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Il mattino successivo l’esercito si svegliò all’alba. Dannyn selezionò gli uomini, nominò capitani temporanei e radunò i venticinque guerrieri che con lui e con Gweniver avrebbero puntato verso il principe, poi tutti si misero in marcia sotto il luminoso sole estivo che faceva brillare il verde dei prati. Gweniver si sentiva perfettamente calma, come se stesse fluttuando a mezz’aria invece di avere indosso una dozzina di chili di cotta di maglia. Nel levare alla Dea una silenziosa preghiera la ragazza cominciò a sorridere. Dopo le lunghe ore di lavoro per concretizzarla sullo specchio, poteva ora evocare mentalmente senza nessuno sforzo l’immagine degli occhi neri come la notte e della spaventosa bellezza della Dea, tremante per l’avidità del sangue che stava per essere versato, e adesso nel farla affiorare le parve di sentire un singhiozzante lamento cantilenante così antico e strano da essere certa che si trattasse di un ricordo risalente ad un tempo molto remoto, quando l’adorazione della Dea Oscura era fiorente. Il canto divenne reale e intenso a tal punto che Gweniver sussultò nel sentire Dannyn che impartiva l’ordine di fermarsi.

Stordita, si guardò intorno e vide che la banda di guerra si trovava nelle vicinanze di un bosco che un tempo doveva aver fatto parte della riserva di caccia di qualche nobile, in quanto era formato prevalentemente da aceri e larici, con pochissimo sottobosco che potesse essere d’intralcio. Impartendo alcuni ordini Dannyn fece infrangere lo schieramento e mandò gli uomini a sparpagliarsi fra le piante, al coperto; nello stesso momento Gweniver vide dalla parte opposta della strada, lontano verso nord, una nube di polvere che si dirigeva verso di loro.

Mentre i guerrieri di Eldidd si avvicinavano lenti e tranquilli al luogo dell’imboscata, gli uomini di Dannyn si assestarono lo scudo sul braccio e impugnarono i giavellotti.

La distanza fra i due gruppi si era ormai ridotta ad appena quattrocento metri quando un cavaliere dallo sguardo particolarmente acuto notò qualcosa che non andava nel tratto di bosco che si allargava davanti ai razziatori e il suo grido d’allarme si diffuse fra i compagni come un fuoco fra l’erba secca, mentre essi si arrestavano in preda alla confusione. In fondo alla colonna, Gweniver poté scorgere la mandria rubata da cui si levavano lamentosi muggiti.

— Adesso! — urlò Dannyn, dimentico del corno da battaglia. — Prendiamoli!

Come un fascio di frecce i guerrieri sbucarono all’aperto e si gettarono alla carica contro lo schieramento nemico. Le punte dei giavellotti brillarono al sole nel riversarsi sullo schieramento di Eldidd… con la sola eccezione della parte anteriore della linea, dove un colpo troppo fortunato avrebbe potuto raggiungere il principe e uccidere la preda più ambita. Mentre i razziatori si giravano per affrontare il nemico, il primo contingente si abbatté su di essi con la spada in pugno, piombando immediatamente alle spalle dell’avanguardia. In un vorticante caos di uomini e di cavalli la battaglia dilagò subito lungo entrambi i lati della strada.

— Addosso al principe! — urlò Dannyn.

Con un grido di guerra, si lanciò quindi verso la testa della colonna nemica, seguito a ruota dagli uomini da lui scelti. Alle sue spalle, Gweniver tentò a sua volta di gridare, ma dalle labbra le scaturì invece una risata, questa volta così fredda e sinistra da farle comprendere che era la Dea a servirsi della sua voce e del suo corpo, parlando e combattendo tramite la sua sacerdotessa. Più avanti, in mezzo alle sempre più alte nubi di polvere, dieci uomini di Eldidd stavano venendo loro contro al galoppo: non appena vide uno scudo azzurro bordato d’argento decorato con gemme e con lo stemma del drago, Gweniver comprese che il coraggio del principe stava giocando a loro favore.

— Ricco! — urlò. — Eccolo là!

