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La bufera si era trasformata in una vera e propria tormenta di neve. Il pomeriggio stava morendo; la luce si stava affievolendo e tutt’intorno il tetro, grigio giorno stava soccombendo all’oscurità fosforescente di una notte nevosa.

Con quel tempo pochi avrebbero viaggiato, ma Stefan era sicuro che di lì a poco sarebbe arrivato qualcuno. Non erano trascorsi più di dieci minuti da quando aveva fermato Laura a bordo della Blazer, ma anche su quella strada di montagna, sotto la tormenta, l’assenza di traffico non sarebbe durata a lungo. Doveva parlare con Laura e partire prima di rimanere intrappolato lì.

Accovacciandosi davanti a Laura e al bambino in lacrime, Stefan disse: «Laura, devo andare via di qui, ma tornerò presto, tra un paio di giorni…»

«Chi sei?» chiese Laura in tono rabbioso.

«Non c’è tempo per le spiegazioni, ora.»

«Voglio sapere, dannazione! Ho il diritto di sapere.»

«Sì, è un tuo diritto e ti spiegherò tutto fra qualche giorno. Ma ora dobbiamo subito decidere che cosa raccontare, come facemmo quel giorno nel negozio. Ricordi?»

«Vai all’inferno.»

Impassibile, Stefan proseguì: «È per il tuo bene, Laura. Non puoi raccontare alle autorità la verità perché ha dell’incredibile. Non trovi? Penseranno che ti sei inventata tutto. Soprattutto se dirai che me ne sono andato… Penseranno sicuramente che sei in qualche modo implicata nell’omicidio, oppure che sei pazza».

Lo guardò con aria ostile e rimase in silenzio. Non la biasimava per il suo stato d’animo. Forse desiderava persino che fosse morto, ma comprendeva anche quello. Le sole emozioni che suscitava in lui erano amore, pietà e profondo rispetto.

Stefan continuò: «Dirai loro che quando tu e Danny avete superato la curva e avete imboccato la salita, c’erano tre auto sulla strada: la jeep parcheggiata qui, addossata al terrapieno, la Pontiac sulla corsia sbagliata, proprio dove si trova adesso, e un’altra auto ferma sulla corsia in direzione nord. C’erano… quattro uomini, due di loro armati, che avevano tutta l’aria di aver costretto la jeep ad accostare. Voi siete arrivati proprio nel momento sbagliato. Questo è tutto. Minacciandovi con un fucile vi hanno obbligato ad accostare e vi hanno fatto scendere dalla macchina. A un certo punto hai sentito parlare di cocaina… stavano discutendo di droga e avevano l’aria di aver inseguito l’uomo nella jeep…»

«Trafficanti di droga qui?» replicò Laura sprezzante.

«Potrebbero esserci delle raffinerie qui intorno, una capanna nella foresta dove magari trattano il PCP. Ascolta, se la storia ha un senso qualsiasi la berranno. La storia vera non ha né capo né coda, perciò non contarci. Allora, dirai che dalla cima della collina a un certo punto sono spuntati i Robertson, di cui ovviamente non conosci il nome, a bordo del loro autocarro.

La strada era bloccata da tutte queste auto e quando l’autista ha frenato il veicolo ha cominciato a sbandare…»

«Hai un accento», disse Laura in preda alla collera, «leggero, ma… lo sento. Da dove vieni?»

«Ti spiegherò tutto fra qualche giorno», rispose Stefan spazientito, scrutando la strada in entrambe le direzioni. «Lo farò, ma ora devi promettermi che racconterai questa storia, arricchendola come puoi, ma non dirai la verità.»

«Non ho altra scelta. Non è vero?»

«No», rispose Stefan, sollevato che avesse compreso la sua posizione.

Laura si strinse a suo figlio e non disse più nulla.

Stefan aveva cominciato nuovamente ad accusare un forte dolore al piede semicongelato.

La sensazione di calore prodotta dal movimento era svanita e ora era scosso dai brividi. Le porse la cintura che aveva tolto a Kokoschka. «Infilala sotto la giacca. Non deve vederla nessuno. Quando arrivi a casa, nascondila da qualche parte.»

«Che cos’è?»

