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Adesso il giovane nobile se ne stava in parte seduto in parte sdraiato a ridosso di un mucchio di cuscini su un divano nello stile del Bardek, e rigirava una pipa d’argilla vuota fra le lunghe dita; prossimo ai vent’anni, Camdel era di struttura snella, con folti capelli castani, profondi occhi dello stesso colore e un sorriso accattivante. Nel complesso, Sarcyn lo trovava attraente, ma i pettegolezzi di Anghariad avevano messo bene in chiaro il fatto che i gusti del giovane nobile erano orientati verso le ragazze… se però tutto fosse andato per il verso giusto, presto Camdel si sarebbe trovato in una posizione tale da non potergli rifiutare più nulla.

— Vostra Signoria sembra essere proprio il tipo di giovane ambizioso che noi stavamo cercando — osservò Sarcyn. — Unirti a noi potrebbe risultare per te molto proficuo.

Con un piccolo cenno di assenso, Camdel sollevò lo sguardo degli occhi dalle pupille dilatate sotto le palpebre appesantite. Osservandolo, Sarcyn pensò che quel raffinato cortigiano aveva un’opinione molto alta di se stesso e sarebbe stato quindi un pesce facile da prendere all’amo usando l’adulazione come esca.

— Non mi dispiacerebbe liberarmi completamente di Anghariad — osservò Camdel. — La roba che vende lei è dannatamente cara.

— Proprio così, e se cominciassi a venderla tu stesso potresti ottenere da noi un prezzo molto migliore. Sono certo di poter confidare nella tua discrezione, mio signore.

— Ma certo. È nel cappio anche il mio collo, giusto?

Sarcyn sorrise, pensando che l’immagine era fin troppo appropriata.

— Prima però di acconsentire a qualsiasi cosa — proseguì Camdel, — insisto per parlare con qualcuno più importante di un semplice corriere.

— Certamente, Vostra Signoria. Io sono stato mandato soltanto per appurare se eri interessato, e ti garantisco che ora l’uomo che comanda ti contatterà personalmente quando arriverà a Dun Deverry, fra una settimana.

— Bene. Puoi dirgli di organizzare un altro incontro qui.

Sarcyn chinò il capo in un piccolo gesto di umiltà, ma sorrise interiormente. Si era infatti chiesto come procurare l’incontro fra il nobile ed Alastyr, ma l’arroganza stessa di Camdel gli aveva facilitato le cose.

Con la sua lenta andatura, la carovana impiegò quattro giorni per arrivare a Dun Manannan, ma finalmente la lunga colonna di uomini e di muli si snodò nello spiazzo aperto al centro della città che fungeva da piazza del mercato; dopo aver ritirato la paga Rhodry e Jill si diressero verso una piccola locanda economica vicino al fiume in cui avevano pernottato l’autunno precedente, ma ebbero la triste sorpresa di scoprire che era bruciata: pochi sterpi neri puntavano desolatamente verso il cielo là dove prima c’era il tetto di paglia, ed anche metà della sala comune era carbonizzata. Una donna di passaggio spiegò loro spontaneamente che un paio di giovani della città avevano scatenato una rissa, con il risultato che una candela era stata fatta cadere sulla paglia che copriva il pavimento.

— Oh, dannazione — commentò Jill. — Adesso ci dovremo accampare vicino alla strada.

— Cosa? — scattò Rhodry. — Dall’altro lato della città c’è una locanda che va benissimo per noi!

— È costosa.

— Non me ne importa, mio avaro amore. Dopo essermi accampato in mezzo a quei muli puzzolenti voglio un bagno e ne avrò uno.

Dopo una breve discussione alla fine Jill si arrese e gli permise di precederla verso l’altra locanda. Sebbene il locandiere sembrasse tutt’altro che soddisfatto di accogliere due daghe d’argento, Jill riuscì al tempo stesso a rabbonirlo e a risparmiare un po’ di soldi suggerendogli che avrebbero potuto dormire nel fienile ad un prezzo ridotto. Nonostante tutto, alla fine dovette comunque ammettere che era piacevole concedersi un bagno vero e proprio invece di doversi limitare ad una nuotata in un ruscello gelido… anche la sala comune era gradevole e al contrario di quelle a cui era abituata non puzzava di paglia marcia e di cani sporchi. Lei e Rhodry si trovarono ad avere un tavolo tutto per loro perché i clienti che entravano lanciavano un’occhiata a Rhodry, un’altra al pomo della sua daga d’argento e si andavano a sedere altrove… un doppio insulto se si considerava che gli avventori erano per lo più contrabbandieri.

