«Perché non dovrei seguirlo? E’ da qui che sono venuto», fece il Presidente, un tantino sorpreso. Nella realtà, naturalmente, ci potevano essere molti percorsi per ritornare al teatro, ma in quell’occasione Frances Haroldsen sapeva che qualsiasi deviazione da quel sentiero avrebbe potuto portare quasi ovunque, nel bel mezzo di Londra o Cambridge o New York, ovunque, insomma. Decisa a non lasciarsi ingannare un’altra volta, seguì il sentiero sul quale aveva camminato con l’immaginario Isaac Newton, per esclamare, rivolta al Presidente: «Segua comunque la sua strada, signor Presidente. Ma quando avrà svoltato intorno al prossimo angolo, per lei sarà finita».
Fermamente decisa, Frances Margaret rimase sul sentiero che ricordava, aspettandosi che la facesse finire a Timbuctù — ma non per colpa sua. Adesso non c’era più in giro nessuno. Di tutta la folla di poco prima… nessuno, come capitava sempre nei sogni. I tacchi alti delle scarpe picchiavano sulle lastre di pietra del sentiero, il che per lo meno era un fenomeno reale e logico. Tentò di immaginare dove stava andando, per anticipare in certo qual modo la prossima grossa sorpresa, ma si accorse, molto delusa, mentre svoltava intorno a un angolo, di avere davanti ciò che sembrava essere effettivamente il castello di Versailles.
Poi, la spiegazione ovvia le venne in mente. Non era che stesse camminando per raggiungere qualche altro posto come Timbuctù o la vetta dell’Everest. Stava camminando in un’altra epoca, probabilmente nel Seicento, quando migliaia di persone si affollavano nel castello. Scene pulsanti, camere da letto pulsanti, cucine pulsanti. A pensarci bene, perché il tempo attuale dovrebbe essere più reale del Seicento? Non le venne in mente alcun motivo che andasse d’accordo con le leggi della fisica. Così doveva trattarsi del Seicento, decise. Si era domandata come tante faccende illecite avessero potuto verificarsi in continuazione a Versailles, dato che la maniera in cui il castello era costruito non sembrava favorire la vita intima. Forse, nel Seicento non ci tenevano tanto alla vita privata. Forse se ne andavano semplicemente in giro a guardare ciò che facevano gli altri.
Poi comparve alla vista il teatro del castello. Frances Margaret si rese subito conto che il sogno l’aveva di nuovo ingannata, solo che, grazie al Cielo, lei era più intelligente del sogno. Il sogno teneva in serbo qualcosa di grosso, una cosa orribile. Una volta entrata nel teatro del castello, che cosa vi avrebbe trovato? Ragnatele. Solo ragnatele, nient’altro.
La porta del teatro era presidiata da vari inservienti, messi lì indubbiamente per controllare i biglietti dei visitatori comuni. Gli inservienti riconobbero senza commenti la validità del cartellino che lei portava appuntato al petto, e nell’attimo successivo Frances Margaret si ritrovò all’interno del teatro. In quell’istante provò la stessa strana scossa che aveva sentito un’ora prima. E con la scossa scomparve lo strano stato d’animo e lei poté constatare che il teatro era in realtà pieno di gente, non di ragnatele. Riuscì anche a distinguere Isaac Newton tra i delegati nel palco britannico. Era ritornata di colpo alla normalità. Almeno così sembrava. Eppure, il suo ingresso nel teatro coincise esattamente, come se qualcuno avesse azionato un interruttore, con una catastrofica interruzione dei lavori.
L’interruzione era dovuta al Presidente francese il cui volto apparve improvvisamente in primo piano sui teleschermi della sala, sostituendosi al personaggio che parlava dalla tribuna degli oratori. La voce del capo di stato, malamente amplificata dagli altoparlanti, investì come un tuono l’assemblea:
«Chiedo scusa per l’interruzione, ma devo comunicarvi una notizia sgradevole. Abbiamo ricevuto una segnalazione dall’Osservatorio di Meudon con la quale il governo francese viene avvertito che un oggetto del diametro di quasi due chilometri colpirà la Terra domattina tra le due e le quattro, tempo medio di Greenwich. Purtroppo, il fenomeno causerà danni molto estesi. Il punto dell’impatto dell’oggetto non è ancora certo, per cui non si sa ancora quali luoghi saranno sicuri e quali no. E’ evidente che molte persone vorranno fare immediatamente ritorno nei loro paesi e voglio assicurarvi che il governo francese prenderà tutte le misure per facilitare questo esodo».
