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Laura stava già lavorando alacremente al suo secondo romanzo, Shadrach. Impegnandosi dieci ore al giorno per sei giorni la settimana, lo terminò quello stesso luglio.

Un venerdì inviò una copia a Spencer Keene, a New York, e diede l’originale a Danny. Sarebbe stato il primo in assoluto a leggerlo. Uscì presto dall’ufficio e all’una di venerdì pomeriggio iniziò a leggere il romanzo, seduto nella sua poltrona del salotto. Andò a letto e dormì solo quattro ore, alle dieci di sabato mattina era nuovamente in poltrona e aveva già letto i due terzi del manoscritto. Non fece alcun commento, non una parola. «Prima devo terminarlo. Non sarebbe giusto nei tuoi confronti iniziare ad analizzare e a replicare finché non ho finito, finché non ho colto tutta l’essenza di questo lavoro; e non sarebbe giusto neppure nei miei confronti, perché se lo discutessimo ora andrebbe a finire che mi sveleresti prima o poi un punto cruciale della storia.»

Laura gli tenne gli occhi incollati addosso per cercare di scoprire un qualsiasi cenno di disapprovazione o di assenso, per vedere se reagiva in qualche modo alla storia, ma anche quando coglieva una reazione temeva che fosse negativa. Alle dieci e mezzo di sabato non resistette più e dovette uscire. Prese la macchina e andò a South Coast Plaza, bighellonò per qualche libreria, fece colazione molto presto, anche se non aveva fame, poi si diresse verso Westminster Mall, mangiò un gelato allo yogurt, poi andò all’Orange Mall, entrò in qualche negozio, comprò un bel pezzo di croccante e ne mangiò quasi la metà. «Shane», si disse, «torna a casa, altrimenti per l’ora di cena sarai diventata il doppio di Orson Welles.»

Mentre parcheggiava l’auto sotto la tettoia del condominio, si accorse che quella di Danny non c’era. Entrò in casa e lo chiamò ad alta voce, ma non ricevette alcuna risposta.

Il manoscritto di Shadrach era sul tavolo del tinello.

Guardò se c’era un biglietto. Nulla.

«Oh Cristo!»

Il libro era brutto. Faceva schifo. Era nauseante. Carta straccia. Povero Danny! Era sicuramente andato da qualche parte a bersi una birra per trovare il coraggio di dirle che avrebbe fatto meglio a imparare a fare l’idraulico mentre era ancora abbastanza giovane per lanciarsi in una nuova carriera.

Le venne da vomitare. Corse in bagno, ma la nausea passò. Si rinfrescò il viso con un po’ d’acqua fresca.

Il libro era orribile.

Okay, avrebbe dovuto accettarlo. Aveva pensato che Shadrach fosse un buon lavoro, di gran lunga migliore di Jericho Nights, ma evidentemente si era sbagliata. Ne avrebbe scritto un altro.

Andò in cucina e si stappò una birra. Aveva appena bevuto un paio di sorsi quando Danny rientrò con una confezione regalo, grossa come un pallone da calcio. L’appoggiò sul tavolo del tinello accanto al manoscritto, poi guardò Laura con aria solenne. «È per te.»

Ignorando completamente la scatola, Laura disse concitata: «Dimmi».

«Prima apri il tuo regalo.»

«Oh, Cristo, ma è così brutto? È così brutto che per addolcirmi la pillola mi hai comprato un regalo? Dimmi. Sono pronta. Anzi no, aspetta! Fammi sedere.» Prese una sedia e vi si lasciò cadere. «Forza, colpisci! Sopravviverò anche a questo.»

«Laura, sei un tantino melodrammatica!»

«Che cosa stai dicendo? Il libro è melodrammatico?»

«Non il libro, tu. Ma ora, per favore, vuoi smetterla di fare la giovane artista distrutta e deciderti ad aprire il tuo regalo?»

«Va bene, va bene. Se devo aprire il regalo prima che parli, allora aprirò questo stramaledettissimo regalo.»

