— Bene, mia signora — commentò Ricyn. — Sembra che dopo tutto avremo modo di divertirci un poco.
— Prego che sia così — replicò lei, rivolgendogli un aperto e raggiante sorriso.
Un uomo robusto dai capelli grigi emerse da una vicina taverna infilandosi in tutta fretta una lunga tunica cerimoniale nera sopra la camicia e i calzoni; stringendo una mano intorno alla staffa di Dannyn in segno di fedeltà, l’uomo si presentò quindi come Morlo, il sindaco della città.
— Quando avete visto queste navi? — domandò Dannyn.
— Tre giorni fa, mio signore. Sono stati i pescatori a riferire la notizia e hanno detto che si trattava di un grosso mercantile e di due galee.
— Capisco. Bene, in questo caso il tuo porto è abbastanza al sicuro: sono pronto a scommettere che quelle navi sono qui soltanto per rifornire di viveri i razziatori. Dov’è il nobile locale? È il Tieryn Cavydd, vero?
— È lui — confermò Morlo, poi fece una pausa e si passò una mano sugli occhi in un gesto preoccupato, — ma da due giorni non vediamo traccia né di lui né dei suoi uomini, e questo è un brutto segno. Abbiamo avuto perfino paura di mandargli un messaggero.
Con un’imprecazione, Dannyn si girò verso Gweniver.
— Portiamo i ragazzi fuori di qui. Se Cavydd non è morto è sotto assedio. Sarà anche opportuno mandare un messaggero a Cerrmor e dire che mandino qualche nave a scacciare quella marmaglia di Eldidd. — Guardandosi intorno, Dannyn posò lo sguardo su Ricyn, fermo accanto alla sua signora. — Il tuo capitano potrebbe essere l’uomo adatto a questo incarico.
— Non lo è, mio signore — replicò con fermezza Gweniver. Dannyn si tinse di scarlatto e soltanto i lunghi anni di disciplina militare trattennero Ricyn dal porre mano alla spada.
— Come la mia signora desidera — replicò infine Dannyn. — Manderò a Cerrmor uno dei miei uomini.
In una massa disorganizzata le truppe riattraversarono la città, assumendo poi di nuovo la formazione di marcia sulla strada che portava a nord. Con riluttanza, Gweniver obbedì all’ordine di Dannyn di cavalcare al suo fianco, lasciando Ricyn solo e in preda ai suoi cupi pensieri fino a quando Dagwyn non si staccò dai compagni per andare a raggiungerlo. Per circa quindici chilometri i guerrieri marciarono a ritmo serrato, lasciando che il convoglio dei viveri li seguisse alla sua andatura più lenta, poi si arrestarono in un ampio pascolo e Ricyn vide che Dannyn stava mandando alcuni uomini in esplorazione.
— Cosa credi che voglia dire? — gli chiese Dagwyn.
— Guai, che altro? Per gli dèi, speravo proprio che la nostra signora non vedesse uno scontro tanto presto.
— Stupidaggini, Ricco. È al sicuro in mezzo a noi, e la Dea tiene le proprie mani su di lei giorno e notte.
Dagwyn parlò con una tale quieta convinzione che Ricyn si sentì rassicurato. Mezz’ora più tardi gli esploratori furono di ritorno e la notizia passò di bocca in bocca lungo lo schieramento: la fortezza del Tieryn Cavydd era assediata da un centinaio di uomini di Eldidd e si trovava ad appena tre chilometri di distanza.
Senza attendere ordini, gli uomini si armarono, infilando lo scudo nel braccio sinistro, allentando la spada nel fodero, sollevando il cappuccio della cotta di maglia e impugnando i giavellotti. Ricyn vide Gweniver discutere furiosamente con Dannyn per poi lanciare un’imprecazione e tornare indietro al trotto verso la sua banda di guerra.
— Quell’arrogante bastardo! — ringhiò, una volta raggiunti i suoi uomini.
— Che cosa ha fatto, mia signora? — domandò Ricyn. — Ti ha ordinato di tenerci alla retroguardia come riserva?
— Esatto. Come lo sai?
— Ha senso, mia signora. Le nostre due bande non hanno mai combattuto insieme prima d’ora e la cosa potrebbe provocare dei problemi.
