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La coperta stesa sull’apertura successiva era raccolta da un lato. Sbirciando nel locale, molto più grande degli altri due, Rhodry vide che conteneva due aratri, vecchi finimenti per cavalli e qualche pezzo di mobilio rotto; seduto accanto alla porta che si apriva nella parete opposta c’era un cadavere grigio e gonfio, vestito con abiti da contadino e con un’ascia da taglialegna stretta in entrambe le mani. Vedendolo, Rhodry suppose che il contadino avesse tentato di difendersi quando il dweomer oscuro lo aveva aggredito e ucciso.

— Bene, vecchio — disse, entrando nella stanza. — Penseremo noi a darti una sepoltura adeguata.

Il cadavere sollevò la testa e lo fissò. Rhodry lanciò un urlo e rimase per un momento paralizzato dallo stupore, mentre il corpo si alzava in piedi barcollando: anche se i suoi occhi erano spenti e vacui, esso sollevò l’ascia e avanzò con passo incerto verso il giovane, come se potesse vederlo. Reprimendo a fatica un conato di vomito, Rhodry sollevò lo scudo e si spostò di lato in risposta ad un colpo maldestro che lo mancò di parecchio; quando poi la cosa si girò verso di lui il giovane schivò la sua goffa parata e rispose con un fendente che la raggiunse in pieno alla gola: ci fu un fiotto di un liquido scuro dall’odore acre, ma il cadavere si limitò a sollevare con calma l’ascia per farsi nuovamente avanti.

La folle risata berserker affiorò sulle labbra di Rhodry mentre lui si spostava ed eseguiva un affondo che trapassò il cadavere all’altezza dell’ascella. Sebbene il liquido fetido prendesse a uscire anche dalla nuova ferita, la cosa avanzò e rispose al colpo… e quando intercettò l’ascia con lo scudo Rhodry sentì il legno che si crepava: quell’innaturale guerriero era molto forte. La sua risata si trasformò in un ululato che accompagnò un fendente ben diretto, che tranciò quasi in due il braccio destro del cadavere. Limitandosi a trasferire il peso dell’ascia nella mano sinistra, la cosa rinnovò i suoi attacchi; scattando di lato, Rhodry cercò di aggirarla e la trafisse alla schiena, ma essa si girò con canna per continuare a incalzarlo.

In lontananza, si udirono voci che gridavano e che si facevano sempre più vicine, ma Rhodry non si lasciò distrarre e si concentrò sull’ascia che il cadavere stava ora dondolando di qua e di là quasi volesse abbattere l’avversario come avrebbe fatto con un albero. Schivando, Rhodry intercettò un colpo con lo scudo e lacerò anche il braccio sinistro della cosa, senza però riuscire a fermarla. Ostacolato nei movimenti dagli oggetti sparsi nella stanza, il giovane perse l’equilibrio e scivolò: l’ascia gli passò sibilando ad appena un paio di centimetri dalla testa e lui si rialzò di scatto con una risata sempre più stridula, imprimendo tutta la sua forza berserker al colpo successivo. La sua spada affondò in profondità e raggiunse la cosa alla base del collo, fracassando l’osso.

Con la testa che pendeva da un lato, trattenuta soltanto da una striscia di pelle e di muscolo, il cadavere tornò all’attacco con un fendente che raggiunse in pieno lo scudo di Rhodry: il legno e il cuoio si spezzarono di netto e metà dello scudo cadde a terra. Costretto sulla difensiva, Rhodry continuò a spostarsi e ad abbassarsi mirando sempre al braccio sinistro della cosa, che alla fine lasciò cadere l’ascia ma persistette nell’avanzare contro di lui. In fretta, il giovane balzò all’indietro, perché gli sembrava che essere toccato da quelle dita fredde e viscide sarebbe stato peggio di un colpo d’ascia. Disperatamente, squarciò il ventre del cadavere, ma dalla ferita non fuoriuscì nulla ed esso non cessò d’incalzarlo.

— Fermati, in nome del Maestro dell’Aethyr!

