Выбрать главу

Né i gamberetti al pepe né il pollo al limone riuscivano più a essere gustosi ora, e la bocca di Laura era così secca che il riso le si incollò al palato. Spinse da parte il cibo e sorseggiò la Coca.

«Ma se non hai mai lasciato le SS… quando sei andato all’università, quando hai cominciato ad essere coinvolto nella ricerca scientifica?»

«Oh, non ero all’istituto in qualità di ricercatore, non ho un’istruzione universitaria. Ma… per due anni ho ricevuto un insegnamento intensivo di inglese, durante il quale ho cercato di imparare a parlare con un buon accento americano. Dovevo partecipare a un progetto in cui centinaia di agenti segreti venivano infiltrati in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Ma non riuscii mai a eliminare completamente il mio accento, perciò non venni mai inviato all’estero; inoltre, poiché mio padre era stato uno dei primi sostenitori di Hitler, ritenevano che fossi una persona affidabile, perciò venni assegnato allo staff del Führer, dove mi vennero affidati compiti piuttosto delicati, solitamente facevo da trait d’union fra le fazioni in lotta all’interno del governo. Era una posizione eccellente, grazie alla quale riuscii a ottenere informazioni utili agli inglesi, con cui collaborai dal 1938 in poi.»

«Eri una spia?» domandò Chris sempre più eccitato.

«In un certo senso. Dovevo fare quel che potevo per indebolire il Reich, dovevo in qualche modo espiare il fatto di essere entrato a far parte volontariamente di quella follia. Poi, nell’autunno del 1943, quando Penlovski cominciò ad avere qualche successo con il tunnel del tempo, spedendo le cavie Dio solo sa dove e riportandole indietro, fui assegnato all’istituto come osservatore, come rappresentante personale del Führer. Ma non solo, ero lì in qualità di cavia, il primo essere umano a essere inviato nel futuro. Quando furono pronti a inviare un uomo nel futuro, non potevano certo rischiare la vita di Penlovski o Januskaya o di Helmut Volkaw o di Mitter o di Shenck o di qualcuno degli altri scienziati la cui perdita avrebbe recato un grave danno a tutto il progetto. Nessuno poteva dire con certezza se un uomo sarebbe tornato indietro, com’era successo nel caso degli animali, o se sarebbe tornato indietro sano e salvo.»

Chris annuì in tono solenne. «Il viaggio nel tempo sarebbe potuto essere doloroso o avrebbe potuto provocare squilibri mentali o qualcosa del genere. Chi poteva saperlo?»

Chi poteva effettivamente saperlo? si chiese Laura.

Stefan proseguì: «Volevano anche che la persona prescelta per la missione, chiunque fosse stata, fosse affidabile e in grado di mantenere il segreto. Io ero l’uomo ideale».

«Un ufficiale delle SS, una spia e il primo crononauta», esclamò Chris. «Che vita affascinante!»

«Possa Dio concederti una vita molto meno densa di avvenimenti», gli augurò Stefan Krieger. Poi guardò direttamente Laura con quegli occhi di un azzurro bellissimo, cristallino, in cui si leggeva tanta tristezza. «Laura… che cosa pensi ora del tuo Custode? Non è certo un angelo, ma un assistente di Hitler, un criminale delle SS.»

«Nessun criminale», disse Laura. «Tuo padre, l’epoca in cui sei vissuto e la tua società hanno tentato di fare di te un criminale, ma c’era una forza interiore che non sono riusciti a piegare. Non sei un criminale, Stefan Krieger. Mai. Non tu.»

«Ma neanche un angelo», riprese Stefan. «Ben lungi dall’essere un angelo, Laura. Alla mia morte, quando la colpa che segna la mia anima verrà letta da Colui che siede in giudizio, mi verrà assegnato il mio piccolo posto all’inferno.»

La pioggia che scrosciava sul tetto sembrava come il tempo che fuggiva via. Milioni e milioni di preziosi minuti, ore, giorni e anni che si riversavano nei condotti e nei canali di scolo, che scorrevano via, persi per sempre.

