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— Io l’ho visto in carne ed ossa — disse. — Puoi evocare la visione tramite me, giusto? Non so perché ne sono tanto sicura, ma sono convinta che puoi usarmi come un paio di occhi.

— Per tutti gli inferni, hai ragione, ma sei certa di essere disposta a permettermelo? Per farlo dovrò assumere il controllo della tua volontà.

— È ovvio che intendo permettertelo. Ormai dovresti sapere che ti affiderei anche la mia vita.

Faticando a trattenere l’impulso di piangere, Nevyn si affrettò a volgerle le spalle per asciugarsi gli occhi con la manica, mentre lei si chiedeva con sconcerto perché mai la sua buona opinione potesse avere tanta importanza per un uomo dotato di simili poteri.

— Ti ringrazio — disse infine Nevyn. — Non appena mi sarò fatto portare un po’ di legna da un servo accenderemo il fuoco.

Quando il fuoco cominciò ad ardere in maniera soddisfacente fuori il crepuscolo stava ormai cedendo il posto ad un buio vellutato. Nevyn fece sedere Jill su una sedia davanti ad esso e si mise alle sue spalle… pur essendo spaventata, la ragazza avvertiva insieme alla paura anche quel genere di esaltazione che si provava di solito prima di una battaglia. Nevyn le posò le mani sul collo, nel punto in cui la colonna vertebrale incontra il cranio, e il normale calore iniziale delle sue dita andò aumentando a poco a poco, dando l’impressione di diffondersi in tutte le vene del corpo di lei, per poi raggiungerle anche la faccia e la mente, accentrandosi in ultimo fra gli occhi con una strana sensazione, come di torsione.

— Guarda nel fuoco, bambina, e pensa a Sarcyn.

Non appena obbedì, Jill lo vide, addormentato vicino ad un fuoco da campo in una regione collinosa. Inizialmente l’immagine fu piccola, poi ingrandì fino ad occupare dapprima tutto il focolare e poi la sua mente, al punto di darle l’impressione di librarsi sulla scena come le succedeva sempre in un sogno vero. Mentre fluttuava al di sopra della valle vide due uomini lasciare il cavallo fra gli alberi e avanzare di soppiatto verso l’ignaro dormiente con mosse lente e silenziose, sgusciando fra gli alberi come donnole. Anche se appena un minuto prima aveva provato soltanto odio per Sarcyn, Jill si sentì improvvisamente terrorizzata per lui.

Nella trance che accompagnava la visione cercò di gridare e di svegliarlo, ma non emise nessun suono; scese allora in picchiata verso il basso e lo afferrò per le spalle, ma il suo tocco incorporeo non fu sufficiente a svegliarlo. Nel momento in cui i due uomini si lanciarono su di lui Jill saettò via e si arrestò dalla parte opposta del fuoco, guardando i due Falchi legare e deridere il prigioniero. D’un tratto, la voce di Nevyn le echeggiò nella mente.

— Ora torna indietro! Se dovessero guardare dalla tua parte con la seconda vista, quegli uomini hanno il potere di vederti! Pensa a me, bambina, e torna nella stanza.

Jill immaginò la faccia del vecchio e la stanza, e di colpo si trovò con gli occhi aperti e lo sguardo fisso sul fuoco. Nevyn non la stava più toccando, e lei si stiracchiò per dissipare uno strano senso di irrigidimento.

— Non avrei mai immaginato che stessero seguendo Alastyr in quel modo — commentò Nevyn. — Devo agire in fretta, se voglio liberare il nostro apprendista da questa trappola.

— Cosa? Perché lo vuoi salvare, dopo tutte le cose ignobili che ha fatto?

— Sta’ certa che pagherà per quei crimini, ma lo farà secondo la legge.

— Ma è il porco più disgustoso che io abbia mai…

Nevyn sollevò la mano per imporle il silenzio.

— Perché non scendi nella grande sala dal tuo Rhodry? — disse. — Io devo riflettere intensamente.

