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Pur sapendo già ciò che Gweniver avrebbe detto, Ricyn ammirò il modo in cui lei finse di riflettere sul problema con aria solenne e profonda; alle sue spalle, Saddar dava l’impressione di aver appena bevuto un sorso d’aceto, perché ormai aveva capito quale piega le cose avrebbero preso. Alla fine, Gweniver si rivolse al re con una riverenza.

— Che sia bandito, mio signore. Anche se si è trattato di un gesto grave e sacrilego, la Dea può essere pietosa davanti ad un crimine apertamente confessato e quando il colpevole è stato spinto alla follia da azioni che esulavano dal suo controllo.

A quel punto Gweniver fece una pausa e incontrò di proposito lo sguardo di Saddar, che impallidì violentemente.

— Allora la sentenza è pronunciata — scandì Glyn, sollevando la sua spada dorata. — Noi qui pronunciamo la summenzionata sentenza di bando contro Dannyn, non più lord. Guardie, accompagnatelo a prepararsi per il viaggio fuori della mia città. Che prenda con sé soltanto i vestiti che indossa, due coperte, una daga e le due monete d’argento dovute ad un uomo messo al bando.

Mentre le guardie scortavano via il prigioniero dai presenti raccolti nell’affollata sala delle udienze si levò un coro di sussurri simile al mormorio dell’acqua corrente. Dal momento che aveva un incarico da assolvere, Ricyn sgusciò invece fuori della sala e si affrettò a raggiungere le camere di Dannyn, trovandolo inginocchiato per terra, intento ad arrotolare un mantello all’interno delle coperte da legare dietro la sella. Dannyn sollevò lo sguardo per un momento poi tornò a concentrarsi sul suo lavoro.

— Sei venuto ad uccidermi? — chiese.

— No. Ti porto qualcosa da parte della mia signora.

— È un vero peccato che non mi abbia lasciato impiccare. Le frustate sarebbero state meglio di questo.

— Non parlare da idiota — ribatté Ricyn, tirando fuori dalla camicia il messaggio già approntato. — Recati a Blaeddbyr e consegna questo a Lord Gwetmar. Con tutti quei dannati Cinghiali lungo il confine ha proprio bisogno di un buon capitano.

Dannyn guardò per un momento il messaggio, poi lo prese e lo ripose all’interno della camicia.

— La tua signora è dannatamente generosa con coloro che conquista, ma accettare il suo favore è la cosa peggiore di tutte. Sii sincero con me, Ricco, in ricordo di tutte le battaglie che abbiamo affrontato insieme… hai diviso il suo letto o no?

La mano di Ricyn parve scivolare di propria iniziativa verso l’elsa della spada.

— No, e non lo farò mai.

— Huh. Allora ti accontenti di essere il suo cagnolino al guinzaglio, vero? Ti credevo più uomo di così.

— Stai dimenticando la Dea.

— Huh. — Il verso fu più uno sbuffo che una parola.

Ricyn si trovò la spada in mano senza neppure essersi accorto di averla estratta: davanti a lui, Dannyn si era appoggiato all’indietro sui talloni e lo stava fissando con un piccolo sogghigno sul viso. Con uno sforzo di volontà, Ricyn si costrinse a riporre l’arma nel fodero.

— Sei un astuto bastardo, vero? Ma non ho intenzione di ucciderti per risparmiarti la tua vergogna.

Mentre Dannyn si accasciava come un sacco di farina vuoto, Ricyn girò sui tacchi ed uscì sbattendosi la porta alle spalle.

Il cortile era ingombro di gente da un muro di cinta all’altro: ogni nobile, ogni cavaliere, ogni servo vi era affluito e stava aspettando fra un mormorio di commenti sussurrati. Ricyn trovò Gweniver e Nevyn vicino alle porte, accanto ad un paio di guardie che trattenevano per le briglie il castrato nero di Dannyn, sellato e pronto. Quando Dannyn uscì dalla rocca la folla si separò per lasciarlo passare e lui si avviò a testa alta, dondolando da una mano il rotolo delle coperte con lo stesso atteggiamento allegro che avrebbe potuto avere se fosse stato in procinto di partire per una campagna militare. I sussurri aumentarono di tono intorno a lui, ma Dannyn si limitò a sorridere alle guardie mentre batteva un colpetto sul collo del cavallo e legava le coperte dietro la sella, ignorando le risatine e le dita puntate di alcune sguattere. Quando infine montò in sella al di sopra dei sussurri si udirono alcuni beffardi commenti relativi alle sue origini bastarde, ma Dannyn si limitò a girarsi sulla sella per inchinarsi in direzione di chi lo derideva, senza cessare di sorridere.

