Выбрать главу

«Perché qualcuno ha rovistato in tutto l’ufficio durante la notte.»

Isaac Newton diede un’occhiata all’ufficio della segretaria e poi al proprio.

«A me sembra a posto», fece con un’alzata di spalle.

«Ma non lo è. Ne sono sicura. Inoltre è sparita la fotocopia del tesserino.»

La signora Gunter sollevò la cartella che stava sulla scrivania.

«Vede, quella dell’ispettore c’è, e c’è anche il mandato di perquisizione. Manca la fotocopia del tesserino del sergente.»

«E’ sicura di averla messa nella cartella?»

«Crede forse che abbia le traveggole?»

«Non oserei mai fare un’affermazione simile, signora Gunter. E’ sparito qualcosa d’altro?»

«Non me ne sono accorta finora. Ma le cartelle e le schede sono state spostate. Guardi qui, professore.»

La signora Gunter si diresse a passo cadenzato verso un armadietto-schedario indicando un cassetto che agli occhi di Isaac Newton sembrava perfettamente a posto.

«Non vedo niente», fece, di nuovo con un’alzata di spalle.

«No, lei non può accorgersene perché non è abituato a servirsi dello schedario. E poi non nota cose come queste. Ma le schede sono in disordine.»

«E tutti i cassetti sono così?»

«No, alcuni sono a posto. Un paio di cose non sono al posto giusto, ma all’infuori di questo cassetto sarebbe difficile accorgersene se non fossi abituata a ricordare tutto.»

«Che cosa sono queste carte?»

«I contratti del CERC.»

«Compreso quello del dottor Howarth?»

«Sì.»

Isaac Newton raggiunse il proprio ufficio e cominciò a controllare il contenuto della scrivania, arrivando alla conclusione che era stato il lavoro di un professionista. Si trattava di piccole modifiche delle quali non si sarebbe normalmente accorto. Due pagine spostate nel bel mezzo di un calcolo, la chiave passe-partout degli uffici e del laboratorio non nella posizione giusta. Infine riuscì a trovare solo una delle due serie di chiavi di riserva della Mercedes.

«Hanno rovistato anche nella mia cassaforte», soggiunse la signora Gunter.

«C’è ancora la cassa con i soldi per le piccole spese?»

«Sì, ma il resto è stato buttato per aria, com’è successo con l’archivio. Tutto è stato spostato. A quanto pare cercavano qualcosa che non hanno trovato. All’infuori della fotocopia del tesserino. Perché hanno preso quella del sergente e non quella dell’ispettore?»

«Perché l’ispettore Grant era veramente della polizia e l’altro no. Il «soi-disant» Forsyth aveva tutte le caratteristiche di un uomo dei servizi segreti. Me ne sono accorto dal momento in cui sono entrati in ufficio», rispose Isaac Newton.

«Vede, signora Gunter, noi avevamo la sua fotografia, e questo non andava affatto bene, le pare? L’idiota si è servito di uno pseudonimo che i servizi segreti usano sempre.»

«Che cosa significa tutto questo, professore?»

«Talpe al loro sporco lavoro, signora Gunter, un lavoro molto sporco. E il bello è, temo, che siamo stati proprio noi a provocarli. Il tipo era talmente convinto che avessi ciò che voleva lui da indurlo a buttare all’aria l’ufficio. Gente brutale, signora Gunter.»

Isaac Newton si astenne dal soggiungere che il materiale cercato dagli importuni visitatori era in parte ben nascosto in qualche angolo remoto del magazzino di Scrooge, in parte custodito in un forziere della Barclays Bank e in parte presso il CERN a Ginevra dove veniva esaminato ed elaborato attraverso il computer.

«E il bello è anche», soggiunse Isaac Newton, «che adesso ho la coscienza pulita. Abbastanza pulita, voglio dire, per smuovere le acque. Senta, signora Gunter, vorrebbe prima di tutto telefonare e fissarmi un appuntamento con il rettore del Trinity College stamattina? Dica che è urgente. Poi dovrebbe telefonare all’ufficio del Primo Ministro. Ecco il numero. Chieda di Pingo Warwick.»

«Ha detto «Pingo»?»

