— Splendido! Allora posso partire con l’animo tranquillo.
Jill lasciò la stazione della pattuglia ad un’andatura veloce, alternando il passo e il trotto fino a quando non fu uscita dalle montagne. Una volta sui più dolci pendii delle colline si poté permettere anche qualche tratto di galoppo e poco prima di mezzogiorno arrivò alla fortezza di un lord, dove ottenne un cavallo fresco e qualcosa da mangiare. Rimessasi in cammino, si lasciò rapidamente alle spalle anche le colline e si venne a trovare sui pascoli ondulati di Cwm Pecl, un terreno per lo più inadatto alle colture ma perfetto per l’allevamento. Sui prati ben irrigati che si allargavano fra macchie di betulle lei vide infatti parecchie mandrie di cavalli che pascolavano tranquille sotto la sorveglianza di alcuni mandriani e numerose mucche bianche con gli orecchi rossicci che se ne stavano distese all’ombra a ruminare.
Ora che era giunta in pianura non ebbe difficoltà ad alternare il trotto e il galoppo, e cambiò cavallo altre due volte, perché la città sorgeva a settanta chilometri abbondanti dalla postazione della pattuglia, una distanza che soltanto un corriere speciale come era lei poteva sperare di coprire in un solo giorno. Al terzo cambio di cavallo il sole cominciava però ad essere basso nel cielo e il nobile che le aveva fornito l’animale le ricordò che un corriere del gwerbret aveva diritto anche ad alloggio per la notte. Jill prese in considerazione l’offerta, ma uno dei consueti avvertimenti del dweomer la trapassò come un coltello: doveva continuare il viaggio, e il più in fretta possibile.
— Ti ringrazio, mio signore, ma questo messaggio è davvero urgente.
— Allora non dubito che tu sappia cosa sia meglio fare, daga d’argento.
Quando lasciò la fortezza, Jill lanciò il cavallo al galoppo, sentendo il gelo dell’avvertimento del dweomer che l’accompagnava: qualcuno sapeva dove lei si trovava, e quel qualcuno la stava seguendo per farle del male. Dopo la fatica della notte precedente era quasi prossima ad addormentarsi in sella ma si costrinse a resistere e spinse al massimo il cavallo, gridando a tutti quelli che incrociava sulla strada di sgombrarle il passo nel nome del gwerbret. Con esclamazioni stupite gli altri viandanti si affrettavano a spostarsi per obbedire.
Finalmente, oltrepassò la cresta di una bassa collina e scorse sotto di sé la città del gwerbret, Dun Hiraedd, che si allargava sulle due rive di un fiume ed era circondata da alte mura di pietra. Il fiume brillava così intenso sotto la luce del tramonto che Jill fece fatica a guardare verso di esso con i suoi occhi sfiniti. Il tramonto. Le porte della città dovevano essere prossime a chiudersi per la notte. Con un colpo di sproni strappò un ultimo impeto di energia alla sua cavalcatura e si lanciò giù per il pendio, arrivando alle porte proprio mentre i battenti cominciavano ad accostarsi.
— Un messaggio per il gwerbret! — gridò. — Dal passo di Cwm Pecl!
Le porte rimasero aperte e non appena una guardia le corse incontro Jill smontò di sella, esibendo le credenziali.
— Benissimo, daga d’argento — rispose la guardia, prendendole, — ti accompagnerò subito alla fortezza.
Allorché le porte si chiusero alle sue spalle Jill avvertì un sollievo tanto intenso che doveva essere ispirato dal dweomer. Almeno per un po’, qui sarebbe stata al sicuro.
La guardia l’accompagnò in fretta lungo il labirinto di strade lastricate e affiancate da case rotonde e strette le une alle altre. Dalle finestre trapelava la luce delle lanterne e la gente si stava affrettando a rientrare dopo una giornata di lavoro, mentre qua e là si avvertivano profumi di cibo che fecero brontolare lo stomaco di Jill. All’estremità opposta dell’abitato si ergeva una collinetta artificiale cinta da una seconda cerchia di mura dotata di altre porte e di altre guardie, ma il lasciapassare permise loro di entrare nel cortile dell’enorme fortezza di Blaen, dove una torre tripla dominava un agglomerato di capanne e di stalle. Là un paggio portò via il cavallo di Jill e la guardia accompagnò la ragazza nella grande sala.
