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Il percorso che seguì per tornare alla locanda lo portò attraverso una delle molte piazze aperte della città. Anche se quello non era giorno di mercato, una folla di rispettabili dimensioni si era raccolta intorno ad una piattaforma improvvisata con alcune travi e botti di birra, sulla quale si trovava un uomo alto e snello con i capelli più chiari che Sarcyn avesse mai visto e con occhi grigi come il fumo. Dal momento che il giovane era molto attraente, con lineamenti quasi femminei, Sarcyn si fermò a guardare mentre lui estraeva con mosse elaborate una sciarpa rossa dalla manica della camicia, la gettava in aria e la faceva apparentemente scomparire in mezzo agli applausi dei presenti.

— Salute a voi, gentili cittadini. Io sono un saltimbanco, un menestrello girovago, un cantastorie che vende soltanto bugie, scherzi e giochi. In breve, sono un gerthddyn, venuto a condurvi per poche piacevoli ore nella terra che non è mai stata e che mai sarà. — Nel parlare il giovane fece riapparire la sciarpa, che poco dopo tornò a scomparire. — Sono originario di Eldidd e potete chiamarmi Salamander, perché il mio vero nome è tanto lungo che non lo ricordereste mai.

Ridendo, la gente gli gettò qualche moneta di rame. Sarcyn, dal canto suo, prese in considerazione l’idea di continuare alla volta della locanda, perché quel genere di sciocchezze non avevano nulla da offrire ad un uomo come lui, che conosceva la vera oscurità del mondo; il gerthddyn era però molto attraente e forse avrebbe acconsentito a farsi offrire un boccale di birra dopo lo spettacolo. Un momento più tardi, il giovane dimostrò di essere anche un eccellente cantastorie, lanciandosi nella narrazione di una storia relativa a Re Bran e ad un potente mago dell’Alba dei Tempi mentre la folla lo ascoltava affascinata. Nel portare avanti la narrazione, il gerthddyn recitò tutte le singole parti, rendendo la voce melodiosa nel rappresentare una bella fanciulla, assumendo un tono ringhiante per il mago malvagio e tonante per il possente re. Di tanto in tanto, intonò anche qualche canzone connessa alla storia, eseguendola con una vibrante voce tenorile. Giunto a metà della narrazione, però, il giovane s’interruppe fingendosi sfinito, e subito una pioggia di monete cadde sul palco improvvisato per rinvigorire il suo spirito stanco.

Pur sentendosi stupido per questo, Sarcyn godette di ogni istante della narrazione, divertito per ragioni che non erano soltanto quelle più ovvie. Ogni volta che la folla rabbrividiva di tranquillo timore di fronte alle orribili imprese attribuite al mago malvagio, Sarcyn rideva dentro di sé, perché tutte quelle stragi inutili e quei piani ridicoli e complessi per fare del male alla gente non esìstevano nel dweomer oscuro. Mai, neppure una volta, il narratore accennò al vero nucleo di tutto: il dominio. Prima un uomo dominava se stesso fino a divenire freddo e duro come una sbarra di ferro, poi si serviva di quell’anima d’acciaio per strappare ciò che voleva agli artigli di un mondo ostile. Certo, a volte alcune persone morivano o finivano distrutte psicologicamente, ma si trattava sempre di deboli che meritavano la loro sorte e la loro sofferenza era una cosa secondaria, non lo scopo ultimo.

Finalmente il gerthddyn giunse alla conclusione della storia, e la sfumatura rauca nella sua voce mostrò con chiarezza perché non intendesse raccontarne una seconda, nonostante le suppliche della gente. Mentre la folla si disperdeva, Sarcyn si avvicinò al cantastorie e gli mise in mano una moneta d’argento.

— È stata la storia meglio narrata che abbia mai sentito — affermò. — Posso offrirti un boccale di birra? Hai di certo bisogno di qualcosa che ti rinfreschi la gola.

— Infatti — replicò Salamander, studiandolo per un momento prima di esibire un accenno di sorriso. — Purtroppo, però, non posso accettare la tua generosa offerta, perché ho qui in città una ragazza che proprio ora mi sta aspettando.

