«Beh, e che cosa c’è che non va in tutto questo?»
«Perché risolvendo un problema ne sorge un altro. Ecco, vedi, le comete percorrono la massima parte della loro esistenza lontane dal Sole, quasi tutte alla periferia del sistema solare, al di là dei pianeti più lontani, dove si raffredderebbero subito.»
«Capisco… l’uovo nello spazio diventa più duro della pietra.»
«Sì. Se allo stato iniziale una cometa è liquida, come un uovo appena deposto dalla gallina, si solidificherebbe per congelamento in circa diecimila anni. Anche se avesse un guscio con eccellenti qualità isolanti, simile alla polvere lunare.»
«Ma perché la cometa non dovrebbe sciogliersi mentre si avvicina al sole?»
«E’ facile rispondere a questa domanda. Anche se il calore sembra tanto, non basta. Una cometa raschiasole, vedi, resta a stretto contatto con il Sole solo per circa un’ora. E’ facile calcolare che in un’ora solo uno strato superficiale di 50-100 metri di spessore si scioglierebbe ed evaporerebbe. Per una cometa con un diametro di cinque chilometri, questo periodo ovviamente non è sufficiente. Il Sole non può fare altro che rovinare lo strato superficiale, spaccando l’uovo.»
«Qual è la risposta, allora? E’ possibile che il calore di origine radioattiva mantenga caldo l’interno di una cometa?»
«Questa sembrerebbe la logica deduzione, ma il fenomeno richiederebbe una formidabile quantità di materiale radioattivo, e il guaio è che non esistono meteoriti con quantità anche lontanamente simili. Alcune delle meteoriti provengono probabilmente da comete, vedi. Così, anche questa supposizione si rivela sbagliata.»
«Quale sarebbe la quantità che tu chiami formidabile?»
«Beh, se il materiale radioattivo consistesse in uranio, ci vorrebbero almeno cento parti su un milione, cioè una concentrazione di uranio talmente elevata da fare paura.»
«Tenendo conto del decadimento naturale dell’uranio, immagino?»
«Sì, naturalmente.»
«Come hai fatto ad apprendere tutte queste cose, Frances Margaret?»
«Oh, ne discutevo talvolta con Mike Howarth. Poi sono arrivata a controllare i fatti.»
«Prevedo che sarà proprio ciò che farò io nei prossimi pochi giorni.»
«Non lo trovi strano? Mike Howarth diceva che l’unica via di uscita da tutte queste difficoltà era la produzione di calore mediante il metabolismo biologico, il che sembra una bella soluzione finché uno non si rende conto che le comete hanno un’età superiore ai quattromila miliardi di anni. Contare sulla conservazione del calore con mezzi biologici per un tempo così lungo non mi sembrava giusto.»
«Non lo è», disse Isaac Newton, sicuro del fatto suo. «Secondo me è abbastanza giusta la spiegazione radioattiva, ma mediante fissione, non decadimento naturale.»
«Un reattore nucleare!» esclamò Frances Haroldsen. «Ma sicuramente solo un reattore nucleare funzionante in condizioni molto «controllate»?»
«Hai mai sentito parlare del reattore OKLO? Nel Gabon, in Africa Occidentale?»
«Non si tratta di qualcosa accaduto circa duemila milioni di anni fa? Ho sentito dire che doveva trattarsi di un reattore nucleare naturale. Ecco un’idea interessante.»
«Lo è, tanto più che non si trattava di un reattore naturale.»
«Spiegami, capo!»
«Non c’è tempo, Frances Margaret. Temo che la clessidra segni la fine della nostra conversazione. Ma quando arriverai al CERN, chiedi a Kurt Waldheim di mostrarti la documentazione sul reattore OKLO. Resterai sorpresa.»
Quando si alzarono da tavola, mancavano dieci minuti alle due.
Frances Margaret disse: «Spero di essere stata d’aiuto, almeno un po’».
Isaac Newton la cinse con il braccio.
«Non un «po’, molto». A mio avviso, comunque, tu hai trasformato una supposizione con una probabilità su cento di validità in una quasi certezza.»
La macchina con l’autista stava aspettando. Isaac Newton e Frances Haroldsen si baciarono prima che lei prendesse posto sul sedile posteriore. Isaac Newton le passò la valigetta contenente i dischi e i nastri. Poi, mentre la ragazza continuava a guardarlo attraverso il lunotto posteriore, Isaac Newton gridò: «Non dimenticare il passaporto!»
15
Non appena partita Frances Haroldsen, Isaac Newton telefonò alla signora Gunter per avvertirla che sarebbe arrivato al laboratorio verso le tre. Effettivamente erano le 2,45 quando entrò con la Mercedes nel parcheggio del Cavendish Laboratory. Sceso dalla macchina si mise a cercare prima di tutto il vecchio Scrooge.
«L’hanno cercata ovunque, professore», cominciò Scrooge.
«Chi?»
«Tutti. L’ispettore della polizia, tanto per cominciare.»
«Era un ispettore o un sergente?»
«Sembrava un ispettore. Hanno buttato per aria l’ufficio del giovane Mike Howarth. Da quanto ho sentito è stata una faccenda singolarmente inaspettata. O, forse dovrei dire, inaspettatamente singolare. E’ vero che è stato lei, professore, a trovarlo nella cappella del Trinity?»
«E’ questo che stanno dicendo in giro?»
«Qualcosa del genere, professore.»
«No, è stato il portiere di notte del Trinity che lo ha trovato.»
«Questo mi sembra più logico, non le pare? Non riuscivo a immaginarla a zonzo nella cappella nel bel mezzo della notte benché da giovane ne abbia combinate di tutti i colori. Ci sono parecchie cosette che potrei raccontare, sa?»
«Ma non lo farà. Conto su di lei, Scrooge.»
«Di me può fidarsi, professore, come le ho già detto.»
«La polizia ha portato via qualcosa dall’ufficio di Mike Howarth?»
«Uno dei ragazzi dice di sì, ma io non ho visto nulla. Quando sono usciti dall’ufficio hanno messo dappertutto nastri adesivi e sigilli.»
«Mi piacerebbe dare un’occhiata.»
Scrooge lo guidò nei corridoi finché non vennero a trovarsi davanti a una porta sulla cui targhetta si leggeva DR. M. L. HOWARTH. Gli interstizi in alto e ai lati della porta erano sigillati con nastro adesivo di colore blu.
«Così sapranno se qualcuno è entrato», spiegò Scrooge senza alcuna necessità.
«Ha la chiave?»
«No, non ce l’ho né potrei averla. La signora Gunter ne avrà una, a meno che l’abbiano portata via.»
Isaac Newton si mise a rovistare nella tasca dei pantaloni, tirò fuori le chiavi dell’automobile e disse a Scrooge: «La mia macchina è la Mercedes che troverà nel parcheggio».
«L’ho notata, professore. Scommetto che riesce a dare la birra a tutti con questa; non come quell’auto sportiva che aveva prima.» Scrooge proruppe in una risata al ricordo. «Un orribile vecchio trabiccolo rosso, se non sbaglio?»
«Roba del lontano passato, Scrooge. Nel bagagliaio troverà una scatola piena di scartoffie. Potrebbe metterla in magazzino per mio conto, in un posticino dove nessuno la noterà? Lei deve proteggere quelle carte a rischio della vita. Mi prometta che non farà entrare nel magazzino nemmeno l’arcangelo Gabriele.»
«Lei lo sa che non farei mai una cosa del genere, professore. Ho mai permesso a qualcuno di rovistare nel mio magazzino?»