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La giornata era limpida, il cielo azzurro e sereno.

Avevano percorso solo qualche chilometro e stavano per discendere in un avvallamento dove la strada era fiancheggiata da enormi palme da dattero, quando Laura ebbe l’impressione di vedere una strana pulsazione di luce nello squarcio di cielo che s’intravedeva nello specchietto retrovisore. Come poteva esserci un lampo in un cielo limpido e luminoso come quello? L’unica cosa a cui assomigliava era proprio quello che aveva pensato di aver visto, cioè una strana, breve pulsazione di luce.

Laura frenò immediatamente, ma la Buick era già in fondo all’avvallamento e non riuscì più a vedere il cielo nello specchietto retrovisore, solo la collina dietro di loro. Le sembrò anche di udire un brontolio, come di un tuono lontano, ma non poté esserne certa a causa del rumore dell’aria condizionata nell’auto. Accostò rapidamente al bordo della strada.

«Che cosa c’è?» chiese Chris, mentre Laura fermava l’auto, spalancava la portiera e si precipitava fuori.

Stefan a sua volta aprì la portiera e uscì. «Laura?»

Si mise a scrutare il tratto di cielo che riusciva a vedere dal fondo dell’avvallamento, schermandosi gli occhi con una mano. «Hai sentito, Stefan?»

In quella giornata calda, asciutta, un rombo in lontananza si spense lentamente.

Stefan disse: «Potrebbe essere un aereo».

«No. L’ultima volta che ho pensato che fosse un aereo, erano loro.»

Nel cielo balenò nuovamente una luce, un’ultima volta. Laura non vide il lampo in sé, ma solo il suo riflesso nell’alta atmosfera, una debole onda di luce serpeggiare nella volta azzurra.

«Sono qui», disse Laura.

«Sì», concordò Stefan.

«In qualche punto, su questa strada, qualcuno ci fermerà, forse un poliziotto o forse un incidente, perciò ci sarà una registrazione pubblica dopodiché loro arriveranno. Stefan, dobbiamo tornare indietro, a casa.»

«Non servirà a nulla», replicò Stefan.

Chris nel frattempo era sceso dalla macchina. «Ha ragione, mamma. Quello che faremo non ha importanza. Questi viaggiatori del tempo sono venuti qui perché hanno già spulciato nel futuro e sanno già dove potranno trovarci, forse a mezz’ora da qui, forse a dieci minuti. Non cambierà nulla sia che torniamo a casa sia che andiamo avanti; ci hanno già visti da qualche parte, forse hanno visto che siamo tornati a casa. Vedi, per quanto ci sforziamo di cambiare i nostri piani, è inevitabile, le nostre strade si incroceranno.»

Il destino.

«Merda!» sbottò Laura, sferrando un calcio alla macchina, un gesto inutile che non servì ad alleviare la sua collera. «Odio tutto questo. Come puoi sperare di farla franca contro dei fottutissimi viaggiatori del tempo? È come giocare a rimpiattino con Dio.»

Non ci furono più lampi.

Laura proseguì: «Ma a pensarci bene, la vita stessa è come giocare a rimpiattino con Dio, non è così? Perciò questo non sarà certo peggio. Sali in macchina, Chris, andiamo avanti».

Attraversarono i sobborghi principali della cittadina turistica. I nervi di Laura erano tesi come corde di violino. Scrutava spasmodicamente in ogni direzione, anche se sapeva che tutto sarebbe accaduto quando meno se l’aspettava.

Senza incidenti, imboccarono l’ultimo tratto del Palm Canyon Drive, dopodiché la Statale 111. Davanti a loro venti chilometri di totale deserto prima che la Statale 111 incrociasse la Superstrada 10.

13

Nella speranza di evitare la catastrofe, il tenente Klietmann abbassò il finestrino e sorrise al poliziotto di Palm Springs che aveva attirato la sua attenzione bussando sul vetro e che ora si era chinato e lo stava scrutando attentamente. «Che cosa succede, agente?»

«Non ha visto la striscia rossa quando ha parcheggiato?»

«Striscia rossa?» ripetè Klietmann, sorridendo e chiedendosi di che diavolo stesse parlando.

«Bene, signore», proseguì l’agente in tono ironico, «vuole farmi credere che non ha visto la striscia rossa?»

«Sì, signore. Certo che l’ho vista.»

«Ero certo che lei non mi avrebbe mentito», disse l’agente come se conoscesse Klietmann e lo reputasse una persona onesta, fatto che sbalordì il tenente. «Perciò, signore, se ha visto la striscia rossa, perché ha parcheggiato qui?»

