Il televisore a diciassette pollici era saldamente avvitato a un tavolino con il piano in laminato tutto graffiato; anche le gambe posteriori del tavolo erano avvitate al pavimento. Chris si sedette in una delle due poltrone spaiate, accese la televisione e cominciò a girare la manopola alla ricerca di un cartone animato oppure di una vecchia commedia. La scelta cadde su Get Smart, ma rammentò che era «troppo stupido per essere divertente» e Laura si chiese quanti bambini della sua età sarebbero riusciti a formulare un tale giudizio.
Si sedette anche lei nell’altra poltrona. «Perché non ti fai una doccia?»
«Per poi rimettermi gli stessi vestiti?» chiese Chris in tono dubbioso.
«So che sembra una follia, ma prova. Ti garantisco che ti sentirai più pulito anche senza cambiarti.»
«Tanta fatica per poi indossare i vestiti tutti stropicciati?»
«Da quando in qua sei diventato tanto schizzinoso da sentirti disturbato da qualche piega?»
Chris sorrise, si alzò dalla poltrona e si diresse tutto impettito verso il bagno, con l’aria di un damerino disperato. «Il re e la regina rimarrebbero sconvolti nel vedermi così disordinato.»
«Gli metteremo i paraocchi quando verranno a trovarci», disse Laura.
Tornò dal bagno in meno di un minuto. «C’è un insetto morto nel bagno, credo che sia uno scarafaggio, ma non ne sono sicuro.»
«La specie ha importanza? Dovremo notificarlo ai parenti più stretti?» Chris rise. Dio, quanto amava sentirlo ridere! Il bambino chiese: «Che cosa devo fare… tirare l’acqua?»
«A meno che tu non voglia pescarlo, metterlo in una scatola di fiammiferi e seppellirlo nell’aiuola qui fuori…»
Rise di nuovo. «No. La sepoltura avverrà in mare.»
Mentre il bambino stava facendo la doccia, Get Smart terminò e cominciò un film, The Harlem Globetrotters on Gilligan’s Island. Laura non stava realmente guardando la televisione; la lasciò in sottofondo, ma c’erano dei limiti di sopportazione anche per una donna in fuga, perciò cambiò velocemente sull’undicesimo canale dove stavano trasmettendo Hour Magazine.
Fissò il suo Custode per un po’, ma il suo sonno innaturale la depresse. Dalla poltrona allungò il braccio un paio di volte per spostare le tende quanto bastava per dare un’occhiata al parcheggio, ma nessuno sulla faccia della terra poteva sapere dove si trovasse; non era in pericolo. Tornò a fissare lo schermo del televisore, finché non ne fu ipnotizzata. Il presentatore stava intervistando un giovane attore che parlava con tono monotono di sé, a volte in modo sconclusionato, e dopo un po’ cominciò a percepire solo vagamente che stava parlando di qualcosa che aveva a che fare con l’acqua, ma ormai stava scivolando nel sonno e quell’insistente richiamo all’acqua era allo stesso tempo ipnotizzante e noioso.
«Mamma?»
Laura sbattè gli occhi, si alzò e vide Chris sulla porta del bagno. Era appena uscito dalla doccia. I capelli grondavano e indossava solo gli slip. La vista di quel corpo infantile, magro, tutt’ossa, le strinse il cuore. Le parve così innocente e vulnerabile. Era così piccolo e fragile che si chiese come avrebbe mai potuto proteggerlo e ciò le procurò una fitta di angoscia.
«Mamma, sta parlando», disse Chris indicando l’uomo sul letto, «Non hai sentito? Sta parlando.»
«Acqua», stava dicendo in modo indistinto il suo Custode. «Acqua.»
Si accostò subito al letto e si chinò su di lui. Non era più in coma. Stava cercando di sedersi, ma non ne aveva la forza. Gli occhi blu erano aperti e nonostante fossero iniettati di sangue, si fissarono su di lei, penetranti e attenti.
«Ho sete», disse.