«Più tardi lo saprai. Cercherò di ritornare fra qualche ora. Ma ora promettimi che la nasconderai. Non essere curiosa. Non indossarla. E per l’amore del cielo non premere il pulsante giallo!»

«Perché no?»

«Perché tu non vorresti andare dove ti porterebbe.»

Lo fissò confusa. «Portarmi?»

«Ti spiegherò tutto. Ma non ora.»

«Perché non puoi portarla con te, qualunque cosa sia?»

«Due cinture su un corpo è anomalo, provocherebbe una sorta di rottura nel campo energetico e Dio solo sa dove potrei finire o in quali condizioni.»

«Non capisco. Di che cosa stai parlando?»

«Più tardi. Ma se per qualche ragione non fossi in grado di ritornare, faresti meglio a prendere delle precauzioni.»

«Che genere di precauzioni?»

«Armati. Stai all’erta. Non c’è ragione che vengano a cercarti se prendono me, ma non possiamo escluderlo. Giusto per darmi una lezione, per umiliarmi. Vivono per la vendetta. E se verranno a cercarti… saranno una squadra. Armati fino ai denti.»

«Ma chi diavolo sono toro?»

Senza rispondere, Stefan si alzò in piedi, trasalendo per il dolore al ginocchio destro. Indietreggiò e la guardò intensamente per l’ultima volta. Poi si voltò, lasciandola lì, nel freddo e nella neve, appoggiata contro la jeep crivellata di proiettili, con suo figlio terrorizzato e suo marito morto.

Si diresse lentamente verso il centro della strada, dove dal selciato innevato sembrava provenire più luce che dal cielo sovrastante. Laura lo chiamò. Ma Stefan la ignorò.

Nascose l’arma scarica sotto il cappotto. Infilò una mano nella camicia, cercò per un attimo e trovò il pulsante giallo sulla sua cintura del tempo. Esitò per un istante.

Avevano inviato Kokoschka per fermarlo. Ora stavano di certo aspettando ansiosamente all’istituto per conoscere l’esito. Al suo arrivo sarebbe stato arrestato. Probabilmente non avrebbe mai più avuto la possibilità di riprendere la Via del Lampo, per ritornare da lei, come le aveva promesso.

La tentazione di rimanere fu grande.

Se fosse rimasto, loro avrebbero mandato qualcun altro a ucciderlo e avrebbe trascorso il resto dei suoi giorni a fuggire mentre osservava il mondo cambiare così tragicamente che gli sarebbe stato impossibile sopportarlo. D’altro canto, se fosse tornato, c’era una minima possibilità che potesse ancora distruggere l’istituto. Il dottor Penlovski e gli altri erano ovviamente al corrente della sua ingerenza nel flusso naturale degli eventi nella vita di questa donna, ma forse non sapevano che aveva sistemato gli esplosivi nel solaio e nel seminterrato dell’istituto. In tal caso, se avesse avuto la possibilità di entrare nel suo ufficio anche solo per un momento avrebbe potuto azionare l’interruttore nascosto e far saltare l’edificio, con tutti i suoi archivi, ricacciandoli all’inferno a cui appartenevano. Più probabilmente avevano già trovato le cariche esplosive e le avevano rimosse. Ma finché rimaneva una qualsiasi possibilità che potesse porre fine per sempre al progetto e chiudere la Via del Lampo, era moralmente obbligato a tornare all’istituto, anche se ciò poteva significare che non avrebbe mai più rivisto Laura.

Mentre il giorno moriva, la bufera sembrava farsi più violenta. Sul versante della montagna sopra la strada, il vento sibilava fra gli enormi pini e i rami frusciavano con rumore sinistro, come se una creatura gigante dai mille piedi stesse scendendo precipitosamente giù dal pendio. I fiocchi di neve erano diventati piccoli pezzetti di ghiaccio che sembravano voler raschiare il mondo, levigandolo come la cartavetrata leviga il legno, finché alla fine non ci sarebbero più state cime e vallate, nulla, tranne una monotona pianura che si perdeva all’infinito.

Stefan premette il pulsante giallo tre volte in rapida successione, accendendo i segnali luminosi. Con rammarico e paura rientrò nel suo tempo.