«Oh, capisco», disse Klietmann, «è vietato parcheggiare dove ci sono le strisce rosse. Sì, certo.»

L’agente lo guardò perplesso, poi osservò gli altri passeggeri, von Manstein, Bracher e Hubatsch, sorrise e fece un cenno di saluto.

Klietmann non ebbe bisogno di guardare i suoi uomini per sapere che erano all’altezza della situazione. Nell’auto l’aria era carica di tensione.

L’agente si rivolse nuovamente a Klietmann e, abbozzando un sorriso, chiese: «Sbaglio, o siete quattro pastori?»

«Pastori?» ripetè Klietmann sconcertato da quella domanda.

«Sapete, ho una mente abbastanza intuitiva», spiegò il poliziotto, sempre sorridendo, «non sono Sherlock Holmes, ma ho notato gli adesivi sul paraurti: ‘Amo Gesù’ e ‘Cristo è risorto’; e poi in città c’è un raduno di pastori della Chiesa Battista e inoltre i vostri abiti scuri…»

Questa era la ragione per cui era stato così sicuro che Klietmann non avrebbe mentito: pensava che fossero pastori della Chiesa Battista.

«Proprio così», replicò Klietmann prontamente. «Siamo qui per il raduno, agente. Sono desolato per aver commesso un’infrazione, ma al mio paese non abbiamo strisce rosse. Ora se…»

«Oh! E da dove venite?» chiese l’agente, non con sospetto ma per mostrarsi amichevole.

Klietmann conosceva abbastanza gli Stati Uniti ma non tanto da sostenere una conversazione di quel genere. Pensò che i battisti fossero del sud, ma non era sicuro se ve ne fossero in altre parti del paese, perciò scelse uno stato del sud e disse: «Vengo dalla Georgia» prima di rendersi conto di quanto fosse inverosimile un’affermazione di quel genere, soprattutto pronunciata con quel forte accento tedesco.

Il sorriso sul volto del poliziotto sparì. Rivolgendosi a von Manstein, chiese: «E lei, signore?»

Con un accento ancora più marcato, von Manstein rispose: «Georgia».

Sul sedile posteriore, ancora prima che gli venisse rivolta la domanda, Hubatsch e Bracher dissero all’unisono: «Georgia. Veniamo dalla Georgia», come se quella parola fosse magica e potesse stregare il poliziotto il quale guardò con aria seria Erich Klietmann e gli disse: «Signore, le dispiacerebbe scendere un attimo?»

«Certo, agente», replicò Klietmann e aprendo la portiera vide che il poliziotto aveva fatto qualche passo indietro e aveva posato la mano destra sul calcio del revolver. «Ma faremo tardi per la funzione…»

Sul sedile posteriore Hubatsch aprì con un colpo secco la sua ventiquattr’ore ed estrasse l’Uzi con la stessa velocità con cui avrebbe agito una guardia del corpo del presidente. Non abbassò il finestrino, ma puntò direttamente la canna contro il vetro e aprì il fuoco sull’agente, non lasciandogli neppure il tempo di estrarre il revolver. Il vetro esplose sotto la scarica di proiettili. Colpito da almeno venti pallottole a distanza ravvicinata, l’agente fu scagliato all’indietro, in mezzo alla strada. Un’auto frenò bruscamente per evitare il corpo e dall’altra parte della strada le vetrine di un negozio di abbigliamento andarono in frantumi.

Con il freddo distacco e la determinazione che rendevano Klietmann orgoglioso di far parte delle Schutzstaffel, Martin Bracher saltò giù dalla macchina e fece partire una sventagliata di mitra, per aumentare il panico e avere maggiori possibilità di fuga. Andarono in frantumi non solo le vetrine dei negozi che si trovavano sulla stradina laterale in fondo alla quale avevano parcheggiato, ma anche quelle delle botteghe che si trovavano all’incrocio sul lato est di Palm Canyon Drive. La gente urlava, si gettava a terra oppure cercava precipitosamente rifugio dietro le porte. Klietmann vide che alcune auto di passaggio venivano colpite da quella pioggia di proiettili e forse alcuni degli autisti rimasero colpiti o forse furono presi semplicemente dal panico, perché le auto cominciarono a zigzagare da una corsia all’altra. Una Mercedes marrone chiaro si scontrò con un furgoncino facendolo rovesciare su un fianco, mentre un’auto sportiva rossa finì sul marciapiede e, sfiorando il tronco di una palma, andò a schiantarsi contro la vetrina di un negozio di articoli da regalo.