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Le lacrime salirono a velare gli occhi di Scwna e lo stesso Avascaen si sentì un po’ scosso… quella sembrava una vicenda uscita dalla narrazione di un bardo.

— E si parla di disconoscere il mio principe e di porre il figlio al suo posto? — chiese ancora Avascaen.

— Corrono voci in tal senso. Qual è il tuo parere al riguardo?

— Mael è il principe che io ho giurato di servire, e servirò solo lui. Io sono come un tasso, buona dama, tengo duro.

Primilla sorrise come se trovasse meravigliosa quella manifestazione di fedeltà… e per Avascaen fu un grande sollievo, dopo tutte le derisioni che essa gli era costata. Mentre scrutava gli occhi della donna, astuti e profondi nonostante il suo aspetto gioviale e le guance rosse, si chiese chi fosse in effetti la visitatrice.

Quella notte, quando la luna arrivò allo zenit, Primilla salì ansimando i gradini di pietra della torre per raggiungere Avascaen in cima ad essa. Dopo averlo aiutato a disporre il secondo carico di legna per il faro, si accostò al limitare della torre per dare un’occhiata al panorama: in basso, sotto di loro, la luna piena tracciava sul mare scuro una scia argentea che si stendeva fino all’orizzonte, e nella limpida aria primaverile le stelle sembravano tanto vicine da poter essere toccate allungando una mano.

— Adorabile, vero? — commentò Avascaen. — Pochi però si prendono la briga di venire quassù ad ammirare il panorama, a parte me e i miei ragazzi.

— Devi avere gambe robuste, buon signore, per salire tutti quei dannati gradini.

— Oh, dopo un po’ ci si abitua, davvero.

A mano a mano che il fuoco attecchiva alla legna nuova, il faro ardente proiettò intorno a loro un alone danzante di luce dorata sempre più intensa. Appoggiatasi comodamente al parapetto di pietra, Primilla lasciò vagare lo sguardo sulla spiaggia sottostante, dove i frangenti rotolavano sulla sabbia come spettri argentei.

— Ti chiedo scusa se sono troppo curioso — osservò Avascaen, — ma è una cosa rara vedere una donna che viaggia sola. Non hai paura dei pericoli che si incontrano lungo la strada?

— Oh, se necessario sono in grado di badare a me stessa — replicò Primilla, con una risatina, — e poi da queste parti non ci sono molte persone che potrebbero causarmi problemi. Valeva proprio la pena di viaggiare fin qui, per frugare nelle foreste alla ricerca delle mie piante. Vedi, da tutta la vita lavoro nella corporazione dei tintori, ed ora sono giunta a desiderare di creare colori migliori per la mia corporazione. Al mio ritorno studieremo le erbe da me raccolte e proveremo a tingere qualche pezzo di stoffa, per vedere se il colore stinge nel lavaggio o scolorisce in altro modo. Non si può mai sapere quando si può trovare una piccola fortuna — aggiunse, sollevando le mani macchiate. — Ecco tutta la mia vita, buon signore, disegnata sulla mia pelle.

Dal momento che era fermamente convinto che valesse la pena di faticare per fare le cose per bene, Avascaen non ebbe difficoltà a condividere il suo punto di vista, ma dopo che Primilla fu partita gli capitò per parecchio tempo di ripensare di tanto in tanto a quella donna dalle mani sporche di azzurro e di chiedersi quali fossero state le sue effettive intenzioni.

La città regale di Abernaudd si allargava sulle due rive dell’Elaver circa tre chilometri a monte rispetto alla costa e al porto; dietro le mura di pietra fornite di bastioni le strade lastricate si diramavano su e giù per le colline a terrazze, in cima alla più alta delle quali si levava la fortezza reale, su cui sventolava la bandiera azzurra e argento con lo stemma del drago reale, mentre nelle valli intermedie erano ammucchiate le puzzolenti e ravvicinate abitazioni dei poveri. Ad Abernaudd, la posizione in cui sorgeva la casa di una persona indicava alla lettera quanto fosse elevato il suo rango; come capo della Corporazione dei Tintori, Primilla occupava un’ampia abitazione sulla sommità di una bassa collina, casa che veniva assegnata insieme alla carica da lei ricoperta; nei tre piani della dimora abitavano insieme alla donna i suoi cinque apprendisti, che fungevano anche da servitù per pagarsi l’apprendistato, mentre nel cortile posteriore c’erano le lunghe baracche che ospitavano i laboratori principali della corporazione, dove sotto la personale supervisione di Primilla venivano prodotte le stoffe destinate alla casa reale.

