— Ehi, era questo che stavi cercando? — chiamò.
Lo gnomo le si avvicinò con espressione confusa, toccò il bracciale con un lungo dito, lo annusò e infine sorrise improvvisando una piccola danza di trionfo.
— Benissimo, allora lo porteremo con noi — decise Jill.
Lo gnomo annuì e scomparve. Nell’avvolgere il bracciale nei suoi calzini di riserva per poi riporlo nelle sacche della sella, Jill si trovò a chiedersi chi avesse ucciso quel cavallo e che ne fosse stato del suo cavaliere, e all’improvviso le giunse l’avvertimento del dweomer, un brivido gelido che le corse lungo tutta la schiena come se qualcuno l’avesse accarezzata con una mano ghiacciata. In quel luogo stava succedendo qualcosa di pericoloso che esulava dalla sua comprensione ma che lei poteva fiutare nello stesso modo in cui sentiva il puzzo del cavallo morto. Quel pomeriggio percorse una notevole distanza prima di accamparsi e durante la notte quasi non chiuse occhio, sonnecchiando soltanto a tratti nel montare la guardia.
Quella stessa notte Nevyn si trovava in una piccola locanda a circa centocinquanta chilometri di distanza. Il vecchio aveva dedicato le ultime due settimane alle ricerche di Camdel, dopo che uno dei due spiriti annessi alla Grande Gemma dell’Ovest era venuto a informarlo del suo furto. Dal momento che di rado gli capitava di dormire più di quattro ore per notte, Nevyn era ancora sveglio e intento a riflettere su quel furto sconvolgente quando lo gnomo grigio di Jill apparve davanti a lui.
— Buona sera, piccolo fratello. Jill è da queste parti?
Lo gnomo scosse il capo in segno di diniego, poi prese a saltellare in tondo con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro.
— Cosa significa? Ci sono buone notizie?
L’essere fatato annuì e si lanciò in un’elaborata pantomima, servendosi delle mani per descrivere un piccolo oggetto rotondo e fissando poi la forma da lui modellata come se stesse evocando un’immagine in essa.
— Oh, dèi! Ti riferisci alla Grande Gemma dell’Ovest?
Lo gnomo assentì e mimo l’atto di cercare qualcosa e di trovarla.
— L’hai trovata? Ah, ho capito, vuoi dire che ce l’ha Jill?
Quando lo gnomo assentì ancora, Nevyn si sentì sopraffare da un intenso terrore.
— Ti rendi conto che questo significa che lei sta correndo un terribile pericolo? Gli uomini che l’hanno rubata vorranno riavere la gemma a tutti i costi e uccideranno per riprenderla.
Lo gnomo spalancò la bocca ed emise addirittura un flebile lamento, cosa che riusciva molto difficile ai membri del Popolo Fatato.
— Torna da lei, e al primo segno di pericolo vieni ad avvertirmi. Hai capito?
Annuendo, lo gnomo scomparve. In preda al panico nella misura in cui questo era possibile alla sua mente disciplinata, Nevyn si girò verso il braciere posto in un angolo della camera e ad un cenno della sua mano il Popolo Fatato del Fuoco arroventò i carboni contenuti in esso. Fissandoli, Nevyn evocò l’immagine di Jill.
Quasi subito la vide, accampata da sola vicino ad un fiume fra colline ondulate. Anche se stava dormendo, era seduta con la schiena addossata ad un albero e aveva la spada stretta in pugno. Se non altro, quindi, era consapevole di essere in pericolo, ma Nevyn sapeva che quella spada le sarebbe servita a ben poco contro il genere di nemici che era destinata ad incontrare… e poi, dov’era Rhodry, in nome di tutti gli dèi? Con irritazione, il vecchio diresse a lui i propri pensieri e lo vide, disteso sulle sue coperte sul pavimento di una baracca sovraffollata, i cui occupanti erano tutti uomini cupi dall’aria vergognosa e infelice. Ampliando la focalizzazione, Nevyn fece passare la propria mente attraverso la porta della baracca e vide all’esterno alcuni uomini armati di guardia: quindi Rhodry era stato catturato mentre combatteva per qualche signore in questa o in quella guerra, e adesso Jill era sulla strada da sola.
