Quella settimana stessa il Principe Cobryn partì con cinquecento uomini lungo la strada costiera che portava al confine con Eldidd, mentre sul mare lo seguivano navi da guerra e navi mercantili cariche di viveri. Dopo tre settimane di ansia arrivarono i primi messaggeri, annunciando che era stata ottenuta una schiacciante vittoria sulle forze d’invasione di Eldidd, colte di sorpresa. Due giorni più tardi giunse a corte un araldo del sovrano di Eldidd per consegnare una lettera in cui il re disconosceva Mael e lo sostituiva formalmente con suo figlio Ogretoryc. Immediatamente Nevyn salì sulla torre per informare Mael della cosa.
Al suo arrivo trovò il principe, ora non più tale, seduto allo scrittoio ingombro dei libri a lui tanto cari e di fogli di pergamena sparsi qua e là, l’inizio di un suo commento all’Etica di Nicomachea del saggio Greggyn Ristolyn. Nevyn aveva la certezza che il commentario sarebbe risultato eccellente, se soltanto Mael fosse vissuto abbastanza a lungo da portarlo a termine; a trentaquattro anni, Mael stava ingrigendo prematuramente e folte striature bianche spiccavano fra i suoi capelli un tempo corvini.
— Ci sono alcune notizie dannatamente brutte per te — annunciò Nevyn.
— Sono stato disconosciuto? — chiese Mael, in tono piatto e quasi secco. — Ho immaginato che sarebbe successo, quando ho sentito le guardie parlare di una guerra lungo i confini.
— Temo che sia così.
— Allora vuol dire che le idee di Ristolyn riguardo alla virtù mi serviranno a qualcosa. Sembra che lo scopo di tutta la mia vita sia stato quello di morire con dignità sulla piazza del mercato, e mi pare che a tale scopo la forza d’animo sia la virtù più indicata… non credi?
— Ascolta. Se soltanto potrò dire una sola dannata parola al riguardo tu non sarai impiccato.
— Questo mi dà una certa speranza, o almeno suppongo che sia speranza. Forse però sarebbe meglio essere impiccato e viaggiare libero verso l’Aldilà che restare qui a marcire. Sai, il tempo che ho trascorso in questa stanza è più lungo di quello che ho trascorso come Principe di Eldidd… pensa un po’, ho vissuto oltre metà della mia vita come ospite di Glyn.
— Scommetto che la libertà nell’Aldilà non ti apparirebbe più così attraente quando ti trovassi veramente con il cappio intorno al collo. Tornerò da te non appena avrò parlato con il re.
Era ormai tardo pomeriggio quando gli affari di corte permisero finalmente a Nevyn di conferire in privato con il suo signore. Insieme, si recarono nel giardino alle spalle della rocca; là un salice piegava i suoi lunghi rami verso l’acqua di un ruscello, i roseti erano coperti di boccioli rossi come il sangue e costituivano il solo tocco di colore in quel minuscolo angolo verde curato amorevolmente perché sembrasse incolto.
— Sono venuto a intercedere per la vita di Mael, mio signore — esordì subito Nevyn.
— Pensavo che lo avresti fatto. Ho una mezza idea di liberarlo e di permettergli di tornare a casa, ma non vedo proprio come potrei. Là lui diventerebbe per me un nemico peggiore di tutti gli altri, ma la cosa più grave sarebbe il modo in cui il sovrano di Eldidd interpreterebbe il mio atto di misericordia. Senza dubbio lo giudicherebbe una debolezza, ed è una cosa che non mi posso permettere, perché ne va del mio onore.
— Il mio signore ha ragione riguardo al fatto che Mael non può essere liberato… ma lui potrebbe essere ancora utile in futuro.
— Certo, ma anche così Eldidd interpreterebbe la mia condotta come una forma di debolezza.
— Gli dèi la considereranno un atto di forza. Qual è la buona opinione che più conta per il mio signore, la loro o quella di Eldidd?
Glyn colse una rosa, reggendola nel palmo coperto di calli e riflettendo sul problema con la fronte leggermente aggrottata.
— Mio signore? — insistette Nevyn. — Ti imploro per la sua vita.
Con un sospiro Glyn gli porse la rosa.
— D’accordo, allora. Non posso negartelo dopo tutto quello che hai fatto per me. Il sovrano di Eldidd ha tanti eredi quanti può averne un’astuta vecchia chioccia, ma chi può saperlo… forse verrà il giorno in cui rimpiangerà di aver rinnegato Mael.
