— La figlia più piccola di tuo fratello? — chiese Nevyn.
— No, è mia. Mi disprezzi per questo?
— Eh? Cosa mai può averti indotta a pensarlo?
— Ecco, mio fratello è tutt’altro che contento di avere una bastarda nella famiglia, e sono fortunata di riuscire a guadagnare il denaro necessario a nutrirci entrambe.
Quasi sapesse che si stava discutendo di lei, la bambina sbadigliò e spalancò per un momento gli occhi azzurri come fiordalisi, tornando poi ad addormentarsi.
— Perché suo padre non ti ha sposata?
— Perché è sposato con un’altra. So di non essere una stupida, ma non posso fare a meno di amarlo.
Nevyn si sedette sulla cassapanca di legno: non si sarebbe mai aspettato che la sua astuta Gavra si lasciasse impegolare in un pasticcio del genere. Appoggiandosi al davanzale, Gavra lasciò intanto vagare lo sguardo sul ristretto panorama costituito da un’altra casa, e da un piccolo cortile polveroso che ospitava una stia per i polli.
— Il Principe Mael — disse bruscamente. — Il mio povero amore prigioniero.
— Oh, dèi!
— Ti prego di non dirlo a nessuno, perché potrebbero uccidere la bambina se venissero a sapere che Eldidd ha qui in città una bastarda di sangue reale. Ho detto a tutti che suo padre era uno dei cavalieri del re… un certo Dagwyn che è rimasto ucciso in battaglia lo scorso anno. Vedi, Lady Gweniver mi sta aiutando in questa faccenda, e del resto pare che Dagwyn fosse piuttosto famoso fra le ragazze locali, per cui tutti mi hanno creduto senza pensarci due volte.
— Gweniver è la sola a saperlo?
— Soltanto lei… neppure Ricyn ne è informato. — Gavra s’interruppe e abbassò lo sguardo sulla culla con un asciutto sorriso. — Dovevo dirlo a qualcuno, e Gweniver è pur sempre una sacerdotessa, qualsiasi altra cosa possa essere. Comunque è una cosa triste: a volte Ricyn viene qui e mi regala qualche moneta per la figlia del suo amico… la piccola Ebrua sembra significare molto per lui.
— Allora è meglio che non sappia mai la verità. Ma spiegami come è potuto succedere… riesci forse a volare nell’aria come un uccello?
— Oh, ho salito le scale della torre, su questo non ci sono dubbi — replicò Gavra, quasi ridendo. — Non molto tempo dopo la tua partenza il principe ha avuto la febbre e in quel momento tutti i medici erano lontani con le truppe, così Orivaen ha mandato a chiamare me perché tenessi in vita il loro ostaggio. Oh, dèi, ho provato tanta compassione per Mael, e Orivaen mi ha permesso di continuare ad andare a trovarlo come eri solito fare anche tu. Mael si è offerto di insegnarmi a leggere e a scrivere, tanto per passare il tempo, e così sono cominciate le lezioni, siamo diventati amici e… — Gavra lasciò la frase in sospeso con un’eloquente scrollata di spalle.
— Capisco. Sa della bambina?
— Come potrebbe non saperlo? Il mio povero amore prigioniero.
Quando fece ritorno alla fortezza Nevyn provvide come prima cosa a salire nella torre per far visita al principe. Anche se la sua confortevole camera non era cambiata, adesso Mael era un uomo: più alto e robusto, passeggiava per la stanza con andatura grave invece di tormentarsi nell’agonia dell’impazienza, ed era anche pallidissimo, con la pelle color alabastro che per contrasto faceva apparire ancora più scuri i capelli corvini. Con un sussulto, Nevyn si rese conto che erano trascorsi sette anni dall’ultima volta che il principe era stato esposto ai raggi del sole.
— Non puoi immaginare quanto mi faccia piacere vederti — lo salutò Mael. — Quando sei partito ho molto sentito la mancanza del mio tutore.
— Te ne chiedo perdono, ma il dweomer conduce gli uomini lungo molte strade strane. Mi pare però di averti lasciato in buone mani… ho parlato con Gavra.
