— Avanti — la pungolò infine. — Cosa c’è che non va?
— Oh, mia signora — cominciò la ragazza, voltando le spalle al focolare, — prego soltanto che tu mi creda, perché quando un servo afferma una cosa e un nobile ne dice un’altra nessuno dà del bugiardo al nobile, e so che lui negherà ogni parola.
Il primo pensiero di Gweniver fu che la ragazza aspettasse un figlio da qualcuno.
— Suvvia — la incoraggiò, in tono suadente, — dimmi di chi si tratta.
— Di Lord Dannyn, mia signora. Questa mattina mi ha incontrata nel corridoio e mi ha offerto dei soldi: ha detto che mi avrebbe dato una moneta d’argento se questa notte ti avessi lasciata sola nelle tue camere. Quando ho risposto che non avrei mai fatto una cosa del genere mi ha dato uno schiaffo.
— Oh, per gli inferni! Non ho nessuna difficoltà a crederti — esclamò Gweniver, prendendo a passeggiare per la stanza in preda all’ira. — Continua il tuo lavoro mentre io rifletto sul da farsi.
Durante tutto il pasto serale Gweniver fu costantemente consapevole che Dannyn la stava fissando con un sorriso compiaciuto e si sforzò di proposito di mangiare in fretta in modo da lasciare il tavolo prima che lui potesse fare altrettanto e seguirla. Ebbe però paura di tornare nelle sue camere, perché se Dannyn l’avesse seguita e avesse scatenato qualche scena davanti ad Ocladda presto tutta la servitù della fortezza ne sarebbe stata al corrente… era ovvio che Dannyn considerava la ragazza come un essere troppo inferiore per prendere in esame quella cupa eventualità. Alla fine, Gweniver si decise a scendere dalla piattaforma e ad attraversare la grande sala per accostarsi a Nevyn, che era intento a bere un bicchiere di birra chiacchierando con Ysgerryn.
— Ti vorrei invitare nella mia camera, buon Nevyn — gli disse. — È ora che ricambi la tua ospitalità. Forse anche Ysgerryn si potrebbe unire a noi per bere un bicchiere di sidro insieme.
Nevyn sollevò di scatto le sopracciglia cespugliose come se avesse intuito che stava succedendo qualcosa. Quanto ad Ysgerryn, il pensiero di essere invitato a bere in compagnia di un nobile non gli aveva mai neppure sfiorato la mente.
— Ne sarò estremamente onorato, Vostra Santità — rispose quindi il mastro dell’armeria. — Devo soltanto scambiare qualche parola con il ciambellano e poi sarò libero di raggiungerti.
— Lo stesso vale per me — aggiunse Nevyn. — Ti ringrazio.
Lasciando che i due la seguissero una volta liberi dai loro impegni, Gweniver si affrettò a salire nella sua camera e mandò Ocladda in cucina a prendere il sidro e qualche bicchiere. Mentre aspettava il suo ritorno accese due candele con un pezzetto di legno preso dal camino e stava per riporle all’interno della loro protezione quando sentì bussare alla porta.
— Entrate, signori — rispose.
Dannyn oltrepassò la soglia e si richiuse il battente alle spalle.
— Cosa ci fai tu qui?
— Sono soltanto venuto a trovarti. Gwen, per favore, il tuo cuore non può essere freddo come vuoi far credere.
— Il mio cuore non ha nulla a che vedere con ciò che tu hai in mente. Ascolta, vattene di qui! Aspetto due…
— Non provare a darmi ordini.
— Non è un ordine, è un avvertimento. Sto aspettando ospiti…
Prima che potesse finire la frase lui l’afferrò per le spalle e la baciò. Liberandosi con una contorsione dalla sua stretta, Gweniver gli assestò uno schiaffo in pieno volto, e quella sua reazione fece disintegrare la facciata di finta cortesia.
— Dannazione a te, Gwen! Non ne posso più di tutto questo duellare.
Muovendosi troppo in fretta perché lei potesse evitarlo, tornò a prenderla per le spalle e la bloccò contro una parete; per quanto lei scalciasse, lottasse e colpisse, il suo peso era eccessivo perché potesse respingerlo. Imprecando, Dannyn continuò a trattenerla a viva forza, ammaccandole le spalle, e cercò di baciarla ancora.