Spinta da un impulso che Ricyn non riuscì a comprendere, Gweniver lo seguì allorché oltrepassò le porte della fortezza; incontrando lo sguardo di Nevyn, Ricyn gli fece cenno di accompagnarlo e si affrettò ad andare dietro alla sua signora. Durante tutta la lenta cavalcata di Dannyn attraverso le strade affollate la gente si girò a guardarlo, sussurrando e a volte chiamandolo bastardo, ma lui mantenne il suo portamento eretto e orgoglioso. Giunto alle porte della città rivolse un inchino alle guardie e spronò il cavallo al galoppo, puntando verso la strada. Soltanto allora Ricyn emise un sospiro di sollievo, avvertendo nonostante tutto dentro di sé una fitta di compassione.

— Mia signora — chiese a Gweniver, — perché lo hai seguito?

— Volevo vedere se avrebbe ceduto. È un peccato che non lo abbia fatto.

— Per gli dèi, Gwen! — scattò Nevyn. — Speravo che avresti trovato nel tuo cuore la capacità di perdonarlo.

— Questa è la prima cosa stupida che ti abbia mai sentito dire, buon signore. Perché avrei dovuto perdonarlo? Ho concesso al re di bandirlo nel suo stesso interesse e non per Dannyn, e il nostro signore è dannatamente fortunato di essere riuscito ad ottenere da me almeno questo.

— Sai — ribatté il vecchio, con una certa asprezza, — l’odio lega fra loro due persone più strettamente dell’amore. È una cosa su cui dovresti riflettere.

Tutti e tre si avviarono con passo tranquillo lungo la strada che portava a nord, costeggiata dai verdi prati del dominio personale del re. Nel cielo freddo e limpido le nubi bianche s’inseguivano sotto la spinta di un vento sempre più forte e Ricyn cominciava già a pensare che gli avrebbe fatto piacere tornare al calore della grande sala quando scorse un cavallo che trottava verso di loro lungo la strada: era il castrato nero di Dannyn, privo di cavaliere e con le redini legate alla sella. Con un’imprecazione Ricyn corse in avanti per afferrare le redini dell’animale, e vide che il bagaglio del suo padrone era ancora tutto assicurato alla sella.

— Oh, dèi — mormorò Nevyn. — Gwen, riporta il cavallo alla fortezza, spiega alle guardie come lo abbiamo trovato e fatti riaccompagnare qui da qualcuna di loro. Ricco, tu vieni con me… non può essere lontano.

Un momento più tardi Ricyn scoprì che Nevyn era in grado di correre sorprendentemente in fretta per un uomo della sua età. I due proseguirono lungo la strada per circa ottocento metri, fino ad una collinetta sulla cui sommità cresceva una quercia isolata sotto la quale era seduto qualcuno. Imprecando, Nevyn corse su per la collina e Ricyn gli andò dietro ansando: Dannyn era accasciato in avanti, con la daga insanguinata ancora stretta in pugno dopo essersi tagliato la gola a meno di tre chilometri di distanza dal re che lui venerava. Nel volgere le spalle al corpo, Ricyn poté scorgere la fortezza di Dun Cerrmor che si levava sopra la città, con la bandiera rossa e argento che si agitava al vento.

— Ah, dannazione — mormorò. — Povero bastardo.

— Per te questa è una vendetta sufficiente?

— È eccessiva. Ha il mio perdono, per quello che gli potrà servire nell’Aldilà.

Annuendo appena Nevyn gli volse le spalle.

— Benissimo — disse fra sé. — Se non altro questo è un anello della catena che si spezza.

— Cosa?

— Oh, nulla, nulla. Guarda, ecco che arrivano le guardie dalla città.

TRE

Nevyn si trattenne a Cerrmor per un altro anno, ma infine giunse il momento in cui non poté più tollerare di vedere Gweniver partire per la guerra o di aspettare il suo ritorno temendo che questo non avvenisse. In un umido giorno di primavera il vecchio lasciò quindi la fortezza e si diresse al nord senza una meta precisa, per prestare le sue cure alla umile gente del regno. Anche se inizialmente pensò spesso a Gweniver, molte altre cose contribuivano a turbare il suo cuore e a poco a poco il ricordo di lei si attenuò. Anno dopo anno le guerre infuriarono e le pestilenze si diffusero sulla loro scia. Dovunque andava, Nevyn cercava di consigliare i nobili a cercare la pace e di aiutare la gente comune a sopravvivere, ma per quanto le persone da lui aiutate gli fossero grate aveva comunque la sensazione di fare ben poco di buono e cominciava a cedere alla disperazione. Nel profondo del suo cuore raggiunse i Sentieri Oscuri, dove perfino il dweomer si trasforma in polvere e in cenere, senza recare conforto né gioia. Per dovere, continuò comunque a servire la Luce e a portare avanti il suo lavoro, ma l’ultima e più crudele beffa fu proprio quella di farlo per dovere soltanto e non più per amore.