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Laura era finita sul bordo della sedia. Anche se quanto aveva detto il suo Custode poteva sembrare troppo fantastico per essere vero, lei sapeva che lo era. A un livello molto profondo, forse anche più primitivo dell’istinto, Laura percepì che l’immagine di sé in una carrozzella, le gambe paralizzate, inutilizzabili, era esatta. Forse ciò che percepì era la debole eco di un destino contrastato.

«Eri così dalla nascita», disse Stefan.

«Perché?»

«Lo appresi solo molto più tardi, dopo aver fatto molte ricerche nella tua vita. Il dottore Markwell, che si occupò del parto a Denver, Colorado, nel 1955, era alcolizzato. Comunque, il tuo parto era difficile…»

«Mia madre morì dandomi alla luce.»

«Sì, anche in quella realtà morì. Ma Markwell commise altri errori che ti procurarono una lesione alla colonna vertebrale che ti rese storpia per tutta la vita.»

Un brivido la percorse. Come per provare a se stessa che era veramente sfuggita alla vita che il destino le aveva originariamente riservato, si alzò e andò alla finestra, usando le gambe, le gambe sane, le gambe che, ringraziando il cielo, poteva usare.

A Chris, Stefan disse: «Quel giorno, quando la vidi seduta sulla sedia a rotelle, tua madre era splendida. Meravigliosa. Il volto, ovviamente, era lo stesso di ora. Ma non era solo il volto che la rendeva bellissima. Attorno a lei c’era un’aura di coraggio ed era di buonumore nonostante il suo handicap. Tutte le persone che andavano da lei per farsi firmare una copia di Ledges, andavano via non solo con un autografo, ma con un sorriso. Nonostante fosse condannata per tutta la vita su una sedia a rotelle, tua madre era serena. Rimasi a osservare da una certa distanza e fui affascinato e profondamente toccato, come non lo ero mai stato prima».

«Oh, lei è fantastica», disse Chris. «Nulla la spaventa.»

«Tutto spaventa tua madre», ribattè Laura. «Tutta questa conversazione folle sta spaventando a morte tua madre.»

«Ma tu non scappi mai di fronte a nulla, né ti nascondi», replicò Chris voltandosi a guardarla. Arrossì. «Forse hai paura, ma non ti comporti mai come se l’avessi.»

Laura aveva appreso fin dall’inizio che coloro che mostravano la propria paura erano considerati facili prede.

«Quel giorno acquistai una copia di Ledges», proseguì Stefan, «e lo portai nell’albergo in cui risiedevo. Lo lessi tutto durante la notte ed era così bello che in alcuni punti piansi… e anche divertente. Il giorno dopo comprai gli altri due libri, Silverlock e Fields of Night, che erano belli e commoventi come il libro che ti aveva reso famosa, Ledges.»

Era strano sentire commenti così favorevoli su libri che in questa vita non aveva mai scritto. Ma a Laura non interessava tanto conoscere la trama di quei romanzi, ma piuttosto la risposta a una domanda inquietante: «In questa vita ero destinata a vivere, ma nell’altro 1984… ero sposata?»

«No.»

«Ma ho incontrato Danny e…»

«No. Non hai mai incontrato Danny. Non ti sei mai sposata.»

«E io non sono mai venuto al mondo!» esclamò Chris.

Stefan disse: «Tutte queste cose sono accadute perché tornai a Denver, Colorado, nel 1955 e impedii al dottor Markwell di seguire il tuo parto. Il dottore che sostituì Markwell non riuscì a salvare tua madre, ma ti fece nascere sana. E da quel punto in poi ogni cosa nella tua vita cambiò. Era il tuo passato ciò che stavo cambiando, certo, ma era anche il mio futuro. E dobbiamo ringraziare Dio di quella particolarità del viaggio nel tempo, perché altrimenti non sarei mai stato in grado di risparmiarti una vita come paraplegica».

Il vento soffiò con violenza e un’altra raffica di pioggia si abbattè contro la finestra dietro la quale stava Laura.