Nevyn prese a imprecare con tale veemenza che per poco la visione non si dissolse, ma subito la rinforzò e mandò di nuovo la sua mente verso Jill, perché adesso la cosa più importante era stabilire dove si trovava. Usando il suo campo come punto di partenza, il vecchio allargò la visione in cerchi concentrici sempre più ampi fino a vedere quanto bastava per stabilire che Jill era nell’area centrale dell’Yr Auddglyn. A quel punto dissolse la visione e prese a passeggiare con irrequietezza mentre elaborava i suoi piani: doveva viaggiare in fretta, quindi avrebbe comprato un secondo cavallo perché passando da una cavalcatura all’altra avrebbe potuto percorrere ogni giorno un maggior numero di chilometri.
— Devo raggiungerla in tempo — disse ad alta voce, — e in nome di tutti gli dèi giuro che ci riuscirò, a costo di sfiancare ogni cavallo su cui metterò le mani.
Nonostante quelle parole, la sua paura andò però crescendo, perché i maestri oscuri che avevano organizzato il furto dovevano essere più vicini di lui alla ragazza. Tornato accanto al braciere, passò il resto della notte a vegliare su Jill tramite il fuoco.
Lo specchio giaceva su un panno di velluto nero, ricamato con pentacoli rovesciati, il simbolo malvagio di coloro che erano disposti a lacerare l’ordine stesso della natura. Due candele ardevano su ciascun lato, e la loro luce si rifletteva sul centro della superficie concava. Inginocchiato davanti allo specchio, Alastyr si puntellava con le mani contro il pavimento, desiderando di avere a disposizione un tavolo; dal momento che non aveva mai visto la Grande Gemma dell’Ovest, non ne poteva evocare l’immagine nel modo consueto e più facile, quindi trasse un profondo respiro ed invocò i malvagi nomi dei Signori dell’Esteriorità e dell’Apparenza. Allo scandire di ciascun nome sentì gli spiriti che si raccoglievano dietro di lui, tenendosi però appena fuori della portata della sua mente.
— Mostratemi la pietra — ingiunse.
Sagome incerte presero ad avvicendarsi nel centro dello specchio, ma nessuna di esse si trasformò in un’immagine nitida: per quanto Alastyr imprecasse contro di loro, gli spiriti continuavano a sfuggirgli come avevano fatto per tutta la giornata.
— Abbiamo bisogno di sangue — decretò infine, sollevando lo sguardo.
Sarcyn sorrise e si diresse verso l’angolo della cucina in cui Camdel era raggomitolato in preda al terrore; quando Sarcyn lo issò in piedi il nobile prese a piagnucolare, ma l’apprendista lo ridusse al silenzio con uno schiaffo.
— Non morirai — gli disse, — e la cosa potrebbe perfino piacerti. Stai cominciando a vedere come dolore e piacere si possono fondere, vero, piccolo uomo?
Passivo, con la bocca semiaperta, il giovane nobile si appoggiò parzialmente contro Sarcyn mentre questi lo trascinava verso lo specchio posato sul panno; allorché Evy si avvicinò con il coltello rituale dalla lama sottile, Sarcyn si portò alle spalle di Camdel e prese ad accarezzarlo intimamente mentre Alastyr iniziava il canto destinato ad evocare gli spiriti che lui aveva addestrato perché gli obbedissero. Tre gnomi neri e distorti e uno spiritello dalla bocca immensa orlata di denti rossi come il sangue si materializzarono davanti a lui.
Sollevando il coltello, Evy praticò un taglio sul dorso della mano di Camdel, che gemette ma si rilassò al tempo stesso all’indietro nell’abbraccio di Sarcyn, mentre il suo sangue prendeva a gocciolare. Subito gli spiriti deformi del Popolo Fatato si raccolsero intorno a lui, intercettando le gocce con la lingua: anche se il sangue in se stesso non avrebbe dato loro un vero nutrimento, essi stavano attingendo il magnetismo grezzo che trasudava dal sangue e dalla condizione di eccitazione sessuale di Camdel. A poco a poco, la ferita poco profonda smise di sanguinare e gli gnomi protesero verso Alastyr le mani munite di artigli.