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A TUTTI I COLONI

Gli inglesi hanno una botte per vino piena di calabroni che intendono mettere in libertà in un momento strategico. Consiglio di iniziare un’azione evasiva. LAFAYETTE

Mentre il momento del suo discorso di presentazione si avvicinava inesorabilmente, Isaac Newton si rese conto della stanchezza che aveva accumulato nei mesi appena passati. Rammentò cupamente un consiglio che Frances Margaret gli aveva dato quella mattina durante la prima colazione.

«L’ultima cosa della quale devi preoccuparti è ciò che effettivamente «dirai»», gli aveva detto. «Ciò che «dirai» verrà smorzato all’istante dall’aria, dalla viscosità, dal tappeto, dagli abiti della gente e dai capelli, specialmente dalle donne con i capelli lunghi. Ciò che rimane sono le idee che sei riuscito a instillare in testa alla gente, ed è a questo punto che la truce realtà alza la sua brutta testa. Date le circostanze, infatti, tutto ciò che puoi sperare di trasmettere è un’immagine, non un argomento. E per produrre un’immagine non conta ciò che «dici»», aveva ripetuto Frances Margaret, «bensì «come» lo dici. Se ti fai venire un tic al labbro, tutti lo ricorderanno. Ancora anni più tardi diranno, tutte le volte che sentiranno pronunciare il tuo nome: ’Ah, sì! L’uomo con il tic al labbro. L’ho sentito una volta in un discorso sulla riforma del latifondo in Africa Centrale’. Effettivamente», aveva concluso Frances Margaret, «non vorrei raccomandarti un tic al labbro, ma qualche schiocco sonoro con la lingua non sarebbe una cattiva idea.»

In realtà, conscio di doversi impegnare in uno sforzo supremo, Isaac Newton consumò i primi quindici minuti del tempo assegnatogli per spiegare come si era scoperto che le comete erano esseri viventi. Poi proseguì descrivendo com’erano state stabilite le comunicazioni con la cometa di Halley e come i telescopi erano stati adattati per servire da occhi e orecchie dalla stessa cometa. C’erano migliaia di altre comete entro la portata dei telescopi per le quali bisognava fare la stessa cosa. Alla fine, con il passare degli anni, ve ne sarebbero state milioni se non miliardi, a distanze ancora maggiori dal Sole. Era un progetto di stupefacente grandezza, il progetto più avventuroso e con gli obiettivi più lontani che la specie umana avesse mai intrapreso.

Il premio sarebbe consistito in un improvviso accesso a una tecnologia che, nel corso normale degli eventi, forse non sarebbe stata scoperta in mille anni. Era un premio che sarebbe arrivato proprio nel momento in cui la specie umana si trovava al bivio — un disperato bivio — di un confronto tra le nazioni sviluppate e di un fenomeno di povertà e sovrappopolazione nelle nazioni sottosviluppate. Erano problemi per i quali non erano in vista altre soluzioni. Erano problemi che altrimenti, concluse Isaac Newton, non promettevano un futuro favorevole al mondo.

Quando gli applausi si furono spenti cominciarono ad arrivare le domande scritte. Queste vennero prima lette ad alta voce dal Primo Ministro francese per ricevere poi, nei limiti del possibile, una risposta breve e incisiva di Isaac Newton. All’inevitabile domanda riguardante il costo di un simile progetto, Isaac Newton rispose senza reticenza. Il costo sarebbe stato paragonabile agli attuali bilanci militari delle nazioni sviluppate. A questa risposta seguì un gran silenzio nel teatro del castello, un silenzio reso memorabile nelle menti di tutti i presenti dalla maniera in cui esso fu spezzato. Il silenzio venne spezzato da un acuto grido di un giornalista del «New York Times». Quasi immediatamente ci furono altre grida, altri strilli finché il confuso vocio non si trasformò in una specie di pandemonio ripreso dai microfoni e ampliato fino a proporzioni mostruose attraverso gli altoparlanti dislocati ovunque nel teatro.

«I calabroni», disse Frances Margaret con un sorriso soddisfatto. «Sapevo che non li avrebbero mai raggiunti tutti. Non senza fumigare l’intiero castello.»