Il principe divenne scarlatto in volto e gli girò le spalle.
— Ah, bene — disse dopo un momento. — È davvero strano. C’è stato un tempo in cui avrei pensato che una donna di umile nascita fosse indegna di essere anche soltanto notata da me, ed ora invece mi chiedo cosa possa mai Gavra trovare in un disgraziato mio pari.
— Senza dubbio Vostra Altezza ha avuto un aspro Wyrd.
— Oh, meno aspro di quello di tanti altri. Vedi, mi sono stancato di autocompatirmi: alcuni uomini sono come falchi, che muoiono giovani in battaglia, mentre io sono un piccolo fringuello chiuso in una gabbia regale che sogna di volare fra gli alberi. La gabbia però è confortevole e la mia ciotola è piena di semi.
— Questo è vero.
— I libri che mi hai lasciato hanno inoltre costituito un conforto sempre maggiore, e Gavra mi ha trovato un’opera interessante presso un rivenditore di libri nel tempio di Wmm. Si tratta di un compendio di un filosofo chiamato Ristolyn, che è vissuto nell’Alba dei Tempi. Era un Rhwman?
— No, apparteneva alla tribù chiamata dei Greggycion, un popolo saggio a giudicare dal poco che ci resta delle loro opere. Io credo che i dannati Rhwmanes abbiano conquistato il loro regno così come hanno fatto con quello appartenente ai nostri antenati, nella terra natale. Ristolyn mi ha sempre colpito come uno scrittore degno di notevole riflessione. Ho letto parte della sua Etica di Nicomachea.
I due trascorsero una piacevole ora discutendo di cose che Nevyn non aveva più sentito menzionare da anni. Anche se Mael si espresse per tutto il tempo con l’entusiasmo di uno studioso nato, quando giunse per Nevyn il momento di andarsene la malinconia si riversò su di lui intensa come un banco di nebbia, perché in fin dei conti non era davvero uno studioso ma soltanto un uomo disperato che si aggrappava a tutto ciò che poteva evitargli di impazzire.
Lasciare la silenziosa camera di Mael e scendere nella grande sala fu come entrare in un altro mondo. Dal momento che l’esercito si stava radunando la sala era piena al massimo di nobili e di bande di guerra e dappertutto c’erano uomini che gridavano, scherzavano, ordinavano birra e si scambiavano battute. Nevyn sedette al tavolo immediatamente ai piedi della piattaforma, insieme ad Orivaen e ai consiglieri del re, e quando i servi cominciarono a servire il pasto Glyn emerse dalla sua porta privata insieme a Gweniver. Allorché il sovrano si accostò alla tavola d’onore, però, la ragazza lasciò la piattaforma e andò a cenare con Ricyn e con le guardie reali.
— Lady Gweniver sembra nutrire un certo disprezzo per la nobiltà — osservò Nevyn, rivolto ad Orivaen.
— Infatti. Di tanto in tanto ho cercato di parlarle al riguardo, ma non si può discutere con chi è toccato dagli dèi.
Durante il pasto, Nevyn ebbe cura di osservare Glyn, che non sembrava minimamente cambiato e appariva eretto e cortese come sempre mentre sorrideva di una battuta o ascoltava la conversazione dei suoi nobili vassalli. Il cambiamento da lui subito divenne però evidente più tardi, quando un paggio accompagnò Nevyn negli appartamenti privati del sovrano, dove Glyn lo attendeva in piedi vicino al camino. La luce delle candele scintillava sugli argenti, brillava sui ricchi colori degli arazzi e dei tappeti e sottolineava gli occhi incavati del re; pur insistendo perché Nevyn si sedesse, nel parlare con lui Glyn continuò a passeggiare con irrequietezza vicino al camino. In un primo tempo i due si scambiarono soltanto notizie e convenevoli, poi l’esteriore atteggiamento regale di Glyn si logorò a poco a poco e infine lui si appoggiò pesantemente contro la mensola del camino mostrandosi per quel che era, un uomo dal cuore dolente.