Alcuni minuti più tardi entrò però un uomo che era evidentemente un viaggiatore di passaggio, a giudicare dalle occhiate sospettose che gli avventori locali gli indirizzarono. L’uomo, che indossava un mantello verde di buona qualità, calzoni grigi di lana morbida, una camicia ricca di ricami, diede al garzone una moneta d’argento perché portasse dentro i suoi bagagli, là dove una moneta di rame sarebbe stata più che sufficiente, e insistette anche perché il locandiere gli mostrasse la camera migliore che aveva. Mentre il nuovo venuto seguiva il locandiere su per le scale a chiocciola, Jill l’osservò con curiosità: alto e snello, lo sconosciuto aveva i capelli chiarissimi e i lineamenti attraenti e ben modellati di qualcuno che doveva avere nelle vene una buona dose di sangue elfico, e aveva anche un aspetto stranamente familiare, anche se non le riusciva di stabilire dove poteva averlo visto.

Notando il suo interesse, il garzone della locanda si affrettò ad avvicinarsi.

— Quell’uomo si chiama Salamander — spiegò, — ed è un gerthddyn.

— Davvero? Allora passeremo momenti splendidi ascoltando le sue storie, più tardi.

Da quella informazione, Jill dedusse che nel percorrere la lunga strada le doveva essere capitato di assistere ad una rappresentazione del gerthddyn, ma quando più tardi scese dabbasso, Salamander si fermò a osservare Rhodry con espressione perplessa, quasi stesse pensando che avrebbe dovuto conoscere quella daga d’argento, e nel vederli entrambi di profilo Jill comprese infine la verità: il gerthddyn somigliava al suo uomo abbastanza da poter essere suo fratello. In quel momento Jill rammentò lo strano pensiero che l’aveva indotta a passare da Dun Manannan e rabbrividì.

— Buon signore — chiamò, — vieni a unirti a noi, se vuoi. Fa sempre piacere offrire un boccale ad un gerthddyn.

— Ti ringrazio, bella signora — replicò Salamander, con un inchino, — ma permettimi di essere io ad offrire il primo giro.

Una volta che la birra fu servita e pagata, Salamander si sedette al loro tavolo con atteggiamento cordiale, e lui e Rhodry si studiarono a vicenda per un momento, entrambi perplessi. In fin dei conti, tutti e due si specchiavano soltanto una volta al giorno quando si radevano, e gli specchi di bronzo non fornivano mai un’immagine veramente nitida.

— Senti, ci siamo già incontrati in passato? — chiese Rhodry.

— Mi stavo giusto domandando la stessa cosa, daga d’argento.

— Sei mai stato ad Aberwyn?

— Oh, molte volte. È di là che vieni?

— Sì, e può darsi che ti abbia visto narrare qualche storia sulla piazza del mercato. Io mi chiamo Rhodry, e questa è Gilyan.

Salamander scoppiò a ridere e accennò un gesto di saluto con il boccale.

— Allora il nostro è davvero un incontro fortunato. Io sono un buon amico del vecchio Nevyn, l’erborista.

— Sul serio? — intervenne Jill. — Lo hai visto di recente?

— Appena sei giorni fa, a Cerrmor, e appariva in forma come sempre. Giuro che lui stesso costituisce la migliore pubblicità per le sue erbe. Se dovessi incontrarlo ancora, com’è probabile, gli dirò che state bene entrambi.

— Ti ringrazio — replicò Rhodry. — Hai notizie di qualche guerra locale in questa parte del regno? Un gerthddyn è sempre al corrente di tutte le novità.

Jill prestò ben poca attenzione mentre Rhodry e Salamander conversavano dei pettegolezzi locali. Dal momento che sembrava ignorare che Nevyn possedesse il dweomer, Salamander quasi certamente non ne era dotato lui stesso, e tuttavia i membri del Popolo Fatato gli si affollavano intorno sedendosi sul tavolo, arrampicandoglisi in grembo, appollaiandosi sulle sue spalle per battergli affettuosi colpetti sulla testa… e di tanto in tanto il suo sguardo si spostava come se lui fosse stato in grado di vederli. Naturalmente, tutti gli elfi potevano vedere il Popolo Fatato, e Jill era quasi certa che il gerthddyn fosse elfo almeno per metà, ma d’altro canto Rhodry continuava ad essere incapace di scorgere il Popolo Fatato, il che era davvero sconcertante.