11
A tre isolati dalla chiesa, Erich Klietmann accostò al marciapiede e parcheggiò la Toyota bianca in una strada laterale di Palm Canyon Drive, nel centro commerciale di Palm Springs. Molte persone affollavano i marciapiedi, intente a guardare le vetrine. Fra la folla Klietmann scorse delle ragazze che indossavano pantaloncini corti e magliette succinte, abbigliamento che giudicò non solo scandaloso ma imbarazzante. Quelle donne esibivano i corpi con una disinvoltura ignota nella sua epoca. Sotto il pugno di ferro del partito nazionalsocialista del Führer, un simile comportamento vergognoso non sarebbe stato ammesso. Con il trionfo di Hitler il mondo sarebbe stato diverso, la moralità sarebbe stata fatta rispettare con estremo rigore, e queste ragazze che ora mostravano impunemente le gambe si sarebbero coperte per non correre il rischio di essere arrestate e mandate in un campo di rieducazione. Mentre guardava quelle natiche ondeggiare sotto gli stretti calzoncini, mentre osservava quei seni liberi sotto il leggero tessuto delle magliette, ciò che più disturbava Klietmann era il fatto che desiderava disperatamente ognuna di quelle ragazze, anche se erano il simbolo di quella parte deviante dell’umanità che Hitler avrebbe abolito.
Accanto a lui, il caporale Rudy von Manstein aveva aperto la cartina di Palm Springs fornita dal gruppo di ricercatori che aveva individuato la donna e il bambino. «Dove facciamo il colpo?» domandò.
Dalla tasca interna della giacca Klietmann estrasse il foglio ripiegato che il dottor Juttner gli aveva consegnato nel laboratorio. Lo aprì e lesse ad alta voce: «Sulla Statale 111, circa una decina di chilometri a nord della città di Palm Springs, la donna verrà arrestata da un ufficiale della polizia stradale alle undici e venti di venerdì mattina, 27 gennaio. Sarà al volante di una Buick nera. Il bambino che è con lei verrà preso in custodia. Apparentemente Krieger è con loro, ma non ne siamo sicuri, apparentemente sfuggirà all’ufficiale di polizia, ma non sappiamo come».
Von Manstein aveva già segnato sulla cartina una strada che li avrebbe portati fuori da Palm Springs e immessi sulla Statale 111.
«Abbiamo trentun minuti», li avvertì Klietmann dando un’occhiata all’orologio sul cruscotto.
«Ce la faremo tranquillamente», disse von Manstein. «Quindici minuti al massimo.»
«Se arriviamo in anticipo», osservò Klietmann, «potremo uccidere Krieger prima che sfugga all’ufficiale della pattuglia. In ogni caso dobbiamo arrivare sul posto prima che la donna e il bambino vengano presi in custodia, perché altrimenti sarà molto più difficile raggiungerli una volta rinchiusi in prigione.» Si voltò a guardare Bracher e Hubatsch sul sedile posteriore. «È chiaro?»
Entrambi annuirono, ma poi Hubatsch, toccandosi il taschino della giacca, domandò: «Signore, e questi occhiali da sole?»
«Che cosa c’entrano?» chiese Klietmann spazientito.
«Dobbiamo metterli adesso? Serviranno a confonderci con i locali? Ho studiato attentamente le persone in strada e nonostante molte di loro portino gli occhiali scuri, almeno altrettanti non li portano.»
Klietmann guardò i passanti, cercando di non essere distratto da quelle donne seminude, e si rese conto che Hubatsch aveva ragione. Ma non fu la sola cosa che notò, si accorse che nessuno degli uomini che vedeva indossava abiti simili ai loro. Forse, a quell’ora i giovani dirigenti stavano lavorando negli uffici. Qualunque fosse la ragione per cui nessuno indossava abiti scuri e scarpe nere, Klietmann si sentì a disagio, anche se lui e i suoi uomini erano nell’auto. Visto che molte delle persone portavano gli occhiali da sole, decise di metterseli.
Quando il tenente si inforcò i Ray-Ban, von Manstein, Bracher e Hubatsch lo imitarono.
«Bene», disse Klietmann. «Andiamo.»