Il corpo devastato e gocciolante si arrestò immediatamente. Mentre Nevyn entrava nella stanza, Rhodry gettò al suolo la spada e quanto restava dello scudo e crollò in ginocchio, vomitando senza badare a chi poteva vederlo. Sentì altre voci a mano a mano che un numero sempre maggiore di persone si accalcava nella stanza, poi Comyn gli si inginocchiò accanto proprio mentre lui si puliva la bocca su una manica.

— Stai bene, daga d’argento? — chiese. — Per il Signore dell’Inferno, che cos’era quell’essere?

— Che io sia dannato se lo so, ma in vita mia non sono mai stato tanto grato del prestito di uno scudo.

Nel rialzarsi sentì Nevyn cantilenare qualcosa in una strana lingua: quando il vecchio ebbe finito il cadavere piegò le ginocchia e si adagiò al suolo, più che accasciarsi. Nevyn batté quindi tre volte un piede per terra e Rhodry vide alcuni esseri del Popolo Fatato, brutti e deformi, che danzavano sul cadavere prima di svanire.

— Dopo quanto è successo Rhodry, ragazzo mio — affermò quindi il maestro del dweomer, — è meglio che tu chieda consiglio a me prima di andare a curiosare in posti strani.

— Hai la mia parola d’onore al riguardo.

Tuttavia, la cosa più orribile di tutte lo stava ancora aspettando al varco. Avvicinatosi all’apertura dell’ultima camera, Nevyn tirò giù la coperta rivelando un minuscolo ambiente privo di finestre: ad una parete era appeso un panno di velluto nero ricamato con una stella a cinque punte rovesciata e altri simboli che Rhodry non seppe riconoscere e l’atmosfera della camera puzzava di incenso e di un odore simile a quello del pesce.

Steso per terra al centro della stanza c’era il corpo di un uomo robusto dai capelli grigi, con le braccia allargate e dal comune aspetto di un nativo di Cerrmor. Qualcuno doveva averlo odiato, perché l’uomo era stato pugnalato al petto così tante volte che doveva essere morto da tempo quando gli era stato inferto l’ultimo colpo. Di per sé la vista del cadavere significò poco per Rhodry, ma la camera nel complesso ebbe il potere di terrorizzarlo al punto che quando Nevyn vi si addentrò lui fu assalito dal desiderio di urlargli di restarne fuori, costringendosi poi a seguirlo soltanto perché era certo che il vecchio potesse avere bisogno di protezione in quella penombra dove sembrava che si muovessero cose silenziose che s’intravedevano appena.

— Ebbene, Alastyr — commentò Nevyn, urtando il cadavere con la punta di uno stivale, — finalmente c’incontriamo fisicamente. Sei stato dannatamente astuto, perché non ricordo di averti mai visto prima. Questo — aggiunse, lanciando un’occhiata a Rhodry, — è l’uomo che ti voleva morto e che si è celato dietro Loddlaen nella guerra dell’estate scorsa.

Rhodry fissò il suo vecchio nemico più con stupore che con rabbia: dal momento che si era immaginato il maestro del dweomer oscuro come una sorta di mostro con sembianze umane, era adesso alquanto deluso di scoprire che aveva un aspetto del tutto normale. La stanza era però decisamente mostruosa e il suo irrazionale terrore continuò a crescere fino a quando Nevyn gli pose una mano sulla spalla con fare rassicurante.

— Qui non ci sono più pericoli — garantì il vecchio. — È il sangue elfico che hai nelle vene a renderti così sensibile.

— Davvero?

— Davvero. Vedi, questa è la camera in cui Alastyr operava la sua immonda perversione del dweomer. Oh, dèi, povero Camdel!

— Lo hanno costretto a guardare o qualcosa del genere?

— Guardare? Hah! Lo hanno usato per i riti: quel ragazzo è stato più volte violentato in questa stanza.

— Oh, dannazione! — imprecò Rhodry, cercando di negare ciò che stava sentendo. — Ma come si può violentare un uomo?

— Non fingere un’ingenuità che un uomo allevato a corte non può avere… sai benissimo cosa intendo. E mentre lo facevano lo hanno ferito perché il suo sangue nutrisse i loro spiriti deformi.