— Oh, non si tratta tanto di questo quanto del modo in cui si è fatto beffe di me, dannazione a lui! La mia signora sarebbe tanto gentile da restare fuori dei piedi? Così ha detto. E poi ha aggiunto che se i suoi trecento uomini non riusciranno a massacrare dei cani di Eldidd tre volte inferiori di numero questo vorrà dire che avremo davvero molto bisogno dell’aiuto della mia Dea!
— Per gli inferni!
— Proprio così. Mi brucia più l’insulto alla Dea che quello nei miei confronti. Se il re non lo stimasse così dannatamente, lo ucciderei in questo preciso momento.
Quando l’esercito riprese la marcia, gli uomini di Gweniver si tennero alla retroguardia. Al trotto, attraversarono campi bruciati di recente, dove le nere stoppie erano una muta testimonianza delle razzie, poi guadarono un ruscello e salirono il pendio di una bassa collina. Dalla sua sommità Ricyn riuscì a vedere la massa scura della torre di una rocca all’interno del suo terrapieno e il campo degli assedianti sparso sul prato circostante. Lanciando un grido di guerra, Dannyn estrasse la spada e guidò le truppe lungo il pendio ad un galoppo sfrenato, mentre nel campo nemico si levavano improvvise grida di allarme. La riserva seguì il grosso delle truppe ad un trotto decoroso.
In basso, il campo si trasformò in un vorticare di polvere pervaso del clamore degli uomini che gridavano nel correre verso i cavalli e che cercavano di opporre anche appiedati una disperata resistenza alla carica che si stava abbattendo su di loro. Osservando la scena, Ricyn rifletté che se pure Gweniver avesse violato gli ordini ricevuti loro non avrebbero comunque potuto partecipare alla lotta ineguale, in quanto gli uomini di Dannyn sembravano coprire interamente il terreno di battaglia come un’onda che s’infrangesse su una riva. In quel momento le porte della fortezza assediata si aprirono e gli uomini di Cavydd si abbatterono sugli assedianti prendendoli alle spalle. Le grida si intensificarono mentre la massa di uomini si spostava avanti e indietro fra un impennarsi di cavalli e un lampeggiare di spade. Nell’osservare la scena Gweniver sorrise, e Ricyn ebbe improvvisamente paura di lei.
Lanciando urla di guerra che erano quasi grida di terrore, un gruppetto di uomini di Eldidd riuscì a staccarsi dalla mischia e in preda ad un cieco panico fuggì proprio in direzione del contingente della riserva. Ricyn ebbe appena il tempo di estrarre la spada prima che Gweniver lanciasse un grido di sfida e spronasse il cavallo in direzione dei fuggiaschi. Con un’esclamazione, Ricyn si affrettò a imitarla e pur sentendo alle proprie spalle gli uomini che li seguivano non osò distogliere lo sguardo dalla ragazza, che era intanto piombata nel mezzo di quel gruppo di disperati.
— Dannazione! — imprecò, spronando con violenza il cavallo.
Vide la lama di Gweniver brillare insanguinata e un uomo cadere di sella, ma altri tre le erano intorno. Con un selvaggio urlo di guerra, Ricyn piombò alle spalle del gruppo e attaccò con violenza, ferendo un cavallo, assestando un fendente sulla schiena di un uomo e menando colpi a destra e a sinistra come se stesse allontanando una muta di cani da un daino a colpi di frusta. Alla sua destra, Dagwyn abbatté un avversario; un uomo di Eldidd fece girare goffamente il cavallo e Ricyn ne approfittò per trapassarlo, con tanta forza da frantumare la cotta di maglia e da ucciderlo sul colpo. Quando liberò la spada, l’uomo rotolò giù di sella e sotto gli zoccoli della cavalcatura di Ricyn che s’impennò. Mentre il cavallo si riabbassava, Ricyn sentì Gweniver scoppiare in una risata ululante e stridula, e vide che aveva abbattuto un altro avversario. Poi il resto dei cavalieri del Lupo furono tutt’intorno a loro e il breve scontro ebbe termine. Ridente come se avesse appena sentito una splendida battuta di spirito, Gweniver raggiunse Ricyn al trotto.