Poco dopo Jill tornò alla sua locanda, camminando in fretta e tenendosi a ridosso degli edifici; per tutto il tragitto si guardò di continuo alle spalle e una volta alla porta della locanda si fermò per sbirciare all’interno e controllare che l’uomo non fosse là ad aspettarla. Una volta nella sua camera sbarrò la porta e la finestra dall’interno, dormendo poi per tutta la notte con la spada posata accanto a sé, ma nonostante quelle precauzioni nulla disturbò il suo sonno tranne i sogni pieni di teste recise e di grotte oscure nelle quali gli occhi dello sconosciuto la fissavano brillando nel buio.
Rhodry trascorse quella stessa giornata in preda alla furia dell’impazienza, perché Jill era lontana, sola e in pericolo, mentre lui era vincolato dall’onore a fare da balia ad un mercante ferito e ai suoi puzzolenti muli. D’altro canto, avendo dato a Seryl la propria parola che lo avrebbe scortato fino alla città, non vedeva dinanzi a sé altra alternativa che rimanere con lui fino a quando non fosse stato in condizione di cavalcare. Il bandito ferito morì verso mezzogiorno e Rhodry aiutò a seppellirlo, tanto per avere qualcosa da fare. Infine la pattuglia rientrò alla stazione, un’ora dopo il tramonto.
— Li abbiamo inseguiti verso l’Yr Auddglyn — affermò il capitano. — Non posso però oltrepassare la frontiera senza autorizzazione, quindi dovremo aspettare che Sua Grazia ci faccia pervenire un messaggio.
— Per tutti gli dèi dell’Aldilà, allora spero che lo mandi al più presto.
Il messaggio giunse prima di quanto chiunque potesse immaginare. La pattuglia si stava disponendo a cenare quando Comyn arrivò con cinquanta uomini e altrettanti cavalli di riserva. Nella confusione che segui fu facile per Rhodry sgusciare via, perché l’ultima cosa che voleva era essere riconosciuto da Comyn. In mancanza di un nascondiglio migliore, si recò nella baracca delle cucine, dove i servi frenetici erano troppo impegnati a preparare cinquanta pasti aggiuntivi per accorgersi di lui che era fermo nella rientranza della parete, vicino al focolare in cui ardeva un fuoco vivace su cui erano stati posti ad arrostire spiedi carichi di carne di maiale gocciolante di grasso.
Osservando le fiamme che gli danzavano davanti, Rhodry imprecò contro il proprio infelice Wyrd che lo costringeva a nascondersi da un uomo che rispettava e che un tempo lo aveva onorato. Le dorate lingue di fiamma sembravano farsi beffe di lui, tremolando di qua e di là e levandosi più alte per poi svanire in un istante, proprio come poteva capitare alla gloria e all’onore di un uomo. I carboni ardenti sotto di esse parevano formare immagini, come se lui potesse scorgere in essi Aberwyn e la sua amata Cannobaen. Come se potesse scorgervi Nevyn. D’un tratto Rhodry sentì un brivido gelido corrergli lungo la schiena: poteva vedere Nevyn, o meglio una nitida immagine del suo volto che fluttuava al di sopra del fuoco. Poi nella sua mente affiorò un pensiero che risuonò espresso dalla voce del vecchio.
— Non stai impazzendo, ragazzo, ti sto parlando davvero. Per rispondere basterà che indirizzi a me i tuoi pensieri.
— D’accordo. Ma cos’è questo?
— Ora non ho tempo per spiegartelo, perché i nostri nemici ci potrebbero sentire. Jill è in grave pericolo e devi raggiungerla a Dun Hiraedd. Parti domani all’alba.
— Cosa? Partirò stanotte stessa!
— Non farlo! — L’immagine di Nevyn assunse un’espressione cupa. — Per te non è sicuro trovarti sulla strada di notte. Mi hai sentito? Aspetta l’alba, ma parti!
— Lo farò certamente. Oh, dèi, e lei non ha neppure il suo gnomo con sé.
— Che vuoi dire?
— Quella piccola creatura è scomparsa da qualche parte lungo la strada, e Jill è preoccupatissima per lei.
— E ne ha ragione. Ci penserò io.
Improvvisa com’era giunta l’immagine svanì, e nel sollevare lo sguardo Rhodry trovò un servo che lo stava fissando con espressione rovente.
— Hai bisogno di qualcosa, daga d’argento? — scattò l’uomo.
