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Aran’gar tornò con la sua Aes Sedai, che in questi ultimi tempi sembrava sempre più timida. Rivolse una profonda riverenza a Graendal, poi rimase in una posa sottomessa. Graendal rimosse con cautela la sua Coercizione da Ramshalan, lasciandolo confuso e disorientato.

«Cosa desideri che faccia, o Suprema?» chiese Delana, lanciando un’occhiata ad Aran’gar e poi di nuovo a Graendal.

«Coercizione» disse Graendal. «La più intricata e complessa che riesci a creare.»

«Come desideri che agisca, Suprema Signora?»

«Lascialo in grado di agire come sé stesso» disse Graendal. «Ma cancella ogni ricordo degli avvenimenti accaduti qui. Rimpiazzali con un ricordo di aver parlato con una famiglia di mercanti e di essersi assicurato la loro alleanza. Aggiungi qualche altro requisito casuale per lui, qualunque cosa ti venga in mente.»

Delana si accigliò, ma aveva imparato a non mettere in discussione i Prescelti. Graendal incrociò le braccia e tamburellò con un dito mentre osservava la Aes Sedai al lavoro. Si sentiva sempre più nervosa. Al’Thor sapeva dov’era. Avrebbe attaccato? No, lui non avrebbe fatto del male a delle donne. Quella particolare debolezza era molto importante. Significava che lei aveva tempo di reagire. Vero?

Come era riuscito a rintracciarla fino a questo palazzo? Lei aveva coperto le proprie tracce alla perfezione. Gli unici scagnozzi a cui aveva permesso di allontanarsi dal suo occhio vigile erano sotto una Coercizione così pesante che rimuoverla li avrebbe uccisi. Era mai possibile che la Aes Sedai che lui teneva con sé — Nynaeve, la donna dotata nella Guarigione — fosse stata in grado di intaccare e leggere i flussi di Graendal?

Le occorreva tempo e le serviva scoprire quello che sapeva al’Thor. Se Nynaeve al’Meara aveva la capacità di leggere le Coercizioni, quello era pericoloso. Graendal doveva predisporre una falsa pista, rallentarlo: da qui l’esigenza che Delana creasse una Coercizione pesante che comprendesse strane disposizioni.

Provocargli angoscia. Graendal poteva farlo.

«Poi tu» disse ad Aran’gar una volta che Delana ebbe terminato. «Qualcosa di convoluto. Voglio che al’Thor e la sua Aes Sedai trovino il tocco di un uomo su quella mente.» Questo li avrebbe confusi ulteriormente.

Aran’gar scrollò le spalle, ma si concentrò mentre posava una Coercizione pesante e complessa sulla sfortunata mente di Ramshalan. Lui era piuttosto grazioso. Al’Thor presumeva forse che lei l’avrebbe voluto come uno dei suoi favoriti? Ricordava abbastanza di essere Lews Therin per sapere quello su di lei? I rapporti di Graendal su quanto lui sapesse della sua vecchia vita erano contraddittori, ma pareva che stesse rammentando sempre più. Questo era ciò che la preoccupava. Lews Therin avrebbe potuto rintracciarla fino a questo palazzo, forse. Non si era mai aspettata che al’Thor fosse in grado di fare lo stesso.

Aran’gar terminò.

«Ora,» disse Graendal, lasciando dissipare i suoi flussi di Aria e parlando a Ramshalan «torna indietro e riferisci al Drago Rinato del tuo successo qui.»

Ramshalan sbatté le palpebre, scuotendo la testa. «Io... Sì, mia signora. Sì, credo che i legami che abbiamo stretto oggi saranno estremamente proficui per entrambi.» Sorrise. Stupido citrullo. «Forse dovremmo cenare e bere al nostro successo, lady Barsene? Il viaggio per venire a trovarti è stato faticoso e io...»

«Vai» disse Graendal in tono freddo.

«Molto bene. Verrai ricompensata quando sarò re!»

Le sue guardie lo condussero via e lui iniziò a fischiettare con aria soddisfatta. Graendal si sedette e chiuse gli occhi; diversi suoi soldati si avvicinarono per montare la guardia, i loro stivali morbidi sul folto tappeto.

Lei guardò attraverso gli occhi della colomba, abituandosi al suo strano modo di vedere. A un suo ordine, un servitore la raccolse e la portò a una finestra nel corridoio fuori dalla stanza.