La risata le troncò le parole in gola nel momento in cui i due gruppi si scontravano, allargandosi in un vorticare di cavalli. Gweniver calò un fendente in direzione della cavalcatura di un guerriero di Eldidd, lo raggiunse di striscio e non appena vide il sangue tingere di un vivido rosso la punta della sua lama le parve che l’intero mondo venisse di colpo avviluppato da una caligine dello stesso colore. Ridendo e ululando calò un altro colpo, spinse avanti il cavallo e attaccò di nuovo, parando subito dopo un goffo contrattacco. Attraverso il velo rosso che le offuscava la vista scorse il volto terrorizzato del suo avversario mentre questi parava e tentava di colpire, e la risata che le scaturiva dalle labbra si trasformò nel canto che aveva udito in precedenza nella niente: il timore stesso del guerriero la induceva ad odiarlo e con una finta lo costrinse ad esporsi troppo, azzardando poi un pericoloso affondo che lo raggiunse di traverso sul volto. Il sangue scaturì copioso, impedendole di vedere oltre la paura dipinta sui lineamenti dell’uomo, e subito Gweniver si disinteressò di lui, lasciandolo crollare al suolo e menando colpi per portarsi accanto a Ricyn.

Inferiori com’erano dal punto di vista numerico, gli uomini di Eldidd si serrarono intorno al loro principe e tentarono disperatamente di tenere lontano da lui i guerrieri di Cerrmor. Gweniver vide Dannyn esercitare pressione alle spalle del gruppo, affrontando un uomo che gli stava sbarrando il passo per impedirgli di arrivare al principe. Con due rapidi colpi successivi Dannyn uccise tanto il cavallo quanto il cavaliere e riprese ad avanzare, combattendo in assoluto silenzio e con le labbra rilassate, quasi tutta quella strage avesse il solo effetto di annoiarlo. Poi il gruppo che attorniava il principe fu costretto a modificare il proprio schieramento e nel vedere l’occasione propizia Gweniver spinse il cavallo contro un avversario, attaccandolo di lato e trapassandolo con la spada attraverso una giuntura della cotta di maglia, all’altezza dell’ascella. La sua risata raggiunse l’intensità dell’urlo stridulo di un banshee mentre lei si scagliava contro il cavaliere successivo.

Un scudo d’argento si parò davanti ai suoi colpi e il principe spronò il cavallo bianco per rispondere al suo attacco con una carica senza speranza. Gweniver vide con chiarezza i suoi occhi azzurri come fiordalisi mentre lui l’assaliva con espressione fredda e decisa. Il colpo fu così duro e ben diretto che le increspò lo scudo in tutta la sua lunghezza, ma Gweniver schivò abbassandosi e calò di piatto la propria lama sul polso guantato. Il principe lasciò cadere la spada con un urlo, e il suo improvviso pallore fece capire a Gweniver che doveva avere il polso rotto. Nello stesso momento, Dannyn raggiunse il giovane alla tempia con il proprio scudo, facendolo barcollare sulla sella, stordito e annaspante. Subito Gweniver ripose la spada nel fodero e afferrò il bordo dello scudo per costringere il prigioniero a girarsi verso di lei, mentre Ricyn afferrava le redini del cavallo bianco, intrappolando definitivamente il principe.

— Ottimo lavoro! — gridò Dannyn. — Ora portatelo via!

Nonostante gli occhi velati dallo shock e dalla sofferenza, il principe tentò improvvisamente di afferrare con la sinistra la daga che portava alla cintura, ma Gweniver fu pronta a impadronirsene prima di lui.

— Niente suicidi — avvertì. — Hai mai desiderato vedere Cerrmor, ragazzo?

Dannyn e il resto dei suoi uomini girarono quindi le cavalcature e tornarono a gettarsi nella mischia che imperversava ancora tutt’intorno, caotica e violenta; affiancati da Dagwyn, che intanto li aveva raggiunti, Gweniver e Ricyn s’incaricarono invece di avviarsi insieme al principe lungo la strada nella direzione opposta, arrestandosi di lì a poco all’ombra degli alberi.

— Levagli il guanto dell’armatura, Ricco — ordinò allora Gweniver. — Se il polso dovesse gonfiarsi mentre lo ha ancora indosso ci vorrà un fabbro per poterlo liberare da quel dannato aggeggio.

Quando il principe si sfilò l’elmo con la sinistra, gettandolo con violenza a terra, e sollevò lo sguardo velato di lacrime su di lei, Gweniver si rese conto che non aveva più di diciassette anni. Allorché Ricyn lo liberò del guanto, il giovane emise un grugnito soffocato e si morse il labbro con tanta violenza da farlo sanguinare. D’un tratto, Gweniver avvertì un brivido gelido lungo la schiena: erano in pericolo. Con un urlo si girò sulla sella e vide una squadra di una decina di uomini di Eldidd che galoppava verso di loro: parecchi guerrieri di Cerrmor li stavano inseguendo da presso, ma il loro vantaggio era di almeno un paio di lunghezze.