— Infatti, e sarò lieto di ficcare il mio lungo naso elfico nella faccenda per conto tuo.
— Non ficcarlo tanto da fartelo tagliare — avvertì Elaeno. — Ricorda che si tratta di uomini pericolosi.
— Benissimo, allora sarò tutto cautele, astuzie, trappole e inganni.
Circa quindici chilometri ad est di Dun Deverry viveva una donna chiamata Anghariad, che aveva ricevuto a titolo di pensione un piccolo appezzamento di terra dopo aver prestato per anni servizio alla corte del re. Nessuno dei suoi vicini sapeva con esattezza quale mansione la donna avesse svolto a corte, perché Anghariad era di indole taciturna, ma dato che conosceva molto bene le erbe tutti supponevano che avesse fatto da levatrice ed erborista. Spesso la gente del villaggio veniva da lei e barattava polli e prodotti della terra in cambio delle sue cure invece di affrontare la lunga camminata fino in città per recarsi da un farmacista, ma chi andava a farle visita di solito incrociava le dita nel segno che teneva lontano la stregoneria, perché c’era qualcosa di strano in quella vecchia dagli occhi scuri e brillanti e dalle guance incavate.
Apparentemente, i nobili non si erano inoltre dimenticati della donna che li aveva serviti, perché era cosa frequente vedere un paio di cavalli di razza dai finimenti costosi legati davanti alla sua capanna, o addirittura una nobile dama che conferiva in toni urgenti con Anghariad nel suo giardino di erbe mediche. Spesso gli abitanti del villaggio si chiedevano cosa i nobili potessero avere da dire alla vecchia, e se lo avessero saputo ne sarebbero rimasti sgomenti, perché l’idea stessa dell’aborto era repellente per quei contadini per i quali ogni figlio era un paio di braccia in più che avrebbe aiutato a lavorare la terra.
A parte le pozioni abortive, Anghariad aveva anche altre strane cose da vendere ai clienti giusti, e quel pomeriggio rimase molto seccata di fronte alla scarsità delle merci che Sarcyn aveva da offrirle.
— Non ci posso fare niente — le spiegò lui. — Uno dei nostri corrieri è stato catturato con tutte le sue merci, giù a Cerrmor, e sei dannatamente fortunata che io abbia con me anche una scorta minima di oppio.
La donna raccolse la nera barra di oppio e la graffiò con l’unghia, esaminando con attenzione il modo in cui si sgretolava.
— Lo preferisco più raffinato di così — scattò poi. — I nobili hanno gusti più difficili delle prostitute e degli scaricatori di porto del Bardek.
— Ti ho già detto che sei dannatamente fortunata già ad avere questo. Ascolta, se mi farai un favore te lo lascerò senza pretendere nulla.
Di colpo, la vecchia divenne tutta gentilezze e sorrisi.
— Conosco alcuni dei tuoi clienti abituali — proseguì Sarcyn, protendendosi in avanti. — Fra essi ce n’è uno che mi interessa in maniera particolare e voglio incontrarlo. Informa Lord Camdel dell’avvenuta consegna e chiedigli di venire qui da solo.
— Oh, dèi! — borbottò Rhodry. — Finalmente troviamo una taverna con un sidro decente e tu mi dici che non ce lo possiamo permettere!
— Ecco — replicò Jill, — se tu non fossi troppo dannatamente orgoglioso per farti assumere come guardia di carovana…
— Non si tratta di orgoglio! Non è una cosa onorevole!
Jill levò gli occhi al cielo, come per chiamare gli dèi a testimoni di tanta cocciutaggine, e lasciò cadere l’argomento. In effetti, dall’inverno era avanzata loro una buona quantità di denaro, ma lei non aveva nessuna intenzione di farlo sapere a Rhodry perché lui era proprio come suo padre, sempre pronto a consumare denaro nel bere o a donarlo a qualche mendicante senza mai pensare a quello che poteva attenderli l’indomani sulla lunga strada. Di conseguenza, come già aveva fatto con Cullyn, Jill lasciava credere a Rhodry che anche loro fossero ormai prossimi all’indigenza.
