Mentre le guardie portavano via il fratello, Glyn tenne lo sguardo fisso sul fuoco; uno alla volta gli altri si accodarono al gruppetto, Saddar per ultimo, e quando furono usciti tutti il re chiuse la porta sbattendola con violenza. Lasciatosi cadere su una sedia, indugiò quindi per qualche momento ancora a contemplare le fiamme che danzavano nel camino.
— In questa faccenda — disse quindi, — Vostra Santità è il monarca ed io sono il suddito. Assoggetterò Lord Dannyn alla punizione richiesta dalla Dea, ma come uomo ti imploro per la vita di mio fratello. — Fece una pausa, deglutendo a fatica, poi aggiunse: — La pena che la legge prevede per chi infastidisce una sacerdotessa è la pubblica fustigazione seguita dall’impiccagione.
Gweniver si sedette a sua volta e serrò le mani per controllarne il tremito, pensando che avrebbe goduto di ogni frustata che il boia avrebbe assestato a Dannyn e che avrebbe anche goduto nel vederlo impiccare. All’improvviso sentì però la Dea materializzarsi dietro di lei, una presenza scura e fredda quanto il vento invernale che soffiava all’esterno, e si rese conto che se si fosse servita delle leggi sacre per ottenere una vendetta personale avrebbe commesso un atto empio così come se le avesse invece ignorate per dare ascolto alla supplica del re. Sollevando le mani, levò quindi una silenziosa preghiera alla Dea mentre accanto a lei Glyn teneva lo sguardo fisso sul fuoco e attendeva una risposta.
Ogni uomo presente nella grande sala comprese che c’era qualcosa che non andava quando un paggio spaventato si precipitò sulla piattaforma e prese a tirare il re per una manica. Dopo che Glyn si fu allontanato, i nobili e i guerrieri cominciarono tutti ad avanzare supposizioni in un sussurrante flusso di pettegolezzi, chiedendosi cosa potesse essere successo di tanto grave da indurre il paggio ad accantonare in quel modo le buone maniere. Ritenendo che la cosa non lo riguardasse, Ricyn continuò a bere la sua birra, pensando che ben presto avrebbero appreso di cosa si trattava. La sala si stava ormai calmando quando Lord Oldac si fece largo fra i tavoli e gli batté un colpetto sulla spalla.
— Vieni con me, capitano. Il Consigliere Saddar desidera parlarti.
Saddar stava aspettando ai piedi della scala, sfregandosi in continuazione le mani in atteggiamento nervoso… o compiaciuto.
— È successa una cosa terribile, capitano — annunciò il consigliere. — Lord Dannyn ha tentato di usare violenza a Lady Gweniver.
Ricyn ebbe l’impressione che il mondo si fosse raggelato, intrappolandolo nell’immobilità come una foglia morta chiusa nel ghiaccio.
— Ho pensato che dovessi saperlo — proseguì il vecchio. — Francamente, sono terrorizzato all’idea che il nostro signore possa perdonarlo contrariamente a ciò che la giustizia richiede. Se dovesse farlo, ti imploro di chiedere alla tua signora di risparmiare alla città la maledizione della Dea.
— Per tutti gli inferni — ringhiò Ricyn. — Se il nostro signore dovesse cercare una scappatoia in questa faccenda, ucciderò io stesso quel bastardo.
Mentre Oldac e Saddar si scambiavano un fugace sorriso, Ricyn si precipitò su per le scale e lungo il corridoio, arrestandosi davanti alle due guardie poste all’esterno della porta di Gweniver.
— Non puoi passare. Il re è dentro — avvertì una di esse.
Ricyn afferrò l’uomo per la spalla e lo spinse contro il muro.
— Non m’importa chi ci sia lì dentro, fosse anche il Signore dell’Inferno. Devo vedere la mia signora.
Nel momento in cui l’altra guardia cercava di afferrarlo la porta venne spalancata e sulla soglia apparve Gweniver, pallida e scossa ma illesa.
— Mi era parso di sentire la tua voce — disse. — Entra.
Nell’oltrepassare la soglia, Ricyn vide il re che si stava alzando da una sedia: mai prima di allora si era venuto a trovare così vicino all’uomo che più adorava dopo la sua signora, e si lasciò cadere in ginocchio in preda ad un reverenziale timore.