L’ambiente era illuminato dalle candele e dalla luce del fuoco e Jill si arrestò vicino alla soglia sbattendo le palpebre mentre la guardia andava a parlare con il gwerbret. Accanto ad un camino laterale alcuni servi erano impegnati a servire la cena per il centinaio di uomini della banda di guerra che sedevano ai lunghi tavoli, mentre vicino al camino d’onore il gwerbret stava cenando da solo. Nel guardare le eleganti decorazioni, gli splendidi arazzi, i boccali e i candelabri d’argento posati sui tavoli, Jill si sentì profondamente imbarazzata e si chiese perché quello stupido ufficiale della pattuglia non avesse pensato a indirizzare il messaggio al capitano del gwerbret invece di costringerla a disturbare in quel modo un grande nobile intento a cenare. Una daga d’argento come lei avrebbe dovuto aspettare la risposta nel cortile.
Blaen stesso costituiva una figura tutt’altro che rassicurante. Quando la guardia gli parlò, il nobile si alzò in piedi scuotendo la testa con fare arrogante e squadrando le spalle in un atteggiamento pieno di orgoglio. Il gwerbret era molto più giovane di quanto Jill si fosse aspettata, poteva avere ventuno o ventidue anni, e le ricordava moltissimo Rhodry a causa degli occhi azzurri e dei capelli corvini, anche se non era certo attraente quanto lui.
— Vieni avanti, daga d’argento — scattò Blaen. — Qual è questo messaggio?
Jill si affrettò ad avvicinarsi e accennò ad inginocchiarsi, ma era talmente sfinita che perse l’equilibrio e per poco non cadde a terra.
— Chiedo scusa, Vostra Grazia — balbettò, — ma ho cavalcato per due giorni dopo aver sostenuto una battaglia.
— Per tutti gli dèi! Allora alzati da quel dannato pavimento e prendi una sedia. Paggio! Porta un po’ di sidro! E un vassoio di carne! Muoviti! Questo ragazzo deve essere affamato!
Prima che gli sconcertati paggi avessero la possibilità di intervenire Blaen afferrò personalmente Jill per le spalle e l’aiutò ad alzarsi e a sedersi sulla sua stessa sedia, poi le ficcò in mano un boccale di sidro e si appollaiò sul bordo del tavolo accanto a lei, dimentico del pasto interrotto.
— Scommetto che riesco a indovinare — disse. — Ci sono ancora guai in quel dannato passo.
— Proprio così, Vostra Grazia.
Mentre Jill raccontava l’intera storia, il capitano della banda di guerra di Blaen, un uomo massiccio sui trent’anni con una cicatrice sbiadita su una guancia, si avvicinò per ascoltare. Quando la ragazza ebbe finito, il gwerbret si girò verso di lui.
— Comyn, prendi cinquanta uomini e un cambio di cavalli e parti stanotte stessa. Io… aspetta un momento. — Interrompendosi, Blaen afferrò una fetta di carne arrostita da un piatto dorato e la gettò a Jill. — Prenditi il pane da solo, ragazzo. Ora ascolta, Comyn: dà la caccia a quei dannati banditi e spingili nell’Yr Auddglyn. Se il Gwerbret Ygwimyr avesse il coraggio di protestare al riguardo digli che sarà la guerra se lui non avrà entro due settimane la testa di quei banditi su una picca.
— Lo farò, Vostra Grazia, e manderò un messaggio non appena avrò qualcosa da riferire.
Jill continuò a mangiare mentre i due uomini elaboravano i dettagli della spedizione, poi Comyn si allontanò per andare a radunare i suoi uomini e Blaen prese il suo boccale di sidro, svuotandolo come se fosse stata acqua. Un paggio in attesa si fece subito avanti e tornò a riempire con disinvoltura il boccale.
— Sembra che tu abbia appena toccato il tuo sidro, ragazzo — osservò allora Blaen. — Che sorta di daga d’argento sei, se bevi così lentamente? A proposito, qual è il tuo nome?