— Se spendi i soldi per il sidro adesso — sottolineò, — come ti sentirai quando saremo costretti alla fame, senza neppure una moneta di rame per comprare un po’ di pane? Scommetto che allora il ricordo del sidro ti riuscirà decisamente amaro.
— Oh, d’accordo, mi accontenterò della birra.
Jill gli porse quattro monete di rame e lui andò a prendere la birra. Si trovavano nella sala comune della locanda più economica di Dun Aedyn, una prospera città commerciale nel centro di una delle zone agricole più fertili dell’intero regno. Quando avevano lasciato Cerrmor si erano diretti da quella parte perché avevano sentito dire che si stava per scatenare una faida fra il signore di quella città e un suo vicino, ma sfortunatamente il gwerbret locale aveva sistemato le cose prima del loro arrivo: Dun Aedyn era troppo importante per il rhan perché il gwerbret restasse impassibile e la lasciasse devastare dalla guerra.
Tornato con due boccali, Rhodry li posò sul tavolo e sedette accanto a lei.
— Sai — osservò Jill, — potremmo dirigerci ad est verso l’Yr Auddglyn. Là ci saranno di certo dei combattimenti, quest’estate.
— È vero, ed è dannatamente più vicino di Cerrgonney. Prendiamo la strada attraverso le colline che segnano il confine?
Dal momento che la strada che attraversava le colline era più breve di quella che si snodava a sudest lungo la costa, Jill stava per assentire quando sentì d’un tratto una mano invisibile calarle sulla bocca per impedirle di parlare e seppe, in maniera cieca e irrazionale, che avrebbero dovuto dirigersi a Dun Manannan prima di proseguire per l’Auddglyn. Di nuovo il dweomer, dannazione! Per un momento Jill lottò contro quella sensazione, dicendosi che sarebbero passati dalle colline se era questa la loro intenzione, ma al tempo stesso continuò ad avvertire l’intensa e cocciuta convinzione che qualcosa d’importante sarebbe accaduto loro a Dun Manannan.
— Hai sentito quello che ho detto? — scattò Rhodry.
— Sì, scusami. Uh… senti amore, vorrei prendere invece la strada della costa. So che è più lunga, ma… ah, ecco… c’è una cosa che vorrei chiedere a Otho il Gioielliere.
— D’accordo, allora. Abbiamo però denaro a sufficienza per prendere la strada più lunga?
— Lo avremmo se tu accettassi quell’incarico come guardia, dato che la carovana è diretta verso la costa. — Jill gli posò le mani sulle spalle e lo fissò negli occhi con un sorriso. — Per favore, amore…
— Ah, dannazione, non…
Jill troncò le sue proteste con un bacio.
— E va bene — si arrese lui, con un sospiro. — Vado subito a cercare quel mercante.
Dopo che Rhodry si fu allontanato, Jill riprese a sorseggiare la propria birra, riflettendo su quello strano pensiero che le era affiorato nella mente di sua iniziativa. Si chiese anche perché avesse ceduto ad esso, ma la risposta era facile: semplice curiosità. Se non fossero andati a Dun Manannan, lei si sarebbe poi chiesta per sempre che cosa avrebbero trovato là.
Dal momento che il Sommo Re si sarebbe infuriato se avesse scoperto che i suoi nobili vassalli consumavano oppio del Bardek, quei pochi che avevano preso la pericolosa abitudine non vi indulgevano mai all’interno della fortezza. Giù nella città di Dun Deverry c’era una lussuosa locanda il cui piano superiore era riservato ai nobili clienti che avevano bisogno di una camera per motivi privati: più di una graziosa ragazza della città aveva perso la propria virtù in quella locanda e più di una pipa di oppio ne aveva contaminato l’aria. In occasione del suo secondo incontro con Lord Camdel, incaricato del Bagno del Re, Sarcyn aveva quindi affittato lì una camera.