— Lasciami! Lasciami andare, bastardo!
Dannyn la sbatté contro la parete con tale violenza da troncarle quasi il respiro, e all’improvviso un urlo lacerò l’aria della camera. Abbandonando la presa, Dannyn si girò di scatto nel momento stesso in cui Nevyn e Ysgerryn entravano di corsa, mentre sulla soglia Ocladda continuava a urlare con voce stridula e sempre più acuta.
— Sacrilegio! — sussurrò Ysgerryn, in tono inorridito. — Oh, possa la Dea perdonarci tutti.
— Sei uno stupido, Danno — imprecò invece Nevyn. — Un vero idiota.
Scossa, senza fiato, Gweniver sentì la schiena e le spalle che le dolevano come fuoco, ma quel dolore era nulla se paragonato al senso nauseante di gelo che le serrava lo stomaco al pensiero che per poco non era stata profanata a viva forza.
— Smettila di urlare, ragazza — ingiunse intanto Ysgerryn, rivolto a Ocladda. — Corri invece a cercare un paggio e manda a chiamare le guardie. Presto!
Senza cessare di singhiozzare la ragazza lasciò la camera a precipizio e Dannyn si girò di scatto verso la porta. Nevyn però gli si parò davanti con calma.
— Hai intenzione di abbattere due vecchi per uscire da questa stanza? — domandò in tono quieto. — Io ritengo che tu abbia troppo onore per una cosa del genere.
In silenzio, Dannyn cominciò a tremare come un pioppo scosso dal vento. Dietro di lui, Gweniver rimase a guardarlo con le mani premute contro la bocca per soffocare un urlo che minacciava di sfuggirle: tutta la sua gloria, il potere acquisito sul campo di battaglia, l’orgoglio nella propria abilità con la spada le erano stati di colpo sottratti, perché la forza bruta di Dannyn l’aveva trasformata in una comune donna spaventata… ed era soprattutto per questo che lo odiava.
— Come stai, mia signora? — chiese Ysgerryn, posandole una mano sul braccio con fare paterno. — Ti ha fatto del male?
— Non molto — riuscì a rispondere lei, con voce soffocata.
Nel corridoio si udirono alcune voci maschili che gridavano, poi quattro guardie del re fecero irruzione nella camera con la spada in pugno e si arrestarono di colpo, fissando il loro capitano come se credessero di essere piombate in un incubo. Dannyn cercò di parlare, ma non riuscì ad emettere suono e continuò invece a tremare; dopo un’eternità di dolorosi minuti lo stesso Glyn sopraggiunse in tutta fretta, seguito a ruota da Saddar, e alla vista del fratello Dannyn crollò, gettandosi ai suoi piedi e cominciando a piangere come un bambino, mentre Saddar si ritraeva con un drammatico sussulto.
— Sacrilegio! — strillò il consigliere. — Proprio ciò che da tanto tempo temevo. Lady Gweniver… oh, che abominio!
— Aspetta un momento — intervenne Glyn. — Danno, che significa tutto questo?
Con il volto rigato di lacrime, Dannyn estrasse la spada e la porse al re con l’elsa in avanti, senza però ancora riuscire a parlare.
— Mio signore, Nevyn ed io abbiamo visto tutto — rispose in sua vece Ysgerryn. — Stava cercando di usare violenza alla dama.
— Oh, dèi, quale terribile maledizione la Dea scatenerà su di noi? — gemette Saddar.
Con un brivido incontenibile le guardie si ritrassero di fronte all’uomo che era stato sul punto di profanare una sacerdotessa, e il disgusto presente nei loro occhi indicò che la loro devozione era sincera, qualsiasi cosa Gweniver potesse pensare a proposito di quella del consigliere.
— Danno — insistette il re, — non può essere vero.
— Lo è — replicò Dannyn, costringendosi infine a parlare. — Uccidimi e facciamola finita, d’accordo?
Nel parlare, Dannyn piegò indietro il capo per esporre la gola, ma Glyn si limitò a gettare lontano la spada con un’imprecazione.
— Giudicherò questa faccenda domattina. Guardie, accompagnatelo nella sua camera e tenetelo là… e toglietegli anche la daga — ordinò; lanciando poi un’occhiata agli sgomenti testimoni, aggiunse: — Vorrei consultarmi con Sua Santità. Da solo.