Fu nuovamente tormentata dalla sensazione che la stanza in cui si trovava, la terra su cui era costruita e l’universo in cui girava fosse inconsistente come il fumo, soggetta a un’improvviso cambiamento.

«Da quel momento controllai la tua vita», proseguì Stefan. «Dal gennaio del 1944 a metà marzo, feci più di trenta viaggi segreti per vedere in che modo proseguiva la tua vita. Durante il quarto di quei viaggi, nel 1964, scoprii che eri già morta da un anno. Tu e tuo padre eravate stati uccisi da quel tossicomane che aveva rapinato il negozio. Perciò ritornai al 1963 e lo uccisi prima che lui potesse uccidere voi.»

«Tossicomane?» ripetè Chris, sconcertato.

«Ti racconterò tutto più tardi, tesoro.»

Stefan proseguì: «E fino a quella notte in cui Kokoschka si presentò su quella strada di montagna ero riuscito in modo abbastanza soddisfacente, almeno credo, a rendere la tua vita più semplice e migliore. La mia interferenza non ti privò tuttavia della tua arte, né scrivesti libri meno belli di quelli che avevi scritto nell’altra vita. Libri diversi, ma con la stessa carica interiore».

Laura si sentì le ginocchia deboli e tornò a sedersi in poltrona. «Ma perché? Perché hai voluto migliorare la mia vita?»

Stefan Krieger guardò Chris, poi si voltò verso Laura e infine chiuse gli occhi e parlò.

«Dopo averti vista su quella sedia a rotelle, mentre firmavi le copie di Ledges, e dopo aver letto i tuoi libri, mi innamorai di te… profondamente.»

Chris cominciò a dimenarsi nella poltrona, ovviamente imbarazzato nell’udire esternare quei sentimenti, soprattutto considerato che la persona in questione era sua madre.

«Il tuo animo era anche più bello del tuo volto», disse Stefan dolcemente, con gli occhi ancora chiusi. «M’innamorai del tuo grande coraggio, forse perché il vero coraggio era qualcosa che non avevo mai visto nel mio mondo di fanatici in uniforme. Commettevano atrocità in nome del popolo e le definivano coraggio. Erano disposti a morire per uno spregevole ideale totalitario e chiamavano coraggio ciò che in realtà non era che stupidità e follia. Mi innamorai della tua dignità perché in me non vi era né dignità né un rispetto simile a quello che vedevo risplendere in te. Mi innamorai della tua compassione, così viva nei tuoi libri, perché nel mio mondo ne avevo vista ben poca. Mi innamorai, Laura, e compresi che potevo fare per te ciò che tutti gli uomini farebbero per coloro che amano se avessero il potere di un dio: feci del mio meglio per risparmiarti la parte peggiore che il destino ti aveva riservato.»

Alla fine riaprì gli occhi.

Erano di un azzurro splendido. E tormentati.

Laura gli era immensamente grata. Non lo amava, certo, anche perché lo conosceva appena. Ma nel dichiarare la profondità del suo sentimento, una passione che lo aveva indotto a trasformare il suo destino e che lo aveva portato a solcare le vaste immensità del tempo per essere vicino a lei, io un certo senso Stefan aveva ricreato quell’aura magica nella quale Laura in passato lo aveva visto. Àncora una volta sembrava più prodigioso della vita stessa, un semidio, se non un dio, grazie a quell’altruismo che lo aveva portato a dedicarsi a lei.

Quella notte Chris divise il letto cigolante con Stefan Krieger. Laura cercò di dormire su una poltrona con le gambe appoggiate sull’altra.

La pioggia continuava a cadere con un ritmo incessante, monotono, che presto fece addormentare Chris. Laura poteva sentirne il respiro.

Rimase forse un’ora sdraiata nel buio, dopo di che sussurrò: «Dormi?»

«No», rispose prontamente Stefan.

«Danny», disse Laura. «Il mio Danny…»

«Sì?»

«Perché non…»

«Perché non ho fatto un secondo viaggio quella notte del 1988 e non ho soppresso Kokoschka prima che potesse uccidere Danny?»

«Sì. Perché non l’hai fatto?»