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— Può darsi che sia così… — Col liquore che gli colava ancora dagli angoli della bocca sul mento ispido e incrostato, Sedric dondolò il capo avanti e indietro. I suoi occhi — bianchi e opachi come pelle di pesce, strabici e perennemente fissi in due direzioni diverse — sembravano nel medesimo tempo completamente vacui e colmi di misteri visibili solo ai ciechi. Scrollò le spalle. — O forse sono solo un vecchio ubriacone strambo che ti sta imbrogliando.

Risata. Raschio. Sputo. Beynes era ormai stufo di quell’andazzo. Sfilò il disintegratore dal fodero e lo posò piano sul tavolo sgangherato. — E forse io dovrei staccarti la testa e farla finita — disse, sapendo che Sedric senza dubbio aveva interpretato ogni rumore. — Un altro vecchio ubriacone strambo trovato nei bassifondi con un moncone al posto del collo… a chi dovrebbe importare?

Sedric lo sorprese. Si limitò a sogghignare. — A nessuno. Però tu puoi scordarti gli ex-gi se mi fai saltare la testa. — Il sorriso sdentato svanì. — Come ho detto, informazioni chiare e precise, Beynes. Informazioni sicure che permetteranno a te e ai tuoi compagni di raggiungere un pianeta dove gli ex-gi sono sbarcati una volta. E… — batté il pugno sul tavolo. — È proprio qui, in questo settore. Non dovrete spostarvi attraverso l’iperspazio in un’altra parte della galassia per arrivarci. Cavolo, stando su quel pianeta si vede perfino il vecchio Sole, se si guarda nella direzione giusta.

Beynes lo fissò. — Sei più pazzo di quel che sembra. Se è così vicino alla Vecchia Terra…

— Perché qualcuno non l’ha trovato prima? — Altre risate e altro catarro. — Diciamo solo che le squadre di esplorazione e la Gilda Diplomatica non si sono consultate come dovrebbero. Quel posto è sfuggito a tutti, Arne. Lo avevano proprio sotto il naso, e se lo sono lasciati sfuggire. Branco di stupidi… — Sedric scosse il capo e riprese la bottiglia di whiskey. — In pratica è appena dietro l’angolo. La tua nave può arrivarci in un paio di giorni. — Tracannò un’altra sorsata di whiskey, sospirò e tornò a posare la bottiglia sul tavolo. — Ma ti darò un’informazione gratis. Dovrete violare qualche legge per raggiungerlo. È off-limits per gli Erthumoi, perché è territorio di qualcun altro. Okay? Mi sembra giusto dirtelo prima che concludiamo l’affare.

Beynes non capiva. — Appartiene a una delle altre cinque razze? — Sedric annuì. — Allora sanno già di quel pianeta… — Sedric scosse la testa. — Ma se è territorio loro, devono per forza…

— No — disse Sedric perentorio. — I… ehm, quelli della razza di cui stiamo parlando, non sanno cos’hanno per le mani, e non visitano quel posto abbastanza spesso da scoprirlo. Quindi è là che aspetta, a completa disposizione, ed è inutile che ti ricordi quanto valgono oggigiorno le informazioni riguardo gli ex-gi. — Incrociò le braccia sul torace striminzito e si appoggiò allo schienale della sedia. — Gratis non ti dico altro, primo ufficiale. — Nonostante l’ubriachezza, Sedric sembrava avere assunto un’aria di assoluta credibilità. — Il resto lo saprai solo quando scucirai i soldi.

Beynes cominciò ad avvicinare lentamente la destra all’arma.

— Scordatelo — fece Sedric. — Come ho detto, non scoprirai nulla se mi disintegri il cervello.

Digrignando i denti frustrato, Beynes ritrasse adagio la mano dal disintegratore. — Quanto?

Sedric trattenne il respiro.

— Cinquantamila. Qui, subito.

— Batté la mano sul tavolo. — In contanti. E non dirmi che devi andare a prenderli sulla nave. I primi ufficiali girano sempre con somme del genere addosso per pagare la cauzione ai membri dell’equipaggio che si cacciano nei guai quando sono in franchigia.

— Sei pazzo. — Beynes spinse subito indietro lo sgabello e si alzò.

