— Affare fatto, allora. Undici… sei adesso e cinque quando lasceremo la città senza avere avuto problemi.
— Dieci se paghi tutto subito. Ti giuro che i miei uomini obbediscono ai miei ordini. Posso anche essere grasso, ma governo Dun Hiraedd come un gwerbret.
— D’accordo, e in aggiunta ti offrirò anche un altro boccale di birra.
Mentre Jill pagava il denaro richiestole per la protezione, Ogwern indugiò a studiarla con un’espressione astuta negli occhi castani.
— Lascia che ti dia un avvertimento — disse infine, mettendo via le monete. — Il nostro dannato gwerbret ha organizzato una squadra di guardie cittadine che circolano per le strade in gruppi di sei senza niente di meglio da fare che ficcare il loro lungo naso negli affari altrui.
— Per l’anima nera del Signore dell’Inferno! — esclamò Jill, fingendosi disgustata. — E pattugliano anche di notte?
— Infatti. Io dico che è una cosa disgustosa. Ah, il padre di Blaen era un uomo splendido… tranquillo, molto distratto dalla guerra e piuttosto stupido, ma purtroppo Blaen ha lo stesso carattere astuto di sua madre e la vita è diventata difficile da quando lui ha ereditato il rhan.
— Un vero peccato, anche se ammetto di essere contenta che stia facendo del suo meglio per spazzare via i banditi.
— Lo sono anch’io. Odio quei dannati furfanti! Spero proprio che ne abbiate uccisi un po’, quando hanno attaccato la vostra carovana.
— A sentirti, sembri uno degli uomini del gwerbret.
— Per favore, non essere offensiva — ribatté Ogwern, posando una mano grassoccia sul proprio corpo straripante, più o meno in corrispondenza del cuore. — I banditi sono idioti assetati di sangue, che rendono pericolose le strade e costringono gli uomini onesti ad assoldare delle guardie. Se non fosse per loro, un vero ladro si potrebbe avvicinare ad una carovana in marcia per divertirsi un poco. Inoltre, i banditi si rifiutano di pagare le tasse alle nostre corporazioni.
— Oho! Allora è questa la vera spina nel tuo fianco, giusto?
Ogwern sbuffò con finta indignazione, poi riprese a scrutarla con attenzione e Jill cominciò a rendersi conto che quel grassone voleva qualcosa da lei nella stessa misura in cui lei sperava di cavargli qualcosa.
— C’è una curiosità che vorrei togliermi — osservò infine Ogwern. — Naturalmente, ho saputo che la tua carovana proveniva dall’Yr Auddglyn… non è che per caso sei passata da Marcmwr?
— Ci ho trascorso un paio di giorni. Perché?
Per un momento il grassone fissò il proprio boccale con espressione accigliata.
— Ecco — replicò poi, — non credo che una daga d’argento sarebbe interessata a rubare gioielli.
Il cuore di Jill mancò un battito per l’eccitazione.
— Per nulla — rispose. — So che siamo tutti cugini dei ladri, ma non è come essere loro fratelli.
— Proprio così. Vedi, mi erano giunte all’orecchio alcune notizie interessanti provenienti da Deverry, secondo cui pare che un tizio si sia addentrato nell’Yr Auddglyn con una dannata quantità di gioielli rubati. A proposito, pare che si trattasse di un completo idiota, perché stava cercando di fingersi un mercante ma aveva sella e briglie degni di un gwerbret… e per di più si trattava di una sella da guerriero.
Jill fece del suo meglio per apparire a stento interessata. Oh, dèi, pensò però, ho davvero la fortuna delle daghe d’argento.
— Dunque, se le pietre sono ancora nell’Yr Auddglyn — proseguì Ogwern, con aria piuttosto meditabonda, — la cosa non mi riguarda. Alcuni dei miei ragazzi hanno però cercato di rintracciare quel supposto mercante per liberarlo dal peso delle gemme che aveva con sé ed hanno seguito le sue tracce fino al fiume Lit, dove sono scomparse.
— Aha, quindi tu ti stai chiedendo se per caso quel tizio non sia entrato nel tuo territorio. Doveva avere con sé oggetti davvero preziosi se ogni ladro del regno lo sta cercando.
