Jack il Ciccione aveva preso seriamente quel soprannome e si sforzava di esserne degno. Alto un metro e cinquantacinque, pesava circa un quintale e mezzo. Indossava una tuta immensa, che gli stava aderente quasi quanto un guanto.
Sedeva in una poltrona girevole, dietro una scrivania adatta alla sua mole e non si alzò. «Sentitele quelle bestioline.» E dicendo ciò si rivolse a Laura, ignorando Chris. «Ho sistemato il mio ufficio sul retro dell’edificio, e nonostante l’abbia fatto insonorizzare con materiali speciali, riesco ancora a udirli là fuori, che strillano e squittiscono. È come se fossi nell’anticamera dell’inferno.»
«Sono solo bambini che si stanno divertendo», disse Laura.
«E la signorina O’Leary era solo una vecchietta con una mucca maldestra, ma riuscì a bruciare completamente Chicago», replicò Jack il Ciccione in tono amareggiato. Stava mangiando una tavoletta di Mars. Da lontano, le voci dei bambini, isolate dai pannelli, si alzarono in un sordo boato e, come se stesse parlando a una moltitudine invisibile, il grasso uomo esclamò: «Ah, vi poteste strozzare, piccoli guastafeste».
«È un manicomio là fuori», disse Chris.
«Chi ti ha interpellato?»
«Nessuno, signore.»
Jack aveva un colorito rubizzo, con occhi grigi praticamente infossati nel volto rigonfio. Fissò lo sguardo su Laura e chiese: «Ha visto la mia nuova insegna?»
«Il clown è nuovo, non è vero?»
«Sì. Non è una bellezza? L’ho disegnato io, l’ho fatto fare e poi l’ho issato sul tetto nel cuore della notte, perciò la mattina dopo era troppo tardi perché qualcuno potesse emettere un ordine per fermarmi. Quei maledetti del consiglio comunale sono quasi schiattati, tutti insieme, in una volta sola.»
Jack il Ciccione era stato coinvolto in una battaglia legale durata dieci anni con il consiglio legale di zona di Anaheim e il consiglio municipale. Le autorità non approvavano le sue gigantesche insegne luminose, soprattutto ora che la zona attorno a Disneyland era stata inserita in un programma di rinnovamento urbano. Jack aveva speso decine se non centinaia di migliaia di dollari per difendere la propria causa nei tribunali, aveva pagato multe, era stato citato in giudizio e, a sua volta, aveva citato in giudizio, era stato persino in prigione per oltraggio alla corte. Fautore della dottrina del libero arbitrio, ora si proclamava anarchico e non avrebbe tollerato che i suoi diritti, reali e immaginari, di libero pensatore venissero usurpati.
Trattava armi illegali per la stessa ragione per la quale aveva innalzato le insegne al neon che violavano i regolamenti della città: come dichiarazione di forza contro l’autorità, a difesa dei diritti individuali. Avrebbe potuto parlare per ore dell’immoralità dei governi, di qualsiasi tipo di governo, a qualsiasi livello e, in occasione dell’ultima visita, Laura aveva ascoltato una lunghissima spiegazione del perché il governo non avesse neppure il diritto di far passare le leggi che proibivano l’omicidio.
Laura aveva poca simpatia per i grandi governi, sia di sinistra sia di destra, ma nutriva altrettanta poca simpatia per Jack il Ciccione. Non riconosceva la legittimità di alcun tipo di autorità, né quella delle istituzioni, né tanto meno quella della famiglia.
Laura gli diede la nuova lista degli acquisti, Jack controllò, contò il denaro, dopodiché condusse lei e Chris attraverso la porta nascosta dietro l’armadio dell’ufficio, giù per una stretta scala, che portava nello scantinato dove teneva l’arsenale illegale. Anche se il ristorante era una gabbia di matti, il magazzino di armi era tenuto con una cura feticistica: scatole su scatole di pistole e armi automatiche erano ammassate su scaffali di metallo e sistemate a seconda del calibro e del prezzo; nel seminterrato della pizzeria nascondeva all’incirca un migliaio di armi.