Non appena Jill se ne fu andata, Nevyn riprese a passeggiare con irrequietezza, meditando sul da farsi. Era deciso a salvare Sarcyn dai Falchi più nell’interesse del regno che dell’apprendista stesso, perché se Sarcyn fosse morto urlando e imprecando sotto le torture l’odio e il dolore avrebbero pervaso la sua vita successiva, trasformandolo in una distorta minaccia per chiunque gli fosse stato vicino.

— Ammesso che si riesca a salvarlo, comunque — commentò, rivolto al grasso gnomo giallo che si stava crogiolando vicino al fuoco. — Senza dubbio sono diretti nel Bardek, e mi chiedo come faranno a caricarlo di nascosto su una nave… probabilmente useranno una grossa cassa o qualcosa del genere.

Lo gnomo si grattò il ventre con aria pensosa, mentre Nevyn prendeva in considerazione l’idea di chiedere a Blaen di mandare la sua banda di guerra a dare la caccia a quei due. Essi avevano però un notevole vantaggio e inoltre erano addestrati nell’uso del dweomer, il che avrebbe permesso loro di vedere a distanza gli inseguitori e di evitarli.

Però potrei andare anch’io con la banda di guerra, si disse, sempre che si riesca a raggiungerli.

D’altro canto, i Falchi sarebbero stati costretti a procedere con lentezza nell’attraversare le montagne…

Le montagne. D’un tratto Nevyn ridacchiò fra sé, poi si inginocchiò davanti al fuoco per contattare il solo maestro del dweomer che poteva adesso essergli di aiuto.

Dopo essersi presi cura dei cavalli i Falchi tornarono vicino al fuoco da campo. Restando disteso immobile, Sarcyn seguì con attenzione la loro conversazione fino a quando fu riuscito a capire i loro nomi: quello più alto, con gli occhi fra il giallo e il castano che tradivano una percentuale di sangue anamura nelle sue vene, si chiamava Dekanny mentre l’altro, che pareva avere il comando della spedizione, rispondeva al nome di Karlupo. Una volta che ebbero mangiato, Dekanny s’inginocchiò accanto a Sarcyn e gli afferrò i polsi legati fino a costringerlo ad allungare le braccia al di sopra della testa, poi gli tirò su la camicia in modo tale che gli coprisse il volto impedendogli di vedere. Per tutto il tempo Sarcyn rimase immobile, facendo appello alla propria volontà e ascoltando il Falco che fischiettava fra sé nell’armeggiare vicino al fuoco. Infine Dekanny tornò verso di lui.

— Ho in mano una daga — disse, — e l’ho arroventata.

Sarcyn si preparò all’inevitabile attingendo ad ogni grammo della sua volontà. Ridacchiando come una ragazzina, Dekanny gli posò la lama arroventata contro il capezzolo destro, ma nonostante il dolore lancinante che parve arrivargli fino al cuore, lui riuscì a non emettere un suono.

— Ora sto girando la lama, piccolo uomo.

Il dolore gli aggredì il capezzolo sinistro e lui dovette lottare per soffocare l’urlo che gli gorgogliava in gola. D’un tratto, sentì gli intestini che gli si svuotavano spontaneamente.

— Che fetore! Meriti che ti giri e ti marchi anche il posteriore!

— No, non lo farai! — scattò Karlupo, fermo lì vicino. — Hai fatto abbastanza per una notte. Quando arriveremo a casa il prigioniero dovrà essere ancora in condizioni decenti perché i maestri vorranno che resista il più a lungo possibile.

— Ah, ma potrà guarire sulla nave.

— Ho detto che così è sufficiente.

Il mondo prese a vorticare intorno a Sarcyn, che perse i sensi. Tornò in sé nel cuore della notte, trovandosi ancora disteso nei propri escrementi; inoltre i due Falchi gli avevano riabbassato la camicia e adesso la stoffa ruvida gli irritava le ustioni, dalle quali filtrava un liquido di qualche tipo. Prima di svenire ancora rimase sveglio a lungo, lottando per trattenersi dal gemere. Il mattino successivo lo svegliarono con un calcio e lo issarono a sedere, poi Karlupo gli portò una ciotola piena del porridge d’orzo che aveva preparato per colazione.