— Far arrivare un messaggio ad una delle pattuglie di Blaen è l’unica speranza che abbiamo e tu stai dimenticando che io dispongo di Sunrise. Anche se mi vedessero, nel tempo che impiegheranno per sellare i cavalli e scendere nel passo io sarò lontana, e non raggiungeranno mai un corsiero occidentale. Inoltre io non peso molto, e anche se si è stancato durante lo scontro Sunrise ha avuto tutto il pomeriggio per riposare.
Mentre parlava, la ragazza stava procedendo a sellare l’animale. Rhodry imprecò, minacciò e discusse, ma alla fine fu Jill a spuntarla, per il semplice motivo che quella era davvero la loro unica speranza. La luna piena stava ormai sorgendo quando lei si allontanò nel buio con la spada in pugno e lo scudo sul braccio, lasciando Sunrise libero di scegliere il percorso fra i massi.
Per molto tempo Rhodry rimase fermo al limitare del campo, con lo sguardo fisso nella direzione in cui era scomparsa Jill, e alla fine si concesse di versare qualche fugace lacrima al pensiero del pericolo che lei stava correndo, prima di tornare indietro. Gli uomini avevano intanto acceso un piccolo fuoco, e la maggior parte dei mulattieri stava già dormendo, nel tentativo di soffocare il terrore nel solo modo possibile. Al sopraggiungere di Rhodry le due guardie superstiti, Lidyc e Abryn si alzarono in piedi e lo fissarono con la cieca speranza che quella daga d’argento potesse ancora salvarli con la sua esperienza in fatto di battaglie.
— Dormite un poco — disse loro Rhodry. — Monterò io il primo turno di guardia.
I due annuirono e Abryn accennò a dire qualcosa, limitandosi però poi a scrollare le spalle. Preso con sé lo scudo e l’elmo, Rhodry si allontanò di qualche centinaio di metri lungo il passo. Sotto la luce della luna poteva vedere ogni particolare con la stessa chiarezza come se fosse stato giorno, perfino i colori… caratteristica ereditata con il suo sangue elfico. Il servizio di guardia era sempre e comunque un’incombenza noiosa, e la sua preoccupazione per Jill servì soltanto a far trascorrere il tempo con lentezza ancora maggiore; le ombre ingannevoli davano l’impressione che ci fossero dovunque cose che si muovevano… magari conigli o furetti… ma quando lui accennava a guardare in direzione del movimento esso cessava. Del resto, qualsiasi fosse la sua causa, essa era troppo piccola per poter costituire una minaccia. Quando infine la posizione della luna indicò che era passata da parecchio la mezzanotte, Lidyc venne a dargli il cambio.
— Avresti dovuto svegliarmi prima — protestò.
— Mi stanco meno della maggior parte degli uomini. Quando rientrerai per il cambio della guardia, avverti Abryn di svegliarmi prima dell’alba.
Lidyc sorrise, come se pensasse che lui si stesse addossando quelle fatiche soltanto per risparmiare i suoi uomini, ma Rhodry poteva effettivamente resistere lunghe ore senza dormire… un altro dono connesso al suo retaggio elfico. Nel tornare al campo, il giovane si arrestò vicino al bandito ferito, che stava gemendo e nell’inginocchiarglisi accanto giunse alla conclusione che gli sforzi fatti da Jill per salvargli la vita erano andati sprecati: il volto del ragazzo era talmente arrossato dalla febbre da rendere evidente la presenza di un’infezione.
— Quale daga d’argento sei? — sussurrò il ferito.
— Sono Rhodry. Perché?
— Dov’è la ragazza?
— È andata a cercare aiuti.
— Possiede davvero i gioielli?
— I cosa?
— I gioielli, quelli che lei ha con sé, secondo quel vecchio. Dovevamo catturarla viva e prenderle i gioielli.
Rhodry lo afferrò per le spalle e lo scrollò.
— Dimmi la verità! — ringhiò. — Quale vecchio?
— Quello che ci ha assoldati — rispose il bandito, con voce impastata e indistinta. — Non conosco il suo nome, ma ci ha assoldati perché prendessimo la ragazza.
— Che aspetto ha?