Laura ottenne i due Uzi modificati — «Un’arma incredibilmente popolare da quando hanno attentato alla vita di Reagan» — commentò Jack il Ciccione e un’altra calibro 38 Chief’s Special. Stefan aveva sperato di poter avere una Colt Commander 9 millimetri Parabellum con un caricatore a nove colpi e la canna adattabile a un silenziatore. «Non ce l’ho», disse Jack il Ciccione, «ma posso darvi una Colt Commander Mark IV calibro 38 Super, che ha un caricatore a nove colpi e ne ho due di quelle adattabili per i silenziatori. Ho anche i silenziatori, ne ho un sacco.» Laura sapeva già che non era in grado di fornirle le munizioni, ma mentre finiva il suo Mars, Jack il Ciccione lo spiegò di nuovo: «Non tengo le munizioni né gli esplosivi. Vede, io non credo nell’autorità, ma non sono totalmente irresponsabile. Ho un ristorante pieno di bambini urlanti e moccolosi là sopra e non posso rischiare di farli a pezzi, anche se questo porterebbe molta più tranquillità nel mondo. Per giunta, distruggerei tutte le mie bellissime insegne al neon».
«D’accordo», concluse Laura mettendo un braccio sulle spalle di Chris per tenerlo accanto a sé, «che cosa mi dite del gas?»
«Sicura che non si tratti di gas lacrimogeno?»
«No. Vexxon. Questa è la merce che mi serve.» Stefan le aveva dato il nome del gas. Disse che era una delle armi chimiche che si trovava sulla lista di oggetti che l’istituto sperava di riportare nel 1944 e introdurre nell’arsenale militare tedesco. Ora, forse, poteva essere usato contro i nazisti. «Abbiamo bisogno di qualcosa che uccida in fretta.»
Jack il Ciccione si appoggiò contro il tavolo di metallo al centro della stanza e dove aveva riposto gli Uzi, i revolver, la pistola e i silenziatori. Il tavolo scricchiolò sinistramente. «Be’, ciò di cui stiamo parlando è roba in dotazione all’esercito, su cui vige uno stretto controllo.»
«Può procurarselo?»
«Oh, certo. Vi posso procurare del Vexxon», disse Jack il Ciccione. Si allontanò dal tavolo, che scricchiolò di sollievo per essersi liberato di quel peso, e si diresse verso degli scaffali di metallo da cui estrasse un paio di tavolette di cioccolato, nascoste fra le scatole di fucili: una scorta segreta. Si guardò bene dall’offrirne una a Chris, ripose la seconda tavoletta nella tasca dei pantaloni e cominciò a mangiare l’altra. «Non tengo quel genere di porcherie qui. È roba pericolosa, come gli esplosivi. Ma posso procurarvela per domani, nel tardo pomeriggio, se per voi va bene.»
«Va benissimo.»
«Vi costerà.»
«Lo so.»
Jack il Ciccione sogghignò. «Non ho molta richiesta per questo genere di mercanzia, perlomeno non da tipi come lei, piccoli acquirenti. M’incuriosisce cercare di immaginare che cosa ne farà. Non che mi aspetti che me lo dica. Ma di solito sono grossi acquirenti del Sud America o del Medio Oriente a richiedere questi gas che agiscono sul sistema nervoso e sull’apparato respiratorio. L’Iraq e l’Iran ne hanno usato tantissimo in questi ultimi anni.»
«Che differenza c’è fra i due?»
«Quello che agisce sull’apparato respiratorio devono inalarlo. Uccide nel giro di qualche secondo quando entra nel flusso sanguigno. Quando lo si libera è necessario indossare una maschera antigas. Il vostro invece, quello che colpisce il sistema nervoso, uccide anche più in fretta, semplicemente a contatto con la pelle, e alcuni tipi, come il Vexxon, non richiedono neanche una maschera antigas né un abbigliamento di protezione, perché si possono prendere un paio di pastiglie, qualche ora prima di usarlo, che agiranno come antidoto.»
«Infatti, ho bisogno anche delle pastiglie», disse Laura.
«Vexxon. Il gas più facile da usarsi. Lei è un’acquirente veramente intelligente», disse Jack il Ciccione.
Aveva già finito la tavoletta di cioccolato e sembrava essere ingrassato notevolmente da quando Laura e Chris erano entrati nell’ufficio, circa mezz’ora prima. Laura pensò che l’anarchia politica di Jack il Ciccione fosse riflessa non solo nell’atmosfera del locale, ma anche nel suo fisico, dove il grasso traboccava libero da considerazioni sociali o mediche. Sembrava che essere così enorme gli procurasse gioia; si dava molto spesso colpetti sulla pancia, oppure afferrava i rotoli di grasso attorno ai fianchi e se li massaggiava quasi con affetto, camminava con un’arroganza bellicosa, respingendo il mondo con la pancia. Laura immaginò di vedere Jack diventare ancora più grasso, aumentare fino a superare i centottanta chili, oltre i duecento chili, proprio come le strutture al neon selvaggiamente issate sul tetto diventavano sempre più elaborate, finché un giorno il tetto sarebbe crollato e Jack il Ciccione sarebbe esploso.