— Molto preziosi. Si dice che quelle gemme appartenessero addirittura al re.
— Suvvia… come potrebbe qualcuno derubare il re?
— Una buona domanda, daga d’argento, una domanda davvero molto buona. Io ti sto soltanto riferendo ciò che ho sentito. Pare però che una di quelle pietre sia un rubino grande quanto l’unghia del tuo pollice… sai che valore può avere una gemma del genere? Inoltre ci dovrebbe essere anche un opale grosso come una noce e se di solito gli opali valgono meno delle altre pietre, uno di simili dimensioni è talmente raro da costituire di per sé una fortuna.
— Non ne dubito. Mentre ero a Marcmwr ho sentito parlare di un anello con un zaffiro. Pensi che faccia parte dello stesso bottino?
— Potrebbe darsi. — Ogwern la fissò con occhi che brillavano fra le pieghe di grasso. — Cosa hai sentito, esattamente?
— Che era un anello maledetto — rispose Jill, riflettendo in fretta per presentare il concetto di una gemma pervasa dal dweomer in termini comprensibili per il suo interlocutore. — Dicevano che si tratta di una pietra capace di inviare pensieri alla mente e che la sua luminosità cambia in modo strano, ma probabilmente sono tutte sciocchezze.
— Ascolta, non ti fare mai beffe delle gemme maledette. Nella mia grassa ma preziosa vita ho maneggiato parecchie pietre preziose, e saresti sorpresa dal potere che è racchiuso in alcune di esse. Una gemma veramente buona ha una sua vita… perché pensi che gli uomini le desiderino tanto? — Ogwern s’interruppe, tamburellando con le dita sul piano del tavolo. — Una gemma maledetta, eh? Questo potrebbe spiegare qualcosa. Uno o due ragazzi che conosco hanno tentato di derubare quel tizio, ma hanno fatto una brutta fine. Uno è morto precipitando da un’alta finestra mentre stava cercando di scalare la parete, e il suo compagno ha detto che è stato proprio come se qualcuno l’avesse spinto. Non so che ne sia stato dell’altro.
Il pensiero proveniente dalla pietra echeggiò di nuovo nella mente di Jill.
Membri cattivi del Popolo Fatato lo hanno fatto inciampare e precipitare in un fiume.
— C’è qualcosa che non va? — domandò Ogwern, in tono brusco. — Sembri pallida.
— Oh, non è nulla, sono soltanto stanca per la lunga cavalcata.
Nel frattempo, la sala della taverna aveva cominciato a riempirsi. Pochi per volta, giovani dall’aspetto anonimo sgusciavano dentro, prendevano un boccale di birra e si andavano a sedere insieme nell’ombra, in silenzio: accanto al camino, intanto, il magro locandiere stava sfilando dallo spiedo alcuni polli arrostiti.
— Resta a cenare qui — propose Ogwern a Jill. — Il cibo è dannatamente migliore di quello della Volpe in Fuga: è cosa risaputa che la sguattera si pulisce il naso mentre gira lo stufato.
Il cibo era effettivamente assai migliore di quanto Jill avrebbe supposto. Il locandiere le portò un vassoio con mezzo pollo e qualche fetta di pane fresco, e servì ad Ogwern un pollo intero e una grossa pagnotta. Mentre i due mangiavano i ladri si avvicinarono a turno per scambiare qualche parola con Ogwern o consegnargli del denaro; quando infine il giovane catturato da Jill entrò nella sala, Ogwern gli segnalò di avvicinarsi con un cenno imperioso della mano in cui brandiva una coscia di pollo.
— Questa è Jill — disse al ladro. — Jill, questo è l’Airone. Posso confidare che non ci siano rancori fra voi?
— Nessuno, da parte mia — garantì Jill.
— Lo stesso vale per me — replicò l’Airone, indirizzandole un accenno d’inchino. — Senti, dal momento che sei passata dall’Yr Auddglyn…
— Ne stavamo giusto parlando — lo interruppe Ogwern, — e lei…
Qualcuno bussò con forza alla porta e il locandiere si affrettò ad andare a vedere, mentre alcuni fra i presenti si accostavano alle finestre. Dopo aver sbirciato fuori, il locandiere scosse il capo in un gesto di diniego, e tutti si rilassarono.