70

Terminata così, senza tante cerimonie, la seduta del mattino, i partecipanti sciamarono all’aperto, negli spaziosi terreni intorno al castello dove, poiché era una bella giornata calda, venne servito un rinfresco all’aperto.

«Mi domando dove le trovano in questa stagione», esclamò Frances Margaret, prendendo una coppa piena di fragole e panna da un vassoio che un cameriere di passaggio reggeva in mano.

«Immagino che vengano dalla Scozia. Capisci ora che cosa intendevo ieri?» rispose Isaac Newton prendendo anche lui una coppa di fragole.

«Pensavo che tutto fosse andato bene nella misura che ci potevamo aspettare.»

«E’ proprio questo il punto importante, non ti pare? Nella misura che ci potevamo aspettare.»

«Allora è venuto il momento di tirare le somme», decise Frances Margaret, addentando un fragolone particolarmente grande e molto rosso.

«Il risultato è chiaro. Dopo aver discusso un bel po’ finiremo per dare il via a una specie di progetto internazionale dello stesso ordine di grandezza che abbiamo già in Inghilterra. Solo con molta più burocrazia e spreco di carta», obiettò Isaac Newton, scocciato.

«Non ho potuto fare a meno di sentire ciò che ha detto», disse una voce conosciuta. Era Alan Bristow, il direttore di «Nature». «Solo che un progetto internazionale è più stabile. Una volta avviato non può più essere fermato. Voglio dire: in seguito al cambiamento di qualche governo», proseguì.

«Questo è vero, naturalmente», ammise Isaac Newton, sempre incavolato.

«Ma perché vuol far andare avanti le cose a rotta di collo? E’ questo che non riesco a capire nel suo punto di vista, Newton. Lei ama affermare che una situazione di stallo protrattasi per miliardi di anni è stata ora spezzata. Per quale motivo, visto che lei parla di miliardi di anni, pochi anni in più o in meno dovrebbero avere tanta importanza? Perché non lasciare che gli eventi seguano il loro corso?»

«Perché in realtà stiamo scegliendo delle alternative.»

«Che sarebbero?»

«I bilanci militari, tanto per citarne una, oppure un grosso programma del genere da me menzionato stamattina.»

«Perché la scelta di una dovrebbe escludere l’altra?»

«Perché, se continuiamo con i bilanci militari, saremo annientati probabilmente ancora prima della fine del secolo. Per essere sincero, voglio che la seconda alternativa s’imponga con tanta forza e rapidità che nulla rimanga a disposizione della gente perché questa si faccia reciprocamente a pezzi. La scelta in realtà è perfettamente chiara. Né esiste una conveniente via di mezzo.»

«E lei crede che tutti qui, intendo i governi, stiano cercando una conveniente via di mezzo?»

«Naturalmente. Lei forse non lo fa? Per ritornare poi all’abituale tran-tran quotidiano.»

«Beh, le auguro buona fortuna. Ne avrà bisogno», disse Bristow proprio nel momento in cui si avvicinava il Primo Ministro per ammonirli:

«Su, andiamo, piantatela. Siamo qui per parlare alla gente. Permettetemi di presentarvi al Presidente americano».

Frances Margaret preferì allontanarsi pensando che il suo messaggio a proposito dei calabroni avrebbe potuto introdurre una nota stonata nella conversazione con il Presidente. Nell’istante in cui vide scomparire Isaac Newton, fu colpita da uno shock, uno shock così ovvio e percettibile da farle venire il dubbio di essere in preda a un attacco cardiaco. Constatato che il cuore era perfettamente a posto, si domandò se l’improvviso tratto d’ombra, simile a quello prodotto da una nube di passaggio che nasconde il sole, non fosse dovuto magari a qualche veleno nelle fragole. Qualunque fosse il motivo, Frances Margaret era convintissima dell’esistenza di qualcosa di eccezionalmente strano, una convinzione che trasformò il suo precedente stato d’animo esuberante in una specie di sensazione onirica, come se tutta la scena intorno a lei fosse diventata del tutto irreale.