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— Cristo! — Una strana domanda si agitava in Axxter: tutto quello che aveva tentato di fare era salvarsi l’osso del collo. E per quello era successo un tale macello… — E allora, cosa succederà adesso?

— Oh, emergerà qualche nuovo ordine. Alla fine. È così che vanno sempre le cose. Certo è che non saranno né l’Atroce Amalgama né la Folla Devastante a riprendere le redini del potere. Tra le loro fila c’è stata una defezione di massa e ognuno sta cercando di schierarsi al fianco di qualcun altro. Se ci riusciranno; un sacco di vecchi rancori stanno per essere placati a loro spese.

Probabilmente Cripplemaker ce l’avrebbe fatta, viscido serpente qual era. Ma ad Axxter non fregava niente della sorte del Generale. — Bene… qualunque cosa succeda, incasseremo un bel po’ di soldi, giusto? Adesso che ce l’ho fatta è ora di raccogliere. Quant’è la mia liquidazione?

Il sorriso di Brevis scomparve. Guardò Axxter tristemente. — Non c’è nessuna liquidazione, Ny.

Il suo battito si fermò. — Cosa vuoi dire?

— Niente pagamenti. Niente soldi, niente di niente. Questo è stato l’altro effetto della tua trasmissione. Ricordi? Quello che hai mostrato ha incriminato anche la Chiedi Ricevi. Adesso sono in bancarotta, finiti, kaputt. La validità delle loro informazioni era sempre stata considerata del tutto affidabile, così ora tutti le hanno fatto causa e hanno conti in sospeso con lei. Ma tanto non servirà a nulla, visto che sono già rovinati.

— Ma… e i miei soldi?

— Ny, tu hai ceduto i diritti alla Chiedi Ricevi. Te l’ho detto: hanno fatto bancarotta. I diritti che tu gli hai venduto adesso fanno parte di quei beni su cui gli avvoltoi stanno cercando di mettere gli artigli. Quando ce la faranno e se ce la faranno; ci vogliono un sacco di anni per sistemare un casino come questo… sarai fortunato se ci caverai abbastanza per comprarti un panino.

La parte più fredda e distaccata di sé ammirava quella rigorosa efficienza: per raccogliere i soldi per tornare indietro, aveva dovuto distruggere l’organizzazione che l’avrebbe pagato. Davvero meraviglioso. Perfetto nel suo genere.

Si alzò dalla sedia.

— Ehi! Dove stai andando?

Il frastuono dell’esterno lo travolse appena aprì la porta. — Sto andando a fare una passeggiata. Ci vediamo più tardi.

Nessuna risposta. Spinse di nuovo il campanello della porta di Ree, ma in risposta ebbe solo un altro silenzio. I settori orizzontali erano sempre immersi nel silenzio, così distanti dalle sommosse del verticale. Le cose erano sempre identiche sull’orizzontale.

— Non è qui, amico.

Axxter si girò e vide una donna alle sue spalle. Aveva i capelli scuri ed era piuttosto carina; non l’aveva mai vista prima. — Sai dov’è andata?

La donna sorrise. — Penso che se ne sia andata a star meglio, amico. Si è sposata.

— Oh! — Per qualche ragione, non si sarebbe mai aspettato una cosa simile.

— Ny… — La donna si appoggiò alla parete del corridoio e lo osservò. — Non sai chi è questa? Non sai chi sono?

La donna conosceva il suo nome. E poi la sua voce, dal tono basso e l’ironia di quelle parole. — Fellonia…?

Lei annuì. — Hai indovinato. Sono qui dentro, almeno. Questo è il corpo che tengo da queste parti.

— Non sapevo se ti avrei mai rivista…

— Ho fatto qualche domanda qui intorno e ho deciso di venire a trovarti; ho immaginato che saresti passato di qua. I tuoi vecchi vicini mi hanno indicato questo posto. Volevo solo vedere come stavi, dopo tutto quello che hai passato.

Axxter le sorrise. — Come mi trovi?

Lei fece spallucce. — Come prima, mi sembra. A proposito, Sai mi ha detto di salutarti. È ancora un po’ sottosopra, ma fondamentalmente sta bene.

— Ne sono davvero felice.

Fellonia puntò il dito verso la porta. — La tua ragazza ti ha lasciato?

Axxter annuì. — Penso che avesse già qualcun altro e abbia deciso di andare con lui quando ha capito che non avrei fatto i soldi.

— Be’… ho fatto qualche ricerca in giro per conto mio; era materiale pubblico. Tieni, dai un’occhiata. — Tirò fuori un foglio di carta piegato e glielo diede. — È un documento preso dal registro pubblico.

Egli si ritrovò a leggere la data del matrimonio di Ree. Gli ci volle un attimo per capire. — Oh! Ma è successo mentre io ero ancora là. Nella zona della sera.

— Esatto. Prima di sapere se ce l’avresti fatta, se saresti tornato indietro vivo o morto. Carino, no?

Accartocciò quel pezzo di carta e lo buttò via. Tutte le porte del corridoio erano chiuse, silenziose. — Immagino che sia logico. Lei è proprio quel tipo di persona.

— Dunque, non hai subito nessuna perdita, non è vero? — Fellonia si scostò dal muro. — Devo correre; ho un sacco di cose da fare. Abbi cura di te, d’accordo?

— Certo — La guardò allontanarsi, senza voltarsi a guardarlo.

Camminò, camminò, camminò, finché non ci fu più nessun luogo in cui andare. Fino a quando non fu di nuovo fuori. Sul verticale.

Fumo, fiamme e urla lontane provenivano dall’alto: ecco cosa lo circondava mentre attraversava la piccola uscita. La prima a cui era arrivato.

Le corde dei suoi stivali scattarono e si bloccarono alla superficie del muro non appena si trovò fuori. Dritto, perpendicolare alla pelle d’acciaio dell’edificio; piegò il capo per guardare il cielo e la barriera di nuvole al di sotto. Le sue mani sfiorarono la cintura, ma si ritrassero, lasciando che le corde di sicurezza che aveva in vita rimanessero nella loro piccola rete. Non ne aveva bisogno in quel momento.

Era in piedi sul muro, la vecchia paura e la nausea erano scomparse. Era in piedi e guardava verso il basso, oltre il territorio deserto e curvo del mondo verticale. Mentre respirava, un vento freddo e penetrante gli sferzava il viso, pungendogli la gola e i polmoni. Le nubi erano argentee e la loro luce lo accecava.

Allargò le braccia come se volesse abbracciare l’aria.

Gli ci era voluto molto per arrivare fino a lì, ma finalmente era a casa.

FINE