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«Ha sentito la novità, Monsieur?»

Isaac Newton rispose che l’aveva sentita e il proprietario continuò: «Io ho combattuto nella seconda guerra mondiale, Monsieur, e mio padre nella prima. La gente dice che questa volta tutto sarà altrettanto brutto».

Poi, l’uomo si limitò ad alzare le spalle, con il volto privo di una qualsiasi espressione. Isaac Newton si meravigliò, mentre lui e Frances Margaret salivano nella loro stanza, della capacità infallibile della gente comune quando si trattava di scoprire la verità di una situazione.

Istintivamente, Isaac Newton chiuse a chiave la porta della stanza. Pochi secondi più tardi, così sembrò, erano già a letto e Isaac Newton sentì Frances Margaret bisbigliargli all’orecchio con voce rauca: «Potrebbe essere l’ultima volta».

72

«Per fortuna, abbiamo portato i cuscini», disse Frances Haroldsen sforzandosi di intavolare una conversazione banale mentre s’infilava in uno dei sacchi a pelo che Isaac Newton aveva comprato a Versailles quel pomeriggio. Erano le undici e tre quarti.

Il proprietario della locanda si era rifiutato con una certa fierezza di lasciarsi dirottare anche per un solo centimetro dalla routine normale. La cena era stata servita esattamente all’ora solita. Isaac Newton e Frances Margaret si soffermarono, senza aver nulla da fare, alla locanda fin dopo le dieci. Un’occhiata fuori aveva rivelato che il cielo era semicoperto, ma che alcune stelle più luminose s’intravedevano attraverso gli intervalli tra le nubi. Basandosi su questo fatto, decisero di raggiungere in macchina il punto scelto nel pomeriggio. Avevano ottenuto la chiave del portone della locanda dicendo di voler uscire «per un po’». Nessuno dei due aveva parlato di quanto stava per accadere, per non turbare il sangue freddo del proprietario. Avevano disposto con cura i sacchi a pelo in direzione nord, puntandoli sulla stella polare.

«A quest’ora dev’essere ancora lontano come la Luna», osservò Frances Margaret. «Se riflette la luce del Sole come la Luna, sarà circa tre milioni di volte meno luminoso, circa di quarta grandezza.»

«Bisognerebbe essere degli astronomi dilettanti per accorgersi di un intruso così poco luminoso. Scommetto che i professionisti non sarebbero in grado. Inoltre, il cielo è troppo annuvolato», brontolò Isaac Newton.

«Sta puntando dritto sul Sole e a mezzanotte, cioè pressappoco adesso, deve viaggiare praticamente lungo il meridiano settentrionale, con un’elevazione di circa cinquanta gradi — lassù, nella costellazione del Cigno, non lontano da Deneb. Quella à la stella più luminosa, quella che puoi vedere sul vertice di una specie di croce. Immagino che la croce sia stata interpretata in tempi antichi come un cigno in volo. Devi sapere che ho frequentato una volta un corso di astronomia. Quando andavo a scuola. Ti sto raccontando tutte queste cose perché tu sappia dove guardare», continuò Frances Margaret, chiacchierando senza posa come faceva talvolta. «E’ sbalorditivo, se ci pensi.»

«Che cos’è sbalorditivo?» brontolò Isaac Newton.

«Che l’oggetto riesca a superare una distanza uguale a quella che ci separa dalla Luna in sole due o tre ore.»

«Se arriverà qui alle tre del mattino, l’ora più probabile secondo me, dev’essere ancora una volta e mezzo più distante della Luna.»

«Immagino di sì. Il che fa scendere la sua luminosità di una grandezza rispetto a quella indicata da me. Una stella di quinta grandezza, e questo è pressappoco il limite della visibilità con un cielo come questo. Bisogna trovarsi in un deserto o avere una notte molto fredda per riuscire a vedere stelle ancora meno luminose. E’ buffo che la distruzione debba piombarci addosso dal Cigno — dal Lago dei Cigni. Ma Ciajkovskij faceva solo finta. E’ strano come la gente riesca a scrivere della musica tanto penetrante quando fa solo finta. Immagino che debba autoconvincersi in qualche maniera che tutto è proprio vero, strano come…»

Frances Margaret continuò come una bambina finché non si rese conto che Isaac Newton, a furia di starla a sentire, s’era addormentato. Allora smise di parlare e cominciò a esaminare con più attenzione le stelle, aguzzando gli occhi mentre i tratti di sereno tra le nubi si allargavano per rivelare tutto il cielo.

