Выбрать главу

«… ricadranno nella vecchia abitudine», concluse Frances Margaret, evitando con perizia un blocco del traffico sulla strada.

«Proprio così, ricadranno nella vecchia abitudine. La cosa di cui hanno bisogno è una specie di shock che non possano dimenticare.»

«Non dovresti parlare così!» esclamò la ragazza in tono severo.

«Perché?»

«Perché ciò che tu pensi sembra avere l’abitudine di succedere. Sono tutti quei «bip» che secondo te stai trasmettendo. Credo che tu abbia in corpo qualcosa che emette raggi, raggi che vengono captati», soggiunse Frances Margaret, superando altre difficoltà del traffico.

«Sciocchezze.»

«Beh, non cominciare a trasmettere dei «bip» propalando ai quattro venti che la situazione sembra priva di speranze. Mi innervosisce.»

«Ti rende superstiziosa, dovresti dire.»

«Sensibile, sarebbe più giusto dire.»

«E va bene, vada per ’sensibile’. Credo che dovremo lasciare ben presto questa strada», disse Isaac Newton che stava esaminando la carta stradale.

69

Il teatro del castello era una specie di teatro dell’Opera. Sotto questo punto di vista, per lo meno, si prestava molto bene all’occasione, rifletté Isaac Newton quando lui e Frances Margaret arrivarono sul posto la mattina dopo per la seduta d’apertura del vertice. C’era una platea dove nei tempi passati prendevano posto i mortali di rango inferiore, circondata da due semicerchi aventi ognuno una decina di palchi disposti lungo la parete esterna. L’ordine superiore dei palchi era sistemato tra grosse colonne verticali a imitazione dei templi greci.

I delegati ufficiali delle varie nazioni occupavano i due ordini di palchi. Al loro seguito e alla stampa erano stati assegnati tavoli e sedie in platea. La delegazione britannica occupava il palco immediatamente a destra del palco centrale che più di un secolo prima era stato sgomberato per fare posto alla tavola della Regina Vittoria. Stavolta, il palco centrale era occupato dai francesi nella loro qualità di padroni di casa. I tedeschi occupavano il palco sulla destra di quello britannico e gli americani avevano il palco sulla sinistra dei francesi. I russi disponevano delle prime tre file del piano sottostante, sopraelevate rispetto alla platea, come una tribuna destinata a ricordare loro la tribuna delle sfilate del Primo Maggio. Alcuni russi indossavano uniformi coperte di medaglie, altri abiti scuri, camicie bianche con cravatta e scarpe alte che riflettevano le luci dei riflettori mentre salivano gli scalini per raggiungere i loro posti.

Isaac Newton e Frances Margaret erano arrivati presto per assicurarsi che il loro discorso di presentazione sarebbe stato trasmesso in inglese tramite uno dei canali destinati ad alimentare le cuffie di cui era munito ogni posto in teatro. Questo per evitare i latrati e i sibili degli altoparlanti. Rassicurati finalmente su questo punto, entrambi sedettero e si misero a osservare l’arrivo delle delegazioni. Dopo aver esaminato i russi per un bel po’, Isaac Newton affermò: «Il capo dei russi sembra ammalato. Non riesce a respirare».

«A me sembrano piuttosto singhiozzi. Ha mangiato troppo per prima colazione, penso, alla loro ambasciata che non disdegna il lusso. Il guaio è che i singhiozzi continui possono essere pericolosi quando raggiungono il ritmo di tre al minuto, continuando per ore e ore. I singhiozzi sono una delle malattie nelle quali sono specializzata, devi sapere», rispose Frances Margaret. Se già non fosse stata animata da spiriti aggressivi, una donna nel palco americano che la stava fissando l’avrebbe certamente spinta ad aprire le ostilità. La donna aveva capelli scuri, un bel sorriso e fossette sulle guance, come ebbe modo di notare Frances Margaret osservandola da una distanza di quindici metri.

«Secondo quanto ci hanno detto quando ci hanno dato le istruzioni, il capo della delegazione russa è il Numero Undici del Politburo», proseguì Isaac Newton con persistenza.