«Chris…»
Ma il bambino era già lì con un bicchiere d’acqua che aveva preso in bagno. Laura si sedette sul letto accanto al suo Custode, gli sollevò la testa, prese il bicchiere che Chris gli porgeva e lo aiutò a bere. Gli permise di bere solo a piccoli sorsi, perché non voleva che soffocasse. Aveva le labbra screpolate e la lingua era rivestita da una patina bianca. Bevve più di un terzo del bicchiere d’acqua, poi fece segno che ne aveva a sufficienza.
Gli fece appoggiare nuovamente la testa al cuscino, poi gli sentì la fronte. «Non scotta come prima.»
Girava la testa da una parte all’altra cercando di capire dove si trovasse. La sua voce suonò stridula quando chiese: «Dove siamo?»
«Al sicuro», gli rispose Laura.
«Nessun luogo… è sicuro.»
«Credo che abbiamo capito molte più cose di questa assurda situazione di quanto tu non creda», gli disse.
«Sì», disse Chris, sedendosi sul letto accanto alla madre. «Sappiamo che sei un viaggiatore del tempo!»
L’uomo guardò il bambino e azzardò un debole sorriso, poi trasalì per il dolore.
«Ho delle medicine», gli propose Laura. «Un analgesico.»
«No», disse il suo Custode. «Non ora. Più tardi, forse. Ancora un po’ d’acqua.»
Laura gli sollevò la testa e questa volta Stefan bevve gran parte di ciò che rimaneva nel bicchiere. Si ricordò della penicillina e gli mise una capsula tra i denti. Lui la inghiottì con gli ultimi due sorsi.
«Da che anno vieni?» domandò Chris, profondamente interessato, incurante delle gocce d’acqua che dai capelli bagnati gli colavano sul viso. «Da che anno?»
«Tesoro», gli disse Laura, «è molto debole e credo sia meglio non assillarlo con troppe domande, almeno per il momento.»
«Ma ci può dire almeno questo, mamma.» E rivolgendosi all’uomo gli domandò nuovamente: «Da che anno vieni?»
Fissò Chris, poi Laura e il suo sguardo era ancora terrorizzato.
«Da che anno vieni? Dal 2100? Dal 3000?»
Con la sua voce stridula, l’uomo rispose: «1944».
Quel piccolo sforzo doveva averlo stancato, perché le sue palpebre sembravano pesanti e la voce si era fatta più debole di prima. Laura fu certa che stesse scivolando nuovamente in uno stato delirante.
«Quando?» ripetè Chris, sconcertato dalla risposta che gli aveva dato.
«1944.»
«Impossibile», disse Chris.
«Berlino», disse l’uomo.
«Sta delirando», spiegò Laura rivolta a Chris.
La sua voce suonava indistinta ora che la stanchezza si era impadronita di lui, ma ciò che aveva detto era chiaro: «Berlino».
«Berlino?» ripetè Chris. «Vuoi dire… Berlino, Germania?»
Il sonno lo reclamò di nuovo a sé, ma questa volta non era quello innaturale del coma, bensì un sonno riposante, perché subito iniziò a russare debolmente, anche se un attimo prima di abbandonarsi, disse: «Germania nazista».
4
Alla televisione stavano trasmettendo One Life to Live, ma né Laura né Chris vi prestavano molta attenzione. Avevano avvicinato le poltrone al letto, così da poter osservare meglio l’uomo addormentato. Chris si era vestito e aveva i capelli quasi asciutti. Laura si sentiva sporca e moriva dalla voglia di farsi una doccia, ma non voleva lasciare il suo Custode neppure per un attimo, nel caso si fosse svegliato e avesse avuto la forza di parlare. Lei e il bambino comunicavano a bassa voce.
«Chris, mi è appena venuta in mente una cosa. Se quelle persone fossero veramente venute dal futuro, perché mai non si sarebbero portate delle armi al laser o qualche cosa di simile quando sono venuti a cercarci?»
«Perché non avrebbero voluto che tutti sapessero che venivano dal futuro», rispose Chris. «Avrebbero deciso di portare delle armi e di indossare dei vestiti che non fossero fuori luogo. Ma, mamma, ha detto che viene dal…»