«Menzogne», rispose Stefan. Ora erano arrivati al punto cruciale. L’obiettivo principale per cui Stefan aveva intrapreso il viaggio in quel bunker. Hitler aveva saputo dall’istituto che le spiagge della Normandia sarebbero state il luogo in cui sarebbe avvenuta l’invasione. Nel futuro che il destino aveva predestinato per lui, il Fiihrer avrebbe valutato erroneamente le mosse degli Alleati preparandosi a uno sbarco in un’altra località, lasciando la Normandia priva di adeguate difese. Doveva essere incoraggiato a perseguire la strategia che avrebbe seguito se l’istituto non fosse mai esistito. Doveva perdere la guerra com’era scritto nel destino ed era compito di Stefan distruggere la fiducia nell’istituto e assicurare perciò il successo dello sbarco in Normandia.
22
Klietmann era riuscito a spostarsi ancora di qualche metro a est, oltre la Buick, aggirando la donna di fianco. Giaceva prono dietro un piccolo ammasso di roccia bianca venata da quarzo azzurrognolo, e attendeva che Hubatsch facesse una mossa per distrarre la donna. A questo punto Klietmann si sarebbe lanciato fuori dal suo nascondiglio e le si sarebbe avvicinato facendo fuoco mentre correva. L’avrebbe fatta a pezzi prima che potesse avere la possibilità di voltarsi e guardare in faccia il suo esecutore.
Forza, sergente, non stare lì rannicchiato come un ebreo codardo, pensò Klietmann con ira selvaggia. Vieni fuori. Attira il suo fuoco.
Un istante dopo Hubatsch uscì dal suo nascondiglio e la donna lo vide mentre correva. Mentre puntava la sua attenzione su Hubatsch, Klietmann sgusciò fuori dalla roccia venata di quarzo.
23
Nel bunker, seduto nella poltrona di pelle, Stefan si sporse in avanti e disse: «Menzogne, tutte menzogne, mein Führer. Questo tentativo di farla convergere erroneamente verso la Normandia è la parte principale del complotto tramato da quei sovversivi nell’istituto. Vogliono costringerla a commettere un errore grossolano che lei non è veramente destinato a fare. Vogliono che lei focalizzi la sua attenzione sulla Normandia, quando la vera invasione avverrà a…»
«Calais!» esclamò Hitler.
«Sì.»
«Lo sapevo che sarebbe avvenuta nella zona di Calais, molto più a nord della Normandia. Attraverseranno il canale dov’è più stretto.»
«Esatto, mein Führer», disse Stefan. «Le truppe sbarcheranno in Normandia il 7 giugno.»
In realtà sarebbe stato il 6 giugno, ma le condizioni atmosferiche quel giorno erano così cattive che l’alto comando tedesco non avrebbe ritenuto gli Alleati in grado di condurre l’operazione in mari così agitati.
«Ma si tratterà di un piccolo contingente, una tattica di diversione, mentre il vero e proprio fronte si aprirà successivamente vicino a Calais.»
Quest’ultima informazione confermò al dittatore la propria infallibilità. Tornò alla poltrona e sferrò un pugno sulla scrivania. «Questo sa di realtà, Stefan. Ma… ho visto documenti, pagine selezionate dai resoconti della guerra che sono stati riportati dal futuro…»
«Falsi», replicò Stefan, contando sulla paranoia dell’uomo per far sembrare plausibile quella bugia. «Invece di mostrarle documenti reali dal futuro, hanno creato dei falsi per ingannarla.»
Per fortuna, il bombardamento dell’istituto promesso da Churchill avrebbe avuto luogo l’indomani. Il tunnel sarebbe stato distrutto e con esso tutti coloro che sapevano come ricrearlo e tutto il materiale portato dal futuro. E Hitler non avrebbe avuto la possibilità di condurre un’accurata ricerca per verificare la veridicità di quanto Stefan aveva detto.
Il Führer rimase in silenzio per un minuto, lo sguardo fisso sulla Luger posata sulla scrivania, assorto nei suoi pensieri. Sopra, il bombardamento ricominciò in tutta la sua violenza, facendo tremare i quadri e i muri.
Stefan attese con ansia di scoprire se era stato creduto.
«In che modo è venuto da me?» chiese Hitler. «Come ha fatto a usare il tunnel? Voglio dire, tra la scomparsa di Kokoschka e gli altri cinque uomini è stato sorvegliato scrupolosamente.»
«Non sono venuto qui attraverso il tunnel», rispose Stefan. «Sono arrivato direttamente dal futuro, utilizzando solo la cintura.»
Questa era la menzogna più audace. La cintura non era una macchina del tempo, era solo uno strumento che consentiva di tornare all’istituto a chi l’avesse indossata. Contava sull’ignoranza dei politici per salvarsi. Avevano una conoscenza superficiale di tutto quello che avveniva. Hitler era a conoscenza del tunnel e del viaggio nel tempo, ovviamente, ma probabilmente solo in linea generale. Poteva non essere al corrente della maggior parte dei dettagli, come per esempio il reale funzionamento della cintura.
Se Hitler avesse intuito che Stefan era venuto dall’istituto, dopo esservi tornato utilizzando la cintura di Kokoschka, avrebbe compreso che era stato Stefan a far scomparire Kokoschka e gli altri cinque uomini e che non c’erano dei traditori.
A quel punto tutta l’elaborata storia del complotto sarebbe crollata e Stefan sarebbe stato un uomo morto.
Corrugando le sopracciglia, il dittatore disse: «Lei ha usato la cintura senza il tunnel? È possibile?»
Stefan aveva la bocca arida per la paura, ma rispose con convinzione: «Oh, sì, mein Führer. È abbastanza semplice… regolare la cintura e usarla non solo per dirigersi sulla traiettoria del tunnel, ma per spostarsi nel tempo come si desidera. Ed è una fortuna che questo sia possibile, perché altrimenti, se fossi dovuto tornare al tunnel per venire qui, sarei stato fermato dagli ebrei che lo controllano».
«Ebrei?» ripetè Hitler, sbigottito.
«Sì, signore. Credo che il complotto all’interno dell’istituto sia organizzato da membri del personale che hanno sangue ebreo, ma che hanno celato le loro vere origini.»
Sul volto del folle si dipinse una rabbia improvvisa. «Ebrei. Sempre lo stesso problema. Ovunque lo stesso problema. Adesso anche all’istituto.»
Dopo aver udito quelle parole, Stefan fu certo di aver riportato il corso della storia sul giusto cammino.
Il destino lotta per riaffermare il modello predestinato.
24
Laura disse: «Chris, penso che sia meglio che tu ti nasconda sotto l’auto». Mentre pronunciava quelle parole, l’uomo a sudovest uscì allo scoperto e si precipitò verso di lei e verso il misero riparo offerto da un’altra piccola duna.