Dal momento che Gavra godeva della protezione e del favore del consigliere più importante del re, la sua attività di erborista aveva prosperato giù in città e adesso lei possedeva una casa e una bottega nel quartiere dei mercanti, guadagnando denaro a sufficienza per mantenere i suoi due figli, Ebrua e Dumoryc, i bastardi del principe. Per anni, Gavra aveva sopportato i pettegolezzi che la classificavano come una sgualdrina che aveva generato dei figli con qualsiasi uomo le andasse a genio, perché questo era sempre meglio che vedere i propri figli uccisi in quanto eredi della linea di discendenza nemica. Adesso che Mael era stato formalmente disconosciuto, lei prese in considerazione l’idea di dire la verità ai figli, ma poi decise che sarebbe stato inutile: sebbene Mael vivesse ad appena tre chilometri di distanza, loro non lo avevano mai visto.
Gavra supponeva che gli uomini che sorvegliavano Mael sapessero benissimo che lei era la sua amante e che avessero preferito tacere in parte per comprensione maschile nei confronti della vita monotona che il prìncipe conduceva, ma soprattutto perché erano terrorizzati all’idea di quello che Nevyn avrebbe potuto fare loro se avessero rivelato quel segreto. Quel giorno, quando salì sulla torre, le guardie giunsero perfino a congratularsi con lei per il fatto che a Mael fosse stata graziata l’impiccagione.
Non appena fu entrata, Gavra si gettò fra le braccia di Mael e mentre restavano stretti uno all’altra si accorse che lui stava tremando.
— Sia resa grazie ad ogni dio per il fatto che ti sarà concesso di vivere — disse infine la donna.
— In effetti ho dedicato del tempo a questo scopo — replicò lui, interrompendosi per baciarla. — Ah, mio povero amore, tu meriti un vero marito e una vita felice, non un uomo come me.
— La mia vita è sufficientemente felice, perché so che mi ami.
Quando Mael la baciò ancora, Gavra si aggrappò a lui, con l’impressione che entrambi fossero due bambini spaventati che si tenevano stretti uno all’altra in un’oscurità pervasa di incubi. Nevyn non lascerà mai che lo impicchino, pensò, ma per quanto tempo ancora può continuare a vivere quel caro vecchio?
DUE
Dopo tre anni di duri combattimenti la guerra lungo il confine con Eldidd giunse ad una situazione di stallo quando, nel cuore dell’estate, accadde qualcosa a cui nessuno era preparato: la provincia di Pyrdon si ribellò contro il trono di Eldidd. Le spie di Glyn si affrettarono a rientrare per riferire la notizia che la ribellione era non soltanto scoppiata, ma sembrava anche avere successo. Le forze ribelli avevano trovato in Cwnol, l’ex-gwerbret di Dun Trebyc che era la sola grande città di Pyrdon, un condottiero così brillante che i suoi uomini sussurravano addirittura che possedesse il dweomer.
— Inoltre la metà del territorio di Pyrdon è coperto da foreste — commentò Glyn. — Se sarà stretto da vicino, Cwnol potrà far disperdere in esse i suoi uomini per poi attaccare ancora con delle imboscate. Pare che abbia forze notevoli, e mi chiedo se stia ricevendo denaro da Cantrae.
— Se così fosse non ne sarei per nulla sorpreso, mio signore — replicò Nevyn, — e sarebbe opportuno che gliene mandassimo anche noi.
Per il resto di quell’estate il confine con Eldidd rimase tranquillo ed entro l’autunno parve evidente che Cwnol stava ottenendo grandi successi, anche se avrebbe dovuto comunque combattere a lungo. Glyn gli mandò dei messaggi, indirizzandoli a Cwnol, Re di Pyrdon, e come ultimo gesto di amicizia vincolò in fidanzamento la figlia del Principe Cobryn, che aveva sei anni, con il figlio di Cwnol che ne aveva sette, un simbolo di onore regale che Cwnol ricambiò intensificando le sue scorrerie nel territorio di Eldidd. Anche se la questione si era risolta molto bene dal punto di vista di Cerrmor, Nevyn aveva comunque il cuore addolorato, perché vedeva il regno andare in pezzi intorno a lui a mano a mano che quella interminabile guerra si protraeva.