19
Stefan espresse la propria gratitudine al primo ministro e stava per congedarsi quando Churchill, indicando i libri sul tavolo, gli disse: «Non vorrei che lei dimenticasse questi. Se li lasciasse qui… potrei avere la tentazione di plagiare me stesso!»
«È ammirevole da parte sua», replicò Stefan, «che non mi abbia chiesto di lasciarli qui, proprio a questo scopo.»
«Sciocchezze.» Churchill posò il sigaro su un portacenere e si alzò. «Se avessi quei libri con me, tutti scritti, non sarei soddisfatto di farli pubblicare così come sono. Troverei sicuramente qualcosa che deve essere rivisto e finirei per trascorrere gli anni successivi alla fine della guerra a rimaneggiarli di continuo, per scoprire, alla fine, dopo averli completati e fatti pubblicare, che ho distrutto gli elementi essenziali che nel vostro futuro li hanno resi dei classici.»
Stefan rise.
«Dico sul serio», ribadì Churchill. «Proprio lei mi ha detto che ciò che scriverò sarà considerato così importante. Diciamo che questa rivelazione mi è più che sufficiente. Scriverò ciò che ho scritto.»
«Forse questa è la soluzione più saggia», concordò Stefan.
Mentre Stefan riponeva i libri nello zaino, Churchill rimase in piedi, le mani allacciate dietro la schiena, dondolandosi leggermente sui piedi. «Ci sono tante cose che mi piacerebbe chiederle su quel futuro che sto contribuendo a formare. Cose che mi interessano molto di più del fatto che scriverò dei libri di successo.»
«Devo veramente andare, signore, ma…»
«Sì, certo», disse il primo ministro. «Non la tratterrò. Ma mi dica almeno una cosa. La curiosità mi sta uccidendo. Vediamo… per esempio, che cosa ne sarà dei sovietici dopo la guerra?»
Stefan esitò, chiuse lo zaino e rispose: «Primo ministro, sono spiacente di dirle che i sovietici diventeranno una grande potenza, molto più grande della Gran Bretagna, la seconda grande potenza dopo gli Stati Uniti».
Per la prima volta, Churchill si mostrò sorpreso. «Quel loro abominevole sistema sarà in grado di produrre un successo economico, l’abbondanza?»
«No, no. Il loro sistema li condurrà alla catastrofe dal punto di vista economico… ma acquisiranno un enorme potere militare. Lentamente e inesorabilmente, i sovietici arriveranno a militarizzare tutta la società e a eliminare tutti i dissidenti. Alcuni dicono che i loro campi di concentramento fanno concorrenza a quelli del Reich.»
L’espressione sul volto del primo ministro rimase imperscrutabile, ma non poté nascondere un lampo di preoccupazione. «Tuttavia, ora sono i nostri alleati.»
«Sì, signore. E senza di loro, forse, la guerra contro il Reich non sarebbe stata vinta.»
«Oh, l’avremmo vinta», replicò Churchill sicuro, «forse non così rapidamente.» Sospirò. «Dicono che i politici si fanno degli strani alleati, ma le alleanze che si creano in tempo di guerra sono anche più strane.»
Stefan era pronto a partire.
Si strinsero la mano.
«Il suo istituto sarà ridotto in macerie, polvere e cenere», gli promise il primo ministro. «Ha la mia parola.»
«Questa è l’unica assicurazione di cui ho bisogno», concluse Stefan.
Infilò una mano sotto la camicia e premette tre volte il pulsante.
Nello stesso istante, o così almeno parve, si ritrovò nell’istituto, a Berlino. Uscì dal tunnel e tornò al quadro di programmazione. Erano trascorsi esattamente undici minuti da quando aveva lasciato quelle stanze a prova di bomba sotto la città di Londra.
La spalla gli doleva ancora, ma il dolore non era aumentato. Quella fitta inesorabile, tuttavia, lo stava lentamente debilitando. Si sedette per un po’ sulla sedia davanti al quadro di programmazione, concedendosi qualche minuto di riposo.