Anche se in effetti durante il suo viaggio aveva trovato rare piante per tinture, Primilla era comunque piuttosto seccata di aver dovuto distogliere parte del suo tempo e della sua attenzione dagli affari della corporazione, ma come sempre il suo dovere verso il dweomer doveva avere la precedenza sul dovere verso i tintori e sarebbe apparso molto sconveniente se lei avesse rifiutato al capo del Consiglio del Trentadue l’aiuto che questi le aveva richiesto. Pur non avendo idea del perché Nevyn fosse tanto interessato alla vicenda di Mael, principe di Aberwyn e di Cannobaen, lei era comunque disposta a ficcanasare un po’ in giro per scoprire cosa stesse accadendo, e adesso che aveva scoperto che Cannobaen era ancora fedele al principe, si poteva concentrare sulla più importante questione della posizione del principe all’interno della corte.

Per sua fortuna, quell’estate aveva a disposizione una quantità di occasioni per accedere a corte, perché il re stava chiedendo alle corporazioni della città prestiti enormi al fine di portare avanti la guerra per la conquista del trono di Deverry; sebbene in genere i nobili avessero un atteggiamento di disprezzo nei confronti dei commercianti, ogni volta che il re aveva bisogno di prestiti ingenti i mercanti e i capi delle corporazioni si trovavano ad essere oggetto delle attenzioni delle persone più in vista della corte. La notte stessa del suo rientro dal viaggio, Primilla tenne quindi la prima di molte riunioni indette dalle corporazioni e dai mercanti per scegliere i rappresentanti da inviare a palazzo per le trattative vere e proprie inerenti ai prestiti, e dal momento che era decisa ad ottenerlo non ebbe difficoltà a farsi assegnare un posto all’interno di quel ristretto consiglio: mentre i mercanti erano pronti a lottare fra loro per accaparrarsi quell’incarico di prestigio, infatti, fra gli artigiani erano in pochi ad essere disposti a sottrarre parte del loro tempo al lavoro per assumerselo.

Finalmente, dopo una settimana di incontri e di trattative, la commissione corporativa di cinque membri, capeggiata da Grothyr il prestatore di denaro, s’incontrò con quattro consiglieri del re in una stretta camera al secondo piano della fortezza reale. Mentre uno scriba appartenente a ciascun gruppo prendeva annotazioni con cura, i nove sedettero intorno ad un lungo tavolo di quercia. Primilla si era aspettata una lunga discussione con proposte e controproposte ma il consigliere capo del re, un uomo grasso e scuro di occhi chiamato Cadlew, annunciò subito in tono piatto che il sovrano aveva bisogno di cinquemila monete d’oro.

— Dèi! — strillò Grothyr. — Ti rendi conto, signore, che le corporazioni andrebbero incontro alla bancarotta se un simile prestito non venisse restituito prontamente?

Cadlew si limitò a sorridere, perché tutti i presenti sapevano che Grothyr stava mentendo. Le trattative ebbero allora inizio sul serio, e Primilla prese a riflettere fra sé sull’entità del prestito richiesto: se aveva bisogno di tanto denaro, il re stava probabilmente progettando una grossa offensiva, il che lasciava presagire molto male per il principe ancora prigioniero a Cerrmor. L’incontro si concluse senza che si giungesse a nulla, come tutti sapevano che sarebbe successo. Mentre i membri delle corporazioni se ne andavano, Primilla invece si trattenne ancora e chiese a Cadlew se fosse disposto a farle visitare i giardini reali.

— Ma certo, buona dama. Senza dubbio ti interesseranno, visto che il tuo lavoro è strettamente connesso all’uso delle piante.