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Frances Haroldsen si fece strada a spintoni tra la folla in preda allo sgomento per dirigersi verso il palco britannico. Mentre si avvicinava, Isaac Newton disse: «Mi stavo domandando dov’eri andata a finire. Hai le chiavi della macchina? Sì, bene. Allora ti raggiungo alla macchina tra pochi minuti. Voglio solo domandare in giro se sanno qualcosa del messaggio da Meudon».
Erano passati più di pochi minuti, forse una ventina, prima che Isaac Newton comparisse alla macchina dove trovò Frances Margaret sul sedile del passeggero.
«Vuoi guidare tu?» le chiese.
«Preferirei di no. Non mi sono sentita bene.»
Mentre Isaac Newton usciva con una serie di manovre dal parcheggio per imboccare il lungo viale che porta verso la città di Versailles, Frances Margaret descrisse le strane allucinazioni di cui era rimasta vittima.
«Così, dopo tutto, non sei sfuggita», osservò Isaac Newton.
«Sfuggita a che cosa?»
«Ricordi il cottage sulla costa del Norfolk? Quella notte c’era qualcosa, là.»
«Non ho visto nulla.»
«Vuoi dire che non ricordi di aver visto qualcosa, il che non è lo stesso. Neppure io ricordo di aver visto molto, ma ormai ho avuto già due volte allucinazioni del genere. Tu sei stata fortunata perché eri ancora in grado di camminare. Io sono stato messo completamente fuori combattimento.»
«Che cosa significa questo?»
«Beh, visto che la cosa si è verificata prima di quest’annuncio venuto da Meudon, essa ha ovviamente un suo significato. Come se anche tu stessi trasmettendo dei «bip».»
«Non riesco a capire perché questo oggetto, o quel che sia», disse Frances Margaret con un’espressione perplessa, «non era conosciuto prima. Gli astronomi avrebbero dovuto vedere facilmente un oggetto così grande come dicono che sia.»
«Lo hanno visto. L’oggetto è noto da ormai un anno.»
«Perché, allora, ci hanno informato a sorpresa solo adesso?»
«Perché l’oggetto ha cambiato improvvisamente rotta. Altrimenti sarebbe passato al largo della Terra a una distanza perfettamente sicura, come usano fare i piccoli asteroidi.»
«Si è comportato allora come un missile, correggendo a metà strada la rotta? Per colpire un bersaglio, intendo dire?» chiese Frances Margaret in tono ponderato.
«Sembra di sì.»
«Come può essere stato ottenuto quest’effetto?»
«Naturalmente nessuno lo sa, in realtà. Probabilmente si è trattato di un processo di improvvisa evaporazione, come un razzo che viene sparato da un jet.»
«Dev’essere stata un’azione deliberata, no?»
«Deliberata, sì, come la tua allucinazione e come la sensazione che ho continuato ad avere per tutta la mattina. Specialmente dopo aver finito il mio discorso.»
«Che genere di sensazione?»
«Di aver assolto il mio incarico. Che ne avevo abbastanza di tentar di persuadere la gente. Questo andrebbe d’accordo con la tua balorda impressione di rivolgere la parola a un mazzo di carte. Si potrebbe dire che la mia sensazione fosse realmente identica.»
Isaac Newton parcheggiò la macchina in uno spazio libero nei pressi del centro della città di Versailles, dicendo mentre spegneva il motore: «Voglio vedere se riesco a comprare un paio di cose speciali». Poi, consegnando la cartella a Frances Margaret, disse: «Perché non ti leggi i dati arrivati da Meudon? Io non li ho chiesti né ho pregato per averli. Li ho rubati spudoratamente sotto il loro naso pensando che il governo francese potrà ottenerne un’altra copia e noi no, invece».