«Quanto lei dice non è perfettamente esatto, professor Newton», fece una voce accanto a loro. Un uomo con una faccia che una persona screanzata avrebbe definito simile a un pomodoro maturo, stava in piedi accanto a loro.

«Jamesborough. John Jamesborough. Del Foreign Office. Mi ricorda dai vecchi tempi di Ginevra?» chiese a mo’ di presentazione.

«Naturalmente», annuì Isaac Newton. «Che cosa non è perfettamente esatto?»

«Quello che ha detto del russo. E’ stato retrocesso al Numero Quattordici.»

«In tal caso sembra che i russi non prendano molto sul serio la faccenda», concluse Isaac Newton.

«E’ in questo che lei potrebbe avere torto, professore», intervenne una nuova voce. La voce apparteneva a un uomo dall’aspetto macilento con una sigaretta pendente dall’angolo della bocca, che Isaac Newton aveva preso in un primo tempo per un tecnico disperatamente alle prese con l’impianto acustico.

«Smithfield», disse l’uomo, alzando le spalle in maniera da far spuntare le mani dalle maniche troppo lunghe del cappotto. «Lei deve tenere d’occhio in realtà i militari sulla destra, quelli impegnati nell’incetta delle armi. Tra i russi sono loro che detengono veramente il potere. Si direbbe che nell’insieme sarà un bello spettacolo, non le pare? Stia attento alle sorprese, professore. I francesi hanno qualcosa che bolle in pentola. L’ho saputo da un amico del Quai d’Orsay. «Le nez de Cléopâtre, s’il eût été plus court, toute la face de la terre aurait changé», come dicono da quelle parti», concluse Smithfield annuendo con la testa e tirando una boccata di fumo.

La delegazione britannica arrivò — in Rolls Royce dal cuore di Parigi — in gruppo con il Primo Ministro al centro. Il palco nel quale Isaac Newton e Frances Margaret erano stati quasi soli fu a un tratto pieno da scoppiare. E così erano pieni anche gli altri palchi di ogni ordine del teatro.

La seduta venne dichiarata aperta dal Primo Ministro francese il quale percosse il tavolo con un massiccio martello pesante due chili, provocando negli altoparlanti disposti ovunque una specie di tuono come se una tempesta fosse scoppiata nell’ambiente. Poi, il Primo Ministro francese tenne un discorso di benvenuto, espresso con un linguaggio mellifluo e molto ricercato. Vari schermi televisivi erano stati piazzati nei punti strategici del teatro per cui la faccia, la testa e le spalle del Primo Ministro francese furono visibili in primo piano. Poiché le telecamere erano mobili, Isaac Newton si rese conto che, una volta venuto il suo turno, non gli sarebbe stato necessario aprirsi un varco fino alla piattaforma degli oratori. Poteva pronunciare il suo discorso rimanendo seduto dove si trovava.

In quello gli venne passato un biglietto. Isaac Newton scrisse la risposta e lo rispedì, sempre a mano. Frances Margaret osservò il biglietto durante il suo percorso finché non raggiunse il Primo Ministro il quale lo spiegò e lo lesse. Questo fatto, assieme all’osservazione di Smithfield a proposito dei francesi in possesso di qualcosa che bolliva in pentola, le fece venire un’idea. Scrisse un biglietto per proprio conto e lo ripiegò. Le sarebbe piaciuto mandarlo alla donna nel palco americano, la donna con il sorriso dall’aria pericolosa, ma siccome non ne conosceva il nome, lo indirizzò al Presidente americano. Poi il suo sguardo incrociò quello della donna e la ragazza sollevò il foglio ripiegato per indicare il punto dal quale era partito. Dopo aver spedito il biglietto, Frances Margaret ne seguì affascinata il cammino, da una mano all’altra, prima attraverso il palco inglese, poi attraverso l’adiacente palco francese e così fino al palco americano. Finalmente, il biglietto raggiunse il Presidente il quale lo aprì immediatamente e lesse: