«Se guardassimo la faccenda dal punto di vista di un giornalista che voglia sapere come stanno le cose, diciamo?»
«Sono quelli che temo di più.»
«Poco tempo dopo la scoperta fatta da Howarth, il Consiglio delle Ricerche ha revocato il contratto.»
«Come hanno fatto?»
«Per motivi giuridici. Si potrebbe dire che avevano delle frecce al proprio arco, ma la faccenda avrebbe potuto essere sistemata altrimenti.»
«Così, se lei fosse un giornalista arriverebbe alla conclusione che il Consiglio delle Ricerche ha tagliato il finanziamento per impedire a Howarth di immischiarsi ulteriormente in quel campo. Come potevano essere venuti a saperlo?»
«Hanno un mucchio di comitati — comitati che gli escono dalle orecchie — ai quali appartengono come membri ogni sorta di scienziati.»
«Così, qualcuno esperto nel ramo lo viene a sapere e si muove per bloccare l’iniziativa. Pare di vederli all’assalto nei corridoi del potere, non le pare?» brontolò il rettore con le palpebre abbassate come se stesse frugando lui stesso con lo sguardo i corridoi. «Mi par di sentire le loro voci mentre presentano una mozione», soggiunse.
«La fase successiva coinvolge anche me», continuò Isaac Newton. «Devo pregarla di considerare questa faccenda strettamente confidenziale, ma non molto tempo fa sono rimasto coinvolto io stesso in un’indagine per motivi di sicurezza, indagine per conto dell’ufficio del Primo Ministro. La cosa era ben nota al Foreign Office e indubbiamente anche ad altre persone. Così, quando sono ritornato a Cambridge e ho cominciato a discutere i vari aspetti della faccenda con Howarth, e specialmente quando ho preso le sue parti, questa mossa può essere stata considerata alla stregua di un segnale d’attacco. Un giornalista, per lo meno, la vedrebbe così.»
«Capisco. Così Howarth è stato eliminato, e per di più in una maniera che potrebbe metterla in… come vogliamo chiamarla?»
«Una luce particolare, potremmo dire, no?»
«Tutto questo è solo una supposizione o esistono prove concrete?»
«La polizia è in contatto con qualcuno, probabilmente l’M.I. 6, o quale che sia la sigla che lo nasconde di questi tempi. Non so quanto poi la polizia sia contenta di questa situazione.»
«Da che cosa lo deduce?»
«L’ufficio di Howarth è stato buttato per aria e anche il mio è stato perquisito.»
«Per trovare documenti?»
«Documenti, dischi, nastri registrati.»
«Hanno trovato quello che cercavano? Gradisce un altro po’ di caffè?»
«Sì, grazie. No, non hanno trovato niente.»
Il rettore si avvicinò di nuovo alla credenza su cui c’erano la piastra elettrica e la caffettiera d’argento. Lo fece di nuovo distrattamente e di nuovo si udì un urlo.
«Lei dovrebbe portare sempre guanti da forno», gli consigliò Isaac Newton.
«Mi interessa moltissimo», disse il rettore, di ritorno dalla credenza con due tazze di caffè, «ciò che stavamo dicendo del nostro giornalista immaginario. Che cos’altro ha in mente, Newton Brutte Notizie? Cose anche peggiori, immagino.»
«Howarth pensava che i segnali provenissero da una cometa che passava allora.»
«Ed è andato a raccontarlo in giro?»
«Sì, e ad alta voce.»
«Così qualcuno lo ha fatto fuori per impedirgli di continuare ad attirare l’attenzione di tutti su ciò che era in realtà un’operazione militare segretissima. E’ questa l’idea?»
«E’ quel che potrebbe immaginare il nostro giornalista.»
«OK, Brutte Notizie. Così, chi sarebbe allora l’assassino?»
«Un russo, un americano, un bulgaro, il sergente Forsyth dei servizi segreti britannici, un professore del College. A lei la scelta.»
«La pianti! Non sopporto che si menzioni il College. Provi solo a immaginare quello che dirà di noi la stampa!»
