nonostante ciò, il più subdolo dei burocrati scoprì un bellissimo trucco. Venne notato che se si rivolgeva a un membro del Politburo ammalato una domanda in forma negativa, come, per esempio: «Noi non dovremmo permettere agli operai delle panetterie di Celiabinsk di portare berretti confezionati nello stile dei dissidenti, vero?» la risposta era invariabilmente un «No!» urlato a pieni polmoni e seguito all’istante dalla rabbiosa esclamazione «Fuori dai piedi!» Se, invece, la domanda veniva rivolta nella forma positiva come, per esempio: «Dovremmo chiudere il mausoleo nella Piazza Rossa per un mese, in maniera da ritoccare la statua di cera di Lenin, non le pare?» la risposta era invariabilmente un «Sì!» di nuovo seguito da un rabbioso «Fuori dai piedi!»

Alla prova dei fatti si constatò che la strana situazione offriva l’occasione per applicare un metodo che parve ideale alla mentalità burocratica per governare il paese. Rivolgendo le domande semplicemente in forma positiva o negativa, come faceva loro comodo, i burocrati potevano ottenere le risposte che volevano a proposito di qualsiasi decisione in ballo. Purtroppo, però, senza le firme, quei pochi tratti su carta carbone su cui era basato tutto il sistema. Nonostante ciò, usando dei registratori a nastro per ottenere la prova permanente e irrefutabile di tanti «Sì!» oppure «No!» dai membri del Politburo, la situazione era stata adattata in maniera ingegnosa alle esigenze del momento. Oltre a ciò, il Numero Quattordici, sano come un pesce, poteva essere indotto a fornire la propria firma purché gli venissero fornite copie delle registrazioni su nastro per dargli la sicurezza di uniformarsi all’opinione della maggioranza. Effettivamente, il Numero Quattordici trascorreva una buona parte del tempo a firmare documenti e classificare le registrazioni che aumentavano a vista d’occhio.

Poiché in base alla Costituzione avevano il diritto di firmare solo i membri effettivi del Politburo, il loro numero venne aumentato a quattordici, un particolare molto commentato dai cremlinologi in Occidente i quali peraltro non riuscirono a capire il motivo di questo improvviso cambiamento che aveva fatto risalire il Numero Quattordici dalla temuta categoria dei candidati.

Restava solo un problema che esigeva un’urgente soluzione: le scarse comparse in pubblico dei membri più importanti del Politburo. Per quel che riguardava le riunioni al Cremlino, alle quali i membri effettivi si recavano a bordo di grandi berline nere sfreccianti attraverso le strade e i viali di Mosca, il rimedio fu subito trovato: bastava mettere a bordo delle macchine dei manichini. Con molto dispiacere, comunque, la burocrazia giunse alla conclusione che i manichini non potevano assolutamente sostituire i membri del Politburo in pubblico, durante la tradizionale sfilata del Primo Maggio nella Piazza Rossa. Nonostante le complicate misure che si resero necessarie, venne deciso che sarebbe stato indispensabile servirsi di sosia per la sfilata del Primo Maggio.

L’occhio umano è uno strumento così perfetto che qualsiasi individuo riesce a distinguere qualsiasi altro individuo tra innumerevoli persone, a meno che non si tratti di gemelli assolutamente identici. Per cui è impossibile trovare un sosia assolutamente perfetto di qualsiasi individuo. Così, i burocrati dovettero scendere a compromessi. Se si fosse trattato di primi piani sullo schermo televisivo, le cose più importanti sarebbero state i tratti del volto piuttosto che non le proporzioni fisiche dei sosia. Nella sfilata del Primo Maggio, invece, quelle che contavano veramente erano le proporzioni fisiche, specialmente la maniera di camminare, dei sosia. Purché i movimenti fossero quelli giusti, era sempre possibile celare certe altre differenze imbottendo i vestiti, facendo portare degli occhiali ai sosia o mettendo loro in testa strani copricapi.

Ma la preoccupazione più grossa era, naturalmente, rappresentata dal problema della sicurezza. Il tipico cittadino sovietico obbligato a fungere da sosia avrebbe quasi inevitabilmente cominciato a raccontare cosette riguardanti il personaggio rappresentato. Queste notiziole si sarebbero diffuse con sorprendente velocità tra la popolazione in base al principio che ogni persona a conoscenza di un segreto lo racconta a due altre persone, per cui qualsiasi fuga anche minima di una notizia si trasforma ben presto in un impetuoso torrente che nessuno riesce a fermare. Il sosia racconta in assoluta confidenza tutto solo alla moglie, la moglie racconta tutto, naturalmente in strettissima confidenza, solo alle amiche più intime e più care. Da una confidenza si passa a due, da due a quattro, da quattro a otto, e così via. Così bastano ventisette passaggi perché tutti, anche la gente più innocente, venga a conoscenza della terribile verità, anche se la notizia è stata diffusa nelle ventisette fasi solo in strettissima confidenza.

Dopo aver discusso a lungo il problema, i burocrati decisero di cercare i sosia non già tra i comuni cittadini bensì tra le numerose persone detenute nelle prigioni e nei campi di lavoro. Sotto la minaccia di vedersi triplicare il periodo di detenzione qualora si fosse verificata qualche fuga di notizie, i sosia provenienti dalle prigioni e dai campi di lavoro avevano un potente incentivo per osservare il massimo silenzio, un incentivo molto superiore a quello dei comuni cittadini. I burocrati decisero di risolvere in questo modo il problema.

Tutti convennero che era una tattica piuttosto rischiosa, ma comunque funzionò. Così come le singole persone della grande folla che riempiva la Piazza Rossa per la sfilata del Primo Maggio, felici della vacanza e anche di un segno «più» sull’elenco della «nomenklatura», non si rendevano conto che il mausoleo di Lenin conteneva in realtà una statua di cera, le stesse persone non si accorsero che i capi politici del paese, in piedi sulla tribuna espressamente costruita, erano in realtà dei criminali condannati. L’eccezione era rappresentata naturalmente dal Numero Quattordici il quale, per la prima volta in molti mesi, si divertiva come una pasqua mentre, circondato dai galeotti, rispondeva al saluto delle future glorie della madrepatria. Il Numero Quattordici notò con particolare piacere che il sosia dell’intraprendente Numero Undici era stato munito di un cappello troppo grande, per cui il copricapo finiva per coprirgli le orecchie, dimostrando in tal modo, se ve ne fosse stato bisogno, che l’inefficienza del sistema continuava imperterrita nonostante i piani più meticolosamente studiati.