Dopo aver radunato i rimasugli di cibo e averli gettati nella pattumiera che si trovava dietro il motel, presero altre tre lattine di Coca dal distributore automatico, una per ciascuno. Laura si decise a questo punto a porre al suo Custode la domanda che avrebbe voluto rivolgergli fin dal momento in cui era uscito dal coma. «Perché? Perché hai dedicato la tua attenzione a me, alla mia vita, e perché hai voluto aiutarmi? Perché mi hai salvato la vita? Per l’amor del cielo, in che modo il mio destino si lega ai nazisti, ai viaggiatori del tempo, al destino del mondo?»

Stefan spiegò che in occasione del terzo viaggio nel futuro, aveva viaggiato nella California del 1984. Proprio la California perché durante i primi due viaggi (due settimane nel 1954 e altre due nel 1964) aveva avuto l’impressione che la California fosse il centro culturale e il maggiore centro scientifico della nazione più progredita sulla terra. Ormai non era più il solo a viaggiare attraverso il tunnel; altri quattro uomini iniziarono a fare i loro viaggi appena si ebbe la prova che non c’era pericolo. In occasione del terzo viaggio Stefan aveva continuato a scandagliare il futuro e aveva appreso dettagliatamente che cos’era successo nel mondo durante e dopo la guerra. Aveva appreso anche quali scoperte scientifiche avrebbe con tutta probabilità riportato nella Berlino del ’44 e che sarebbero servite a far vincere la guerra a Hitler. Non perché intendesse dare un contributo a quel piano, ma perché sperava di sabotarlo. Le sue ricerche consistevano nella lettura di giornali, nell’osservazione dei programmi televisivi e della società americana, cogliendo l’atmosfera degli ultimi anni del ventesimo secolo.

Si era coricato sul cuscino e ricordando quel terzo viaggio la sua voce non aveva i toni tristi che avevano accompagnato la descrizione della vita tremenda che aveva condotto fino al 1944. Stefan proseguì: «Non potete immaginare che cosa fu per me camminare per le strade di Los Angeles la prima volta. Se avessi viaggiato mille anni più in là nel futuro, invece di quaranta, non sarebbe stato più bello. Le automobili! Automobili ovunque, e tante di marca tedesca, che sembravano indicare che gli orrori della guerra erano in un certo senso stati perdonati. Significava che la nuova Germania era stata accettata, e ne fui commosso».

«Noi abbiamo una Mercedes,» disse Chris. «È una macchina bellissima, ma io preferisco la jeep.»

«Le automobili», riprese Stefan, «gli stili, i sorprendenti progressi in tutti i campi: orologi digitali, personal computer, videoregistratori per guardare dei film in casa propria! Cinque giorni dopo il mio arrivo continuavo a essere in preda a una violenta e piacevole emozione e ogni mattina andavo alla ricerca di nuove meraviglie. Il sesto giorno, mentre passavo accanto a una libreria, vidi una fila di persone che attendevano di avere le copie di un romanzo firmate dall’autore. Entrai a curiosare e anche per vedere che genere di libro fosse così popolare, per comprendere un po’ di più la società americana. E tu eri là, Laura, seduta a un tavolo su cui erano ammassate pile di copie del tuo terzo romanzo e del tuo primo grande successo, Ledges.»

Laura si sporse automaticamente in avanti ed esclamò: «Ledges? Ma non ho mai scritto un libro con quel titolo».

Chris, anche questa volta comprese al volo. «Quello era un libro che tu hai scritto in una vita che avresti vissuto se il signor Krieger non l’avesse manipolata.»

«Avevi ventinove anni quando ti vidi per la prima volta in quella libreria di Westwood», disse Stefan. «Eri su una sedia a rotelle, perché le gambe erano paralizzate, inutili. Anche il braccio sinistro era in parte paralizzato.»

«Storpia?» disse Chris. «La mamma era storpia?»