Prese la scatola, che era alquanto pesante, e cominciò a disfare il pacco mentre Danny prendeva una sedia e andava a mettersi di fronte a lei, a osservarla.

La scatola proveniva da un negozio piuttosto costoso, ma Laura non era preparata al suo contenuto: un grande, splendido vaso di Lalique. Era trasparente con i manici, in parte dipinti di verde chiaro e in parte in cristallo smerigliato; ogni manico era formato da due rospi nell’atto di saltare.

Guardò Danny con gli occhi spalancati: «Danny, non ho mai visto niente di simile. È il pezzo più fantastico che abbia mai visto».

«Allora ti piace?»

«Buon Dio, ma quanto ti è costato?»

«Trecento.»

«Danny, ma non possiamo permettercelo!»

«Oh, sì che possiamo.»

«No, non possiamo, veramente non possiamo. Solo perché ho scritto un pessimo libro e vuoi che non mi deprima troppo…»

«Non hai scritto un pessimo libro. Hai scritto un libro che vale un rospo, anzi un libro da quattro rospi in una scala da uno a quattro. Noi possiamo permetterci questo vaso proprio perché hai scritto Shadrach. È bellissimo, Laura, infinitamente migliore dell’ultimo, ed è splendido proprio perché in quel libro hai messo tutta se stessa. Sei tu e risplende come te.»

In preda all’eccitazione gli gettò le braccia al collo e poco ci mancò che facesse cadere il vaso da trecento dollari.

6

Ora la strada era coperta da un sottile strato di neve fresca. Sulla jeep erano già montate le catene, perciò Stefan fu in grado di mantenere una velocità abbastanza sostenuta nonostante le condizioni della strada.

Ma non era sufficiente.

La taverna dove aveva rubato la jeep era a circa quindici chilometri dalla casa dei Packard, che era appena fuori della Statale 330, qualche chilometro a sud di Big Bear. Le strade di montagna erano strette, tortuose, piene di salite e la neve non gli consentiva una buona visibilità, perciò la sua velocità media era sui sessanta chilometri l’ora. Accelerare sarebbe stato rischioso. Non sarebbe stato di alcun aiuto a Laura, Danny e Chris se avesse perso il controllo della jeep e fosse piombato su un terrapieno trovandovi la morte. A quella velocità, però, sarebbe arrivato sul posto almeno dieci minuti dopo la loro partenza.

La sua prima intenzione era stata di farli aspettare a casa finché il pericolo non fosse passato, ma ormai non era più possibile.

Il cielo invernale sembrava essersi abbassato sotto il peso della bufera tanto da non superare le cime dei sempreverdi che costeggiavano in file serrate i lati della strada. Il vento agitò gli alberi e fece ondeggiare la jeep. La neve cominciò ad accumularsi sui tergicristalli del parabrezza e presto si ghiacciò. Dopo aver acceso lo sbrinatore, Stefan dovette protendersi sul volante per riuscire a vedere qualcosa. La bufera incombeva.

Controllò l’ora. Aveva meno di quindici minuti. Laura, Danny e Chris stavano per salire sulla Chevy Blazer. Forse stavano già uscendo dal vialetto di casa.

Avrebbe dovuto intercettarli sulla strada. Aveva solo una manciata di secondi di anticipo sulla Morte.

Premette leggermente il piede sull’acceleratore cercando di guadagnare terreno e stando bene attento a non perdere il controllo della jeep.

7

Il 15 agosto 1979, cinque settimane dopo il giorno in cui Danny le aveva regalato il vaso di Lalique, Laura era in cucina a scaldarsi una minestra in scatola per pranzo, quando ricevette una telefonata da Spencer Keene, l’agente letterario di New York.

«Alla Viking è piaciuto molto Shadrach e hanno offerto centomila.»

«Dollari?» chiese Laura.

«Ma certo, dollari», rispose Spencer. «Che cosa pensavi? Rubli? Che cosa potresti comprarti con quelli? Un cappello, forse.»