L’accento posto sulla parola «ragazza» era intenso quanto bastava per trasmettere il tacito messaggio senza scivolare nella scortesia.

— D’accordo — ribatté Sarcyn. — Allora ti saluto.

Mentre si allontanava, si sentì però più turbato che deluso: quel gerthddyn aveva occhi insolitamente acuti, oppure lui aveva tradito il proprio interesse più di quanto fosse sua intenzione fare. Alla fine, giunse alla conclusione che un uomo che si guadagnava da vivere vagando lungo le strade doveva aver visto e sentito abbastanza da saper riconoscere una proposta quando gli veniva rivolta. Sul limitare della piazza, tuttavia, si fermò per lanciare un’ultima occhiata all’avvenente gerthddyn e lo vide allontanarsi seguito da una folla di esseri del Popolo Fatato. La cosa lo indusse a immobilizzarsi dov’era: anche se Salamander sembrava inconsapevole dei suoi strani compagni, l’interesse che essi manifestavano nei suoi confronti poteva benissimo significare che lui possedeva il dweomer della luce.

Sei stato dannatamente fortunato che abbia rifiutato quella birra disse a se stesso, poi si affrettò a rientrare alla locanda, decidendo che avrebbe dovuto fare il modo che il gerthddyn non avesse più modo di vederlo per il resto della sua permanenza a Cerrmor.

Il giorno successivo le nubi si dissiparono e un intenso sole primaverile sorse splendente sul porto. Mentre sostava sul ponte di poppa della mercantile del Bardek di cui era capitano e proprietario, Elaeno si chiese come facessero quei barbari a tollerare di indossare calzoni di lana con un simile clima. Lui stesso portava una semplice tunica di lino e sandali, ma anche così il calore era umido e opprimente, mentre nella sua isola natale di Orystinna le giornate estive erano più secche e più facili da sopportare.

Sotto di lui, sul ponte principale, una squadra di scaricatori del porto di Cerrmor lavorava nuda fino alla cintola, e poco lontano Masupo, il mercante che aveva affittato la nave per quel viaggio, stava controllando lo sbarco di ogni botte e di ogni cassa, alcune delle quali contenevano fini oggetti di vetro fabbricati appositamente per essere venduti alla nobiltà di quei barbari.

— Signore! — chiamò il primo nostromo. — Gli ufficiali della dogana ti vogliono parlare.

— Arrivo subito.

Sul molo di legno erano in attesa tre uomini di Deverry, tutti biondi e azzurri di occhi e quindi difficili da distinguere come succedeva sempre con tutti quei barbari di Cerrmor. All’avvicinarsi di Elaeno i tre parvero sorpresi, poi assunsero in fretta un’espressione di cortesia, ma del resto Elaeno era abituato a quel genere di reazioni, che la sua figura provocava anche nelle isole che gli uomini di Deverry riunivano sotto il nome di Bardek. Come molti uomini della sua terra natale, infatti, Elaeno era alto circa due metri, aveva una corporatura robusta e una pelle di un nero tanto intenso da tendere all’azzurro, e non di una delle più comuni e svariate tonalità marrone che si vedevano di solito. Gli Orystinniani erano orgogliosi della loro diversità dalla gente del Bardek, che fino ad una recente guerra combattuta per mare era stata solita razziare le loro terre per catturare schiavi.

— Buon giorno, capitano — lo salutò uno dei barbari. — Io sono Lord Merryn, capo della dogana in nome di Sua Grazia il Gwerbret Ladoic di Cerrmor.

— Buon giorno a te, mio signore. In cosa ti posso servire?

— Ho bisogno del permesso di perquisire la tua nave dopo che il carico sarà stato rimosso. Mi rendo conto che è una cosa alquanto antipatica da chiedere, ma di recente abbiamo avuto un brutto problema con il contrabbando di merci di un certo tipo. Se lo desideri, possiamo esentare la tua nave dalla perquisizione, ma in quel caso né tu né i tuoi uomini potrete scendere a terra.