Isaac Newton si svegliò improvvisamente. Del resto non avrebbe potuto fare altro con Frances Margaret che gli urlava nell’orecchio: «Credo di averlo individuato».

«Che ore sono?»

«Le due e venti circa.»

«Dio buono, ho dormito tutto questo tempo?»

«Non badarci adesso. Parti dal vertice del Cigno, Deneb. Risali per circa un grado da Deneb e spostati poi per quattro o cinque gradi a est. E’ la stella più luminosa in quella zona.»

«E’ davvero molto luminosa. Sei sicura?»

«Sì, l’ho osservata per un pezzo. Non ho voluto svegliarti finché non ho avuto la certezza che si stava muovendo.»

«Vuoi dire rispetto alle altre stelle?»

«Sì. Ed è una bella cosa, non ti pare?» rispose Frances Margaret cercando di dominare l’eccitazione nella voce. «Voglio dire, se stesse per piombarci addosso, il movimento rispetto alle altre stelle non lo vedremmo affatto, non ti pare?»

«No, non lo vedremmo. Come chiamano gli astronomi questo tipo di cambiamento di posizione?»

«Il parallasse. Il parallasse cambia mentre l’oggetto si avvicina alla Terra. Per cui dà l’impressione di muoversi rispetto alle stelle vere.»

«Lasciami vedere se riesco a scoprire qualche spostamento.» Isaac Newton rimase a osservare per un po’ e poi disse: «Sai che sta diventando effettivamente più luminoso? E penso che stia scendendo verso est. In maniera pressappoco costante, direi».

«Esattamente. Il che significa che siamo al sicuro, non ti pare? Voglio dire che ci dev’essere uno spostamento laterale, il che significa che non può colpire noi.»

I capelli di Frances Margaret ricoprirono improvvisamente gli occhi, e Isaac Newton si rese conto che lei stava piangendo silenziosamente. Uscendo dal sacco a pelo, affondò le mani nei suoi capelli e disse: «E’ una vera fortuna che tu sia capace di risolvere quelle equazioni di secondo grado».

Dopo che si fu ripresa Frances si soffiò il naso e disse: «Devi avere i nervi d’acciaio». Poi, entrambi si sdraiarono sulla schiena, con le teste una accanto all’altra sullo stesso cuscino, per continuare l’osservazione.

«Dove credi che atterrerà?» chiese Frances Margaret.

«Le mie nozioni di geometria non sono all’altezza della situazione, tuttavia direi che scenderà a nord rispetto a noi, da qualche parte. Se fosse risalito, ci sarebbe passato sopra la testa, penso, per atterrare verso sud.»

«L’Inghilterra è a nord.»

«Quasi direttamente a nord. Ma l’oggetto viaggia ancora con un angolo di circa trenta gradi a ovest del meridiano.»

«Sì, ma si sta avvicinando continuamente al meridiano.»

«Non possiamo ancora dirlo», disse Isaac Newton tentando di parlare con la massima calma possibile, consapevole che il missile in arrivo ora brillava in modo sempre più allarmante. «Ciò che possiamo dire», continuò, «è che scenderà sotto l’orizzonte da qualche parte verso nord. Secondo me, se attraverserà il meridiano prima che tramonti, l’impatto avverrà nella Scandinavia settentrionale.»

«Povero Eriksson, lo svedese pazzo», bisbigliò Frances Margaret, «e se dovesse tramontare verso Occidente, atterrerà in Islanda o nella Groenlandia o in un posto simile.»

«Proprio così. Noi non possiamo fare altro che guardare e aspettare.»