— Non giocare con me, ragazzo — sibilò Sedric. — Cinquantamila o niente. Sono stufo di vivere in questo cesso, ed è da un pezzo che aspetto un’occasione del genere. Cinquantamila e avrai le informazioni… sistema, pianeta, tutto quello che devi sapere per fare una grossa scoperta. — Esitò. — Tre possibilità di scelta, Beynes. Mi uccidi, esci da casa mia o metti cinquantamila sul tavolo e cominciamo a parlare. Con due alternative ti ritrovi a mani vuote… con la terza diventi ricco.

Beynes si bloccò, tenendo la mano sopra il disintegratore. — Se sono informazioni tanto preziose, perché non le hai sfruttate prima? — chiese.

Il vecchio cieco sorrise. — Te lo dirò quando scucirai i soldi. — Si strinse nelle spalle. — Non hai ancora preso il disintegratore, quindi non hai nulla da perdere — soggiunse garbatamente. — Tira fuori i soldi, Arne, e saprai il resto.

Arne Beynes tornò a sedersi lentamente sullo sgabello. Da un’altra tasca interna del giubbotto sfilò il portafogli, estrasse dieci banconote di grosso taglio e le mise sul tavolo. Sedric le raccolse a una a una, passandosele delicatamente tra le dita, misurandone le dimensioni, e tastando le tacche caratteristiche negli angoli. Contato il denaro, lo piegò e lo infilò in una tasca dei calzoni sudici.

— Il sistema stellare è Epsilon Indi — iniziò. — Il pianeta è Epsilon Indi II…

— Come si chiama? — chiese Beynes.

— Non ha un nome — rispose Sedric. — I Locriani non gliel’hanno dato. Se vuoi chiamarlo in qualche modo, chiamalo Mecca.

Colyns: Com’è che Sedric sapeva di Mecca?

Beynes: Non lo so. Non ha voluto dirmi tutto… come assicurazione personale, credo, per paura che io lo uccidessi… ma è abbastanza facile immaginarlo. Le voci circolano in un posto come Hellsgate, con il continuo andirivieni di astronavi. Le storie passano di bocca in bocca, da un equipaggio all’altro, specialmente in locali come il Wolfs Tooth. Si tratta quasi sempre di baggianate, però quel tizio sembrava sicuro del fatto suo. Secondo me, ha sentito delle voci a proposito di manufatti ex-gi nel sistema di Epsilon Indi, ha fatto qualche controllo e ha tirato le somme, poi ha aspettato di trovare qualcuno disposto a pagare il suo prezzo.

Colyns: O qualcuno disposto a correre il rischio, per essere più precisi. È risaputo che i Locriani avevano rivendicato il possesso di Epsilon Indi II. Quando la Gilda ha messo a punto i nostri accordi commerciali con loro, i Locriani sono stati molto espliciti in proposito, dato che quel sistema stellare si trova ad appena undici anni luce dalla Vecchia Terra. Dal momento che in quel sistema non c’era molto che interessasse agli Erthumoi…

Beynes: La Gilda Diplomatica è stata felicissima di accontentare i Locriani. Lo so.

Colyns: Allora dovrebbe anche conoscere il motivo dell’insistenza dei Locriani. Quel pianeta ha una notevole importanza spirituale per una delle principali religioni locriane, quella dei Pellegrini Lontani. Lo considerano un mondo sacro, un luogo santo fonte di tutta la saggezza e la conoscenza. Durante il nono mese di ogni anno planetario, dei membri dei Pellegrini Lontani compiono un’egira, un pellegrinaggio, e raggiungono Epsilon Indi II, dove meditano e pregano. Per questo motivo i Locriani volevano che il pianeta rimanesse inviolato da parte degli Erthumoi.

Beynes: Certo. Ecco perché il mio informatore l’ha chiamato Mecca. Qualcosa che ha a che fare con una religione della Vecchia Terra, credo. Ma sai perché i Locriani considerano Epsilon Indi II un mondo sacro?

Colyns: I Pellegrini Lontani non parlano della loro fede con nessuno, ne parlano di rado perfino con gli altri Locriani, a quanto ci risulta. Anche il nome che danno al pianeta è noto solo a loro. Fino all’arrivo del Capital Explorer, gli Erthumoi non avevano mai messo piede su Epsilon Indi II Ma lei dice di avere sentito parlare della presenza di manufatti extragalattici… Beynes: È per questo che siamo andati là, certo.

Colyns: Ma la legge galattica proibisce agli Erthumoi e a qualsiasi altra razza di sbarcare su Epsilon Indi II, è consentito soltanto ai membri dei Pellegrini Lontani. Non capisco come abbiate potuto pensare di riuscire a farla franca, né cosa avreste potuto guadagnare…