Sorridendo fra sé, Jill scese nella sala comune e ordinò una ciotola di porridge che risultò grumoso in modo sospetto. Lo stava mangiando con cautela, rigirandolo alla ricerca di eventuali insetti quando l’Airone entrò nella taverna e passò con noncuranza accanto al suo tavolo, scoccandole un’occhiata come se non l’avesse mai vista prima.
— Al Drago Rosso — le sussurrò però sottovoce.
Preso il mantello nella sua camera, Jill uscì sotto la pioggia sottile e raggiunse la locanda, dove trovò Ogwern seduto al suo solito tavolo, pallido, sudato e con le grosse mani che tremavano a tal punto che dovette usarle entrambe per portarsi il boccale alle labbra.
— Cosa succede? — gli chiese.
— Ricordi quel tizio che è venuto la scorsa notte? Ebbene, è tornato. È entrato qui meno di un’ora fa, sfacciato e tangibile, e si è seduto accanto a me senza neppure chiedere il permesso. Ha detto che se non trovo quell’opale che lui vuole mi trasformerà in salsicce! Che sfacciataggine!
— Davvero! Deve volere quel dannato oggetto a tutti i costi se ha corso il rischio di venire qui in pieno giorno.
— Oh, dubito che abbia corso il minimo rischio — replicò Ogwern, soffermandosi a bere un confortante sorso di birra. — Questa è la parte più maledettamente strana. So che sembra pazzesco, Jill, ma ti giuro sulla mia grassa e preziosa persona che è vero. Quando se ne è andato, ho deciso di seguirlo ed è stato abbastanza facile, perché la strada era affollata e lui camminava senza lanciarsi neppure un’occhiata alle spalle. Così gli sono andato dietro tenendomi ad una buona distanza e lui ha puntato dritto verso il pascolo comune, lungo il fiume. Conosci quella macchia di betulle, vicino al ponte?
— Sì.
— Ebbene, si è infilato fra gli alberi ed è scomparso. Voglio dire, è letteralmente svanito! Vedi, dopo che è entrato fra gli alberi io ho atteso, e atteso, ma non l’ho più visto uscire, e le betulle non sono fitte come se fossero noccioli o qualcosa del genere. Alla fine mi sono deciso ad andare a mia volta nel boschetto, e lui non c’era più.
— Suvvia! Stai perdendo il controllo dei nervi! Deve essere andato via senza che tu lo vedessi.
— Occuperei forse la posizione che ho se non potessi neppure vedere un uomo in pieno giorno? E non mi dire che sto diventando vecchio, perché sarebbe dannatamente scortese.
Jill rabbrividì in preda ad un gelido timore, pensando che quell’uomo doveva possedere il dweomer. Aveva già avuto modo di sperimentare quanto il dweomer potesse essere pericoloso nelle mani di un folle, e adesso aveva di fronte qualcuno che lo usava con freddezza per scopi malvagi.
— Voglio offrirti un ingaggio — proseguì Ogwern, — e cioè quello di proteggermi. Una daga non servirebbe a molto contro un uomo del genere, e se si tratta di usare una spada è meglio che si trovi nelle mani di qualcun altro, se voglio che mi serva a qualcosa. Ti offro una moneta d’argento per notte, daga d’argento.
— Affare fatto. Quell’uomo può anche avere occhi degni del Signore dell’Inferno, ma scommetto che sanguina come qualsiasi altro uomo.
— Allora speriamo proprio di non dovergli far sporcare di sangue tutto il mio pavimento. Dannazione, quanto detesto queste minacce!
Un piovoso tramonto colse Rhodry ancora ad una trentina di chilometri da Dun Hiraedd. Ricordando l’avvertimento di Nevyn di non viaggiare di notte, il giovane offrì ad un contadino un paio di monete di rame perché gli permettesse di dormire nel suo granaio, e per altre due monete la moglie del contadino gli diede per cena una ciotola di stufato e un pezzo di pane. Rhodry accettò il cibo con gratitudine e cenò insieme alla famiglia ad un lungo tavolo di legno vicino al camino; la paglia stesa per terra puzzava di maiali e i contadini mangiarono con le mani sporche, senza scambiare una sola parola né fra loro né con l’ospite fino ad aver raccolto fino all’ultima briciola accompagnata da un sorso di birra acquosa, ma anche così Rhodry fu comunque lieto della loro compagnia. Quando ebbe finito la cena indugiò ancora un po’ con loro, ascoltando senza eccessivo interesse la conversazione relativa al lavoro dell’indomani e fissando il fuoco nella speranza mista a timore di ottenere un altro messaggio di Nevyn, che però non venne.
Improvvisamente i cani si alzarono di scatto dalla paglia e si scagliarono oltre la porta aperta, ringhiando e abbaiando.
— A quanto pare sei il benvenuto più di quanto credessi, daga d’argento — commentò il contadino, lanciando un’occhiata alla spada di Rhodry. — Vuoi venire fuori con me?
— Con piacere.
Afferrata una torcia, il contadino la infilò per un momento nel fuoco per accenderla e si affrettò ad uscire seguito da Rhodry che teneva la spada in pugno. Vicino alla porta che si apriva nel muro di terra battuta i cani stavano ringhiando furiosamente contro un uomo fermo all’esterno, che teneva il cavallo per la cavezza e portava la spada al fianco.
Un’imprecazione del contadino indusse i cani a smettere di abbaiare, ma essi continuarono comunque a ringhiare contro lo straniero senza che ci fosse modo di farli quietare.
— Cosa significa tutto questo? — domandò infine il contadino.
— Nulla che ti riguardi, buon uomo — replicò lo sconosciuto, con uno sgradevole sorriso. — Voglio soltanto scambiare qualche parola con questa daga d’argento.
Rhodry avvertì un lieve senso di gelo allo stomaco. Come aveva fatto quell’uomo a sapere dove lui si trovava? Accorgendosi che lo sconosciuto lo stava fissando con una strana intensità, Rhodry si rese di colpo conto che l’uomo lo trovava interessante e che il sorriso che gli stava indirizzando era di quel genere che lui stesso aveva rivolto a più di una graziosa ragazza. L’idea gli causò un tale disgusto da indurlo a ritrarsi.
— Sto cercando una gemma rubata — affermò infine lo sconosciuto. — A Marcmwr qualcuno mi ha detto che forse potresti averla tu.
— Non sono un ladro.
— È ovvio che non lo sei, ma devo avere questo opale e sono disposto a pagarlo una moneta d’oro, più di quanto potresti mai ottenere da qualsiasi ricettatore.
— Non ho con me gemme di sorta.
Lo sconosciuto si protese leggermente in avanti, fissandolo negli occhi, e per un momento Rhodry si sentì completamente stordito, come se avesse bevuto troppo sidro.
— Non hai nessuna gemma con te? — chiese l’uomo.
— No.
Annuendo con decisione lo sconosciuto si ritrasse e distolse lo sguardo.
— Sono certo che sia così — affermò. — Ti ringrazio.
Prima che Rhodry potesse dire una sola parola l’uomo era già rimontato in sella, allontanandosi. I cani continuarono a ringhiare fino a quando non fu scomparso alla vista.
Sarcyn trovò un’ampia baracca di legno, indubbiamente costruita come rifugio per i numerosi mandriani che girovagavano al seguito delle mandrie; anche se puzzava, la baracca era asciutta ed aveva un piccolo camino da un lato, e dopo aver sistemato il cavallo