Poi, usando altri dati ottenuti attraverso il computer nel 1989, programmò il suo penultimo viaggio. Questa volta avrebbe fatto un salto di cinque giorni nel futuro, sarebbe arrivato alle undici di sera del 21 marzo, in un altro quartiere sotterraneo a prova di bomba… non a Londra questa volta, ma nella sua città, Berlino.
Quando il tunnel fu pronto, entrò, anche questa volta disarmato, ma al contrario del viaggio precedente non portò con sé i sei volumi della storia di Churchill.
Quando attraversò il punto di trasmissione all’interno del tunnel, avvertì il familiare, spiacevole formicolio che dalla cute passava attraverso la carne fino al midollo e che poi immediatamente tornava indietro per la stessa via.
La stanza sotterranea in cui Stefan arrivò era illuminata da un’unica lampada situata in un angolo di una scrivania. In quella magica penombra la figura di Hitler si stagliò nitidamente.
20
Un minuto.
Laura era rannicchiata con Chris contro la Buick. Senza spostarsi, guardò prima verso sud, dove sapeva che un uomo si stava nascondendo, poi a nord dove sospettava che si celassero altri nemici.
Una calma soprannaturale era calata tutt’intorno. Senza vento, quella giornata sembrava non avere più fiato di un cadavere. Il sole emanava un tale chiarore sull’arida pianura, che la terra sembrava luminosa quanto il cielo. L’orizzonte era scomparso. Per quanto la temperatura non superasse i venticinque gradi, ogni cosa — gli arbusti, le rocce, l’erba e le dune di sabbia — sembrava essere stata saldata dal calore all’oggetto più vicino.
Un minuto.
Solo un minuto, o forse meno, prima che Stefan tornasse dal 1944. E in qualche modo sarebbe stato loro di grande aiuto, non solo perché aveva un’arma con sé, ma perché era il suo Custode. Il suo Custode. Anche se adesso conosceva bene le sue origini ed era consapevole che non era un essere soprannaturale, in qualche modo rimaneva per lei una figura in grado di compiere cose miracolose.
Nessun movimento a sud.
Nessun movimento a nord.
«Stanno arrivando», disse Chris.
«Andrà tutto bene, tesoro», mormorò Laura dolcemente. Il cuore, tuttavia, le batteva all’impazzata e non solo per la paura. Avvertiva una sensazione di sconfitta come se avesse saputo, a livello inconscio, che suo figlio, l’unico che avrebbe mai potuto avere, il figlio che non sarebbe mai dovuto nascere, era già morto. Non perché lei non fosse riuscita a proteggerlo come avrebbe dovuto, ma perché il destino non poteva essere ingannato più a lungo. No, dannazione, no! Questa volta lo avrebbe ingannato. Si sarebbe tenuta stretta suo figlio. Non lo avrebbe perso come aveva perso tante persone che aveva amato in tutti quegli anni. Chris era suo. Non apparteneva al destino. Non apparteneva al fato. Era suo. Suo. «Andrà tutto bene, tesoro.»
Solo trenta secondi, ora.
All’improvviso, vide qualcosa muoversi a sud.
21
Nello studio privato di Hitler l’arrivo di Stefan fu accompagnato dagli stessi fenomeni che si erano manifestati nella stanza sotterranea di Londra.
Da Stefan uscivano rivoli di luce accecante che scesero serpeggiando sul pavimento e sulle pareti. Quel fenomeno luminoso e rumoroso non attirò le guardie dalle altre stanze, forse anche perché in quel momento Berlino era sottoposta a un ennesimo bombardamento aereo da parte degli Alleati. Il bunker vibrò sotto l’impatto delle bombe che piovevano sulla città e anche a quella profondità il frastuono coprì i suoni che avevano accompagnato l’arrivo di Stefan.