Ma non ebbe neppure il tempo di togliere il freno a mano e di inserire la marcia, perché qualcuno bussò sul finestrino. Era un ufficiale di polizia di Palm Springs.
12
Laura ebbe la sensazione che, in un modo o nell’altro, le loro peripezie sarebbero presto giunte al termine. Sarebbero riusciti a distruggere l’istituto, forse sarebbero morti in quel tentativo, ma ormai era arrivata al punto in cui porre termine alla paura era ciò che più desiderava indipendentemente da come ci sarebbe arrivata.
Venerdì mattina, 27 gennaio, Stefan accusava ancora un indolenzimento del muscolo della spalla, ma non era un dolore acuto. La mano e il braccio non erano intorpiditi e ciò significava che la pallottola non aveva danneggiato alcun tendine. Esercitandosi ogni giorno con cautela il braccio e la spalla avevano riacquistato abbastanza forza, per dargli la sicurezza che sarebbe stato in grado di mettere in atto il suo piano. Ma Laura si accorse che Stefan pensava con una certa preoccupazione alla missione che lo attendeva.
Indossò la cintura di Kokoschka, che Laura aveva preso dalla sua cassaforte la notte in cui Stefan si era presentato ferito davanti alla sua porta. I timori non svanirono, ma nel momento in cui indossò la cintura, all’ansia subentrò una ferrea determinazione.
Alle dieci erano riuniti tutti e tre in cucina, dove presero le due pillole che li avrebbero protetti dagli effetti del gas nervino, il Vexxon. E bevvero una bevanda all’arancia contenente vitamina C.
In macchina erano stati caricati tre Uzi, uno dei revolver calibro 38, la Colt Commander Mark IV munita di silenziatore e uno zainetto di nylon pieno di libri.
Le due bombolette di Vexxon erano rimaste nel bagagliaio della Buick. Dopo aver letto attentamente i foglietti esplicativi contenuti nei sacchetti di plastica blu attaccati ai contenitori, Stefan aveva deciso che avrebbe utilizzato solo una bomboletta. Il Vexxon era un gas studiato principalmente per essere usato in ambienti chiusi, per uccidere il nemico in baracche, nascondigli e bunker costruiti sotto terra, piuttosto che contro truppe in campo aperto. Nell’aria il gas si disperdeva molto rapidamente, e sotto i raggi del sole i suoi effetti risultavano notevolmente ridotti. Tuttavia, una volta aperta completamente, una singola bomboletta poteva contaminare un edificio in pochissimi minuti e questo era sufficiente per i suoi scopi.
Alle dieci e trentacinque salirono in macchina e lasciarono la casa dei Gaines, in direzione della Statale 111 che attraversava il deserto, a nord di Palm Springs. Laura si assicurò che Chris avesse allacciato la cintura di sicurezza e il bambino disse: «Vedi, se invece di questa carretta avessimo avuto una macchina del tempo, avremmo comodamente viaggiato fino al 1944».
Due giorni prima avevano fatto una ricognizione notturna in pieno deserto per trovare un punto adatto alla partenza di Stefan. Dovevano sapere in anticipo l’esatta collocazione geografica per poter effettuare calcoli che avrebbero consentito a Stefan di ritornare nel punto esatto da cui era partito, dopo aver terminato la sua missione nel 1944.
Stefan intendeva aprire la valvola sulla bomboletta di Vexxon prima di premere il pulsante sulla cintura, così che il gas nervino potesse disperdersi in modo uniforme mentre attraverso il tunnel tornava all’istituto, uccidendo tutti quelli che si trovavano nel laboratorio nell’anno 1944. Era inevitabile, però, che una certa quantità di gas si disperdesse nel punto di partenza e quindi era più prudente eseguire quell’operazione in un luogo isolato. Davanti alla casa dei Gaines c’era una strada, ma si trovava a meno di duecento metri e perciò entro il raggio di azione del Vexxon e loro non volevano che qualche innocente rimanesse ucciso.
Inoltre, anche se l’effetto nocivo del gas si presumeva non durasse più di quaranta, sessanta minuti, Laura era preoccupata che il residuo potesse avere effetti dannosi a distanza di tempo. Non intendeva mettere in pericolo Thelma e Jason.