— Nulla. Ora mi tolgo dai piedi.
Mentre usciva, Rhodry si trovò a lottare con il proprio senso dell’onore, perché pur avendo dato a Seryl la sua parola sapeva che Jill era la sola cosa al mondo che potesse indurlo ad infrangerla.
Negli ultimi giorni, Nevyn si era spesso chiesto come mai lo gnomo grigio non fosse venuto da lui, e aveva pensato che la piccola creatura fedele avesse semplicemente avuto paura di lasciare sola Jill, ma ora non gli restava che supporre che essa fosse stata attaccata dal maestro oscuro. Quella notte, il vecchio era accampato sulla strada che portava nell’Yr Auddglyn, con un allegro fuoco da campo che ardeva per riscaldarlo e per permettergli di evocare immagini. Guardando quelle fiamme, Nevyn ringraziò gli dèi per il caso fortunato che aveva indotto Rhodry a fissare quell’altro fuoco, a tanta distanza da lui… anche se il giovane non possedeva un vero talento per il dweomer, infatti, il suo sangue elfico rendeva possibile operare il dweomer sulla sua mente dall’esterno, ed era per questo motivo che Nevyn era preoccupato per lui nella stessa misura in cui lo era per Jill.
Alla fine il vecchio si costrinse ad accantonare per un momento le sue preoccupazioni e a concentrarsi sul compito che lo attendeva. Quando li invocò, i membri del Popolo Fatato che lui conosceva apparvero immediatamente, affollandogli intorno… un giallo gnomo obeso, spiritelli azzurri, gnomi grigi o verdi, silfidi simili a cristalli tremolanti nell’aria e salamandre che balzavano nel fuoco.
— Conoscete il vostro piccolo fratello grigio che segue Jill dappertutto nel regno? — domandò loro Nevyn.
Le creature annuirono con un frusciare di minuscole teste.
— E conoscete l’uomo cattivo che sto inseguendo? Ebbene, ho paura che abbia catturato il vostro fratello.
Un tenue suono angosciato si riversò su di lui.
— Cercate di scoprire dove si trova ma tenetevi ben lontani da quell’uomo malvagio. Mi avete capito? State molto attenti.
I membri del Popolo Fatato svanirono improvvisi com’erano giunti e il fuoco tornò ad essere normale. Rivolgendo su di esso la sua concentrazione, Nevyn pensò a Jill e non ebbe difficoltà a vederla, seduta in una sporca taverna accanto ad un uomo enormemente grasso, ma per quanto ci provasse non riuscì ad attirare la sua attenzione e ad influenzarla abbastanza da indurla a guardare nel fuoco. Poté però avvertire che era molto spaventata, e quella paura andò ad alimentare la sua. Alla fine annullò la visione e prese a passeggiare con irrequietezza avanti e indietro.
Qualche tempo più tardi i membri del Popolo fatato riapparvero intorno a lui, sogghignando e danzando trionfalmente, e Nevyn si affrettò a contarli per accertarsi che fossero tutti sani e salvi.
— Devo dedurre che lo avete trovato — disse.
Massaggiandosi il ventre, lo gnomo giallo annuì e venne avanti, poi protese il pollice e l’indice in modo da indicare un piccolo oggetto squadrato, e Nevyn non ebbe difficoltà a intuire il significato del gesto.
— L’uomo malvagio lo ha vincolato in una gemma.
Lo gnomo assentì con espressione solenne.
— Adesso veniamo alla parte più difficile, amici miei. Devo sapere dove si trova la gemma. È ancora in possesso dell’uomo malvagio?
Quando lo gnomo scosse il capo in un gesto negativo Nevyn sospirò di sollievo; lo gnomo indicò poi la faccia rossa di una salamandra.
— È una gemma rossa — dedusse il vecchio.
Era proprio così: con un’elaborata pantomima i membri del Popolo Fatato riuscirono infine a riferire a Nevyn tutto ciò che lui aveva bisogno di sapere. Lo spirito elementare dello gnomo era stato vincolato all’interno di un rubino rientrante fra le gemme sottratte al re. Il maestro oscuro aveva poi dato quel rubino al bandito con i capelli rossi, che lo aveva portato in una città per venderlo. Mimare il nome della città risultò difficile, ma Nevyn infine lo indovinò quando uno spiritello si mise a cavalcioni di uno gnomo mentre gli altri indicavano che si trattava di qualcosa di grosso.