«Esattamente, pi-i-enne-gi-o. Gli chieda un appuntamento, preferibilmente dopo mercoledì prossimo. Vorrei prima vedere come va a finire l’inchiesta del Coroner sulla morte di Mike Howarth.»

«Sì, professore, dopo mercoledì venturo.» La signora Gunter annuì con entusiasmo. «Il rettore del Trinity stamattina e il Primo Ministro dopo mercoledì prossimo.»

«A sentirla si direbbe che sta leggendo un elenco di giustiziandi, signora Gunter.»

L’orologio della torre di Edoardo Terzo stava battendo le dieci e tre quarti mentre Isaac Newton varcava il cancello principale del Trinity College per dirigersi verso l’angolo a nord-est della Great Square, dove si trova l’alloggio del rettore. A differenza dei rettori di quasi tutti gli altri College di Cambridge, il rettore del Trinity non viene eletto dai cattedratici del College, bensì nominato dalla Corona su proposta del Primo Ministro. Una consuetudine che impedisce al corpo insegnante di dividersi in varie fazioni in guerra per l’elezione di un nuovo rettore, cosa che altrove si verifica sin troppo spesso.

Il rettore in carica era un celebre romanziere e commediografo, un uomo robusto di media statura, sulla sessantina, con una zazzera di capelli bianchi e provvisto di una voce profonda, possente, sonora.

«Non me lo dica, non me lo dica, glielo leggo negli occhi. Lei porta brutte notizie. D’ora in poi la chiameremo Newton Brutte Notizie», furono le parole con le quali il rettore accolse Isaac Newton quando questi entrò nella vasta stanza al primo piano.

«Caffè, o riesce a sopportare lo sherry a quest’ora?»

«Caffè, per favore.»

Il rettore si spostò strascicando i piedi, come se camminasse con le pianelle, fino alla credenza sulla quale c’era una piastra elettrica. Stese la mano con aria indifferente per afferrare una caffettiera metallica lucida, finemente cesellata, ed emise un urlo.

«Argento!» tuonò. «A chi può essere venuto in mente di fabbricare una caffettiera d’argento? Il guaio di questo College consiste nel fatto che tutto, assolutamente tutto, è d’argento. Ho già mandato in giro squadre di ricerca per trovare dell’acciaio termoresistente, ma finora sono tornate sempre a mani vuote. Bene, Newton, mi dica il peggio. Si tratta di un omicidio o di un suicidio?»

«Probabilmente suicidio, ma altri penseranno all’omicidio. Per credere a un suicidio si devono investigare gli aspetti più oscuri della personalità umana. Per credere a un omicidio, invece, basta avere tra le mani del materiale da romanzo di spionaggio.»

«Ha detto «spionaggio»?»

«Ho usato quella parola di proposito, rettore. Ed è proprio per questo che vengo da lei.»

«No, gran Dio! Altre «spie» al Trinity College? «Aha», ci sono! Questa spia, Michael Howarth, è del Saint John, il College al di là del muro. E’ venuto al Trinity College cercando di trarre un utile dalla nostra reputazione.»

«Howarth è incappato per caso in un segreto custodito con estrema cura, una scoperta tecnologica nel campo delle trasmissioni radio effettuate con onde molto lunghe.»

«Perché questa scoperta dovrebbe essere così importante?»

«Perché consentirebbe ai satelliti di comunicare a vicenda via radio con onde assolutamente non individuabili da stazioni riceventi sulla Terra. Lei sa, probabilmente, che i militari di entrambe le superpotenze si propongono di arrivare alla guerra con i satelliti. Non occorre esser geni per capire che il dominio dello spazio sta per diventare ciò che era il dominio dell’aria nel passato.»

«Lei vuol dire che se una superpotenza eliminasse i satelliti dell’altra superpotenza, sarebbe come se avesse sterminato l’aviazione dell’avversario?»

«Sì», annuì Isaac Newton, sorseggiando il caffè. «Non occorre molta fantasia per mettere in piedi un’ipotesi, postulando un assassinio, voglio dire», spiegò.

«L’idea non mi piace affatto», rispose il rettore con voce tonante. «Ma continui. Sopporto le emozioni forti.»