Allorché il ragazzo non rispose Rhodry lo scosse nuovamente, ma poi si accorse che era svenuto e si rialzò con un’imprecazione, allontanandosi. Pensando che ormai era troppo tardi per seguire Jill pianse ancora, poi tornò a sostituire Lidyc perché con quel nuovo timore che lo angustiava sarebbero trascorse ore prima che gli riuscisse di dormire. Le aveva permesso di andare da sola quando era proprio lei la vera preda di quella partita.
Verso mezzanotte Sunrise cominciò ad essere veramente stanco e Jill smontò di sella per liberarlo dal suo peso mentre entrambi proseguivano il cammino incespicando per la spossatezza. Sebbene si sentisse la schiena in fiamme per via del peso della cotta di maglia, la ragazza decise di non toglierla… tutto quello a cui riusciva a pensare era riposare, ma sapeva che se lo avesse fatto si sarebbe addormentata. Un chilometro più tardi arrivò al punto più alto del passo, dove accanto alla strada si levava un rozzo pilastro di pietra su cui era intagliato uno stallone rampante, lo stemma del gwerbret di Cwm Pecl.
— È una vista piacevole quanto una intera ora di sonno. Ormai non ci deve più essere molta strada — osservò Jill.
Sunrise sbuffò stancamente, a testa bassa, e lei si appoggiò con la schiena al pilastro, concedendo al cavallo qualche minuto di riposo. D’un tratto, seppe che la stavano osservando e sentì un brivido gelido lungo la schiena. Con la spada in pugno, lasciò cadere le redini e si addentrò sulla strada di qualche passo, girando lentamente in cerchio per scrutare la sommità delle alture dove però non si muoveva nulla né si scorgevano sagome nemiche stagliate contro lo sfondo della luce lunare. Raccolte le redini del cavallo, si rimise in marcia con passo reso più veloce dalla paura.
La sensazione andò crescendo al punto che il sudore prese a correrle lungo la schiena. La stavano sorvegliando e da un momento all’altro avrebbe potuto imbattersi nell’imboscata che le sarebbe costata la vita, dietro la prossima curva o il prossimo mucchio di rocce. Tuttavia percorse un altro chilometro senza che accadesse nulla e a poco a poco le erte pareti cominciarono ad abbassarsi, la strada a farsi più ampia, più sgombra, più adatta ad un attacco da parte di quegli invisibili osservatori che continuavano a seguirla mentre lei camminava accanto al cavallo e gli accarezzava il collo sudato, incoraggiandolo con parole sommesse.
Quando alla fine Sunrise incespicò e quasi cadde, gli permise di fermarsi, con la testa tanto bassa da toccare quasi il terreno, e prese in considerazione l’eventualità di lasciarlo lì. Di colpo, sentì l’ignoto osservatore svanire: sconcertata, si guardò intorno e scorse a meno di cento metri di distanza, sul lato della strada, una torre circondata da un basso muro di pietra che poteva essere soltanto una delle famose stazioni delle pattuglie del Gwerbret Blaen, che dava alloggio ad una piccola banda di guerra di stanza vicino al confine e pronta a qualsiasi intervento… una spesa che nessun altro nobile di Deverry era pronto a sostenere. Gettando indietro il capo, Jill scoppiò a ridere.
— Vieni, vecchio amico — disse. — Possiamo percorrere ancora qualche metro.
Barcollando, Sunrise si lasciò guidare fino alle porte rinforzate in ferro su cui era intagliato lo stemma del cavallo rampante. Giunta davanti ad esse, Jill pregò che qualcuno sentisse le sue grida di richiamo, ma poi notò un bagliore argenteo sotto la luce della luna… un corno, assicurato all’anello delle porte. Afferrandolo, soffiò in esso e ne trasse una lunga nota disperata mentre Sunrise scrollava la testa con uno sbuffo di trionfo.
— Chi è là! — domandò una voce dall’interno.
— Una daga d’argento. Ci sono dei banditi al passo.
Le porte si aprirono di una fessura e uno degli uomini che montavano la guardia l’afferrò per un braccio, tirandola al sicuro.
— E dobbiamo semplicemente aspettare qui? — domandò Seryl.