«Per me», continuò Isaac Newton, «tutte le organizzazioni spionistiche sono della stessa risma. E’ per questo che i loro agenti passano con tanta facilità all’avversario. La segretezza è il loro denominatore comune, la segretezza applicata non solo all’organizzazione di cui fanno parte, ma anche a quella dell’avversario.»
«Qui non la seguo, Brutte Notizie.»
«Beh, la CIA è capace di tutto per impedire che l’opinione pubblica americana venga a sapere qualcosa sul K.G.B., e il K.G.B. è capace di qualsiasi cosa pur di impedire che l’opinione pubblica russa venga a sapere qualcosa sulla CIA. Fanno tutti parte dello stesso sindacato. Mi creda, rettore, questa faccenda ha tutta l’aria di un’operazione dall’interno.»
«Come se non lo sapessi! Come se non lo sapessi! La stampa ci metterà in croce, con grande gaudio, senza dubbio, di un certo college nostro vicino che ha montato tutta questa faccenda a nostro danno e che pur riesce a conservare incontaminata la propria immagine. In pubblico, comunque, benché Dio solo sa che cosa succede all’interno del Saint John’s College!»
Il rettore del Trinity College cominciò a ringhiare come un animale messo alle strette. Isaac Newton si appoggiò contro lo schienale e continuò ad ascoltarlo per un po’. Poi, formulando un’altra ipotesi sempre sullo stesso argomento, disse:
«Ma come la mettiamo se invece Howarth aveva ragione? Come la mettiamo se i servizi segreti britannici stanno in realtà dando la caccia a un fantasma? Non sarebbe la prima volta, le pare?»
«Non riesco a sopportare questo discorso! Cambi argomento, per favore!»
«Effettivamente, rettore, sembra facile parlare di una scoperta tecnica.»
«Consistente in che cosa? In quei segnali a onde lunghe?»
«Esattamente. I giornali e l’opinione pubblica sono condizionati al punto da mandar giù senza fare troppe domande delle storie di apparecchiature segrete. Ma in realtà capita di rado che i militari vengano fuori con qualcosa di inatteso, ammesso che mai ci riescano. In tutti i casi a me noti si è sempre trattato di perfezionamenti applicati dai militari a un’idea già arcinota nei circoli scientifici, come la bomba atomica che è comparsa nel 1945, ma la cui possibilità di realizzazione era scontata per qualsiasi fisico nucleare già nel 1939. Ora, il solo fatto di produrre onde molto lunghe con attrezzature miniaturizzate e per di più con pochissima energia disponibile mi sembra una impresa assolutamente eccezionale. La produzione di onde molto lunghe richiede un mucchio di energia e attrezzature di notevoli dimensioni. Ci vuole qualcosa di grosso, come una cometa. Questo è il primo punto da tenere presente.»
«Qual è il secondo?»
«Se Howarth si è effettivamente suicidato, esiste una possibilità che ci consentirebbe di dimostrarlo. Avrebbe avuto bisogno di bloccare il tasto dell’organo con qualche sostanza che poi si è sciolta o dispersa nell’aria. Tracce di questa sostanza potrebbero esserci ancora sulla tastiera. Potremmo esaminare la tastiera.»
«Potremmo chiederlo all’organista», soggiunse il rettore, dirigendosi subito verso il telefono all’altro capo del grande soggiorno. Dopo un attimo ritornò da Isaac Newton.
«Il giovane Baker sarà qui tra un paio di minuti. Dice che non può fermarsi a lungo perché tra venti minuti ha una prova del coro. Intanto, però, potremmo fargli qualche domanda.»
Howard Baker, l’organista del College, era alto pressappoco come il rettore, sulla trentina e munito di una grande barba che non permetteva di distinguerne le fattezze neppure da vicino,
«Non credo che voi due vi conosciate. Baker non c’era quando lei era qui, Newton. Beve una tazza di caffè, Howard?»
«Grazie, ho giusto il tempo per ingollarne mezza tazzina.»
Il rettore andò di nuovo alla credenza. Questa volta badò ad afferrare il manico della caffettiera con una spessa presina. Questo per non far pensare ad Isaac Newton che l’urlo di prammatica fosse una messinscena.