L’uccello saltellò sul davanzale. Graendal diede alla colomba un piccolo impulso di andare avanti; non era ancora abbastanza esperta per prenderne il controllo completamente. Volare era più difficile di quanto sembrasse.

La colomba si lanciò dalla finestra sbattendo le ali. Il sole si stava abbassando dietro le montagne, delineandole in un infiammato rosso e arancione, e il lago lì sotto si oscurò in un intenso e ombroso colore nero-azzurro. La visuale era mozzafiato ma nauseante mentre la colomba si librava su nel cielo e poi atterrava su una delle torri.

Alla fine Ramshalan uscì a piedi dai cancelli lì sotto. Graendal diede un altro impulso alla colomba e quella si gettò dalla torre, precipitando in picchiata verso terra. Graendal digrignò i denti per quella discesa da far rivoltare lo stomaco, con la muratura del palazzo che diventava indistinta. La colomba si allineò col terreno e svolazzò dietro Ramshalan. Pareva che lui stesse borbottando fra sé, anche se Graendal riusciva a distinguere soltanto suoni rudimentali attraverso i fori uditivi della colomba, a lei non familiari.

Lo seguì per qualche tempo attraverso i boschi sempre più bui. Un gufo sarebbe stato meglio, ma lei non ne aveva uno prigioniero. Si rimproverò per questo. La colomba volava da un ramo all’altro. Il sottobosco era un intrico ingarbugliato di sterpaglie e aghi di pino caduti. Trovava questo decisamente spiacevole.

C’era della luce più avanti. Era fioca, ma gli occhi della colomba potevano facilmente distinguere luce e ombra, movimento e immobilità. Lei la spronò a investigare, lasciando Ramshalan.

La luce proveniva da un passaggio che, nel mezzo di una radura, emanava un caldo bagliore. C’erano delle figure in piedi accanto a esso. Una di loro era al’Thor.

Graendal provò un istantaneo senso di panico. Lui era qui. Che guardava giù oltre il costone, verso di lei. Oscurità interiore! Lei non aveva saputo per certo se lui sarebbe stato qui di persona o se Ramshalan avrebbe attraversato un passaggio per consegnare il suo rapporto. A che gioco stava giocando al’Thor? Fece atterrare la sua colomba su un ramo. Aran’gar stava lamentandosi e domandando a Graendal cosa stava vedendo. Aveva visto la colomba e di sicuro sapeva cosa stava facendo.

Graendal si concentrò ancora di più. Il Drago Rinato, l’uomo che un tempo era stato Lews Therin Telamon. Lui sapeva dov’era lei. Una volta l’aveva odiata intensamente; quanto si ricordava davvero? Rammentava che lei aveva ucciso Yanet?

Le Aiel addomesticate di al’Thor sospinsero avanti Ramshalan e Nynaeve lo esaminò. Sì, quella Nynaeve sembrava essere in grado di leggere la Coercizione. Sapeva cosa cercare, perlomeno. Sarebbe dovuta morire; al’Thor contava su di lei; la sua morte gli avrebbe arrecato dolore. E dopo di lei l’amante dai capelli scuri di al’Thor.

Graendal sospinse la colomba giù su un ramo più basso. Cosa avrebbe fatto al’Thor? Gli istinti di Graendal dicevano che lui non avrebbe osato fare alcuna mossa, almeno finché non avesse sbrogliato i suoi piani. Agiva allo stesso modo ora rispetto alla sua Epoca: gli piaceva pianificare, far passare del tempo per raggiungere il culmine di un assalto.

Graendal si accigliò. Cosa stava dicendo lui? Si sforzò per cercare di dare un senso ai suoni. Dannati fori auricolari degli uccelli: le voci suonavano simili a gracidii. Callandor? Perché stava parlando di Callandor? E una cassa...

Qualcosa scoppiò di luce nella sua mano. La chiave di accesso. Graendal rimase senza fiato. Aveva portato quella con sé? Era terribile quasi quanto il fuoco malefico.

All’improvviso comprese. Era stata giocata.

Raggelata, terrorizzata, lasciò andare la colomba e spalancò gli occhi. Era ancora seduta nella stanzetta senza finestre, con Aran’gar appoggiata accanto alla porta con le braccia conserte.