— Cosa significa? — domandò Glyn. — Come hai saputo dell’accaduto?
— Me lo ha detto il Consigliere Saddar, mio signore. Se vuoi puoi farmi frustare per aver disturbato, ma dovevo vedere con i miei occhi che la mia signora era sana e salva.
— Non ne dubito — replicò il re, poi lanciò un’occhiata a Gweniver e aggiunse: — Il Consigliere Saddar, eh?
— E Lord Oldac — aggiunse Ricyn.
Gweniver rifletté su quelle informazioni, e nel guardarla Ricyn comprese che la Dea era in lei per il modo in cui si teneva rigidamente eretta e per il gelido potere che le splendeva nello sguardo.
— Dimmi una cosa, capitano — chiese ancora il re. — In che modo gli uomini prenderanno questa notizia?
— Ecco, mio signore, non posso parlare per gli uomini di Lord Dannyn, ma io e i miei ragazzi combatteremmo contro lo stesso Signore dell’Inferno per difendere l’onore della nostra signora, e non possiamo accettare l’accaduto con calma.
— Soprattutto quando il consigliere continua ad aizzare gli animi, mio signore — intervenne Gweniver. — Sai, comincio a vederci chiaro nel comportamento del Consigliere Saddar… anche se non riusciremo mai a provare nulla.
— Davvero? — Glyn lanciò un’occhiata a Ricyn e aggiunse: — Lasciaci soli.
Ricyn si alzò, s’inchinò e lasciò la stanza indietreggiando. Per il resto della notte rimase disteso sulla sua cuccetta, sveglio e in preda all’ansia, chiedendosi a quali decisioni stessero intanto giungendo la sua signora e il suo re.
Il mattino successivo Gweniver venne a prenderlo agli alloggiamenti, perché per sua personale richiesta gli sarebbe stato permesso di assistere alla sentenza nella camera delle udienze.
Nella camera, Glyn sedeva sul trono in abbigliamento da cerimonia, con la spada d’oro fra le mani; alle sue spalle c’erano quattro consiglieri, fra cui Saddar, alla sua destra c’erano due sacerdoti di Bel, e i testimoni erano invece raccolti ai piedi della piattaforma, Gweniver in mezzo ad essi.
Allo squillo di un corno d’argento quattro guardie scortarono Dannyn nella camera: dai cerchi scuri che gli segnavano gli occhi Ricyn suppose che il nobile non avesse dormito per tutta la notte.
Bene, pensò. Che quel bastardo beva il suo calice fino all’ultima goccia.
— Abbiamo davanti a noi un’accusa di sacrilegio — esordì Glyn. — Lord Dannyn è accusato di aver tentato di profanare la persona di Gweniver, dama e sacerdotessa. Che vengano fornite le testimonianze.
— Mio signore — intervenne Dannyn, — lascia che ti risparmi questo. Mi dichiaro colpevole, quindi fammi portare fuori e uccidere. Se ti ho mai reso qualche servigio, ti prego di farlo subito e in modo rapido.
Glyn lo fissò con occhi tanto freddi da far pensare che stesse guardando uno sconosciuto, e alle sue spalle Saddar sorrise fra sé.
— Lady Gweniver — chiamò quindi il re. — Vieni avanti.
Gweniver avanzò fino a portarsi ai piedi del trono.
— Ti offro di scegliere, secondo i consigli e i desideri della Dea, fra la condanna a morte e l’esilio. L’esilio sarà dalla nostra corte e dalle nostre terre: priveremo Lord Dannyn di ogni diritto, rango e privilegio, ma terremo presso di noi suo figlio, da essere allevato come nostro, perché proviamo compassione per qualcuno troppo giovane per condividere la vergogna del padre. Questa sentenza gli risparmierà la vita soltanto perché il crimine non è stato portato a completamento. Se invece la Dea vorrà altrimenti gli saranno inflitte cinquanta frustate e sarà poi impiccato fino a che morte non sopraggiunga nella piazza del mercato della nostra città di Cerrmor. Nel nome della tua Dea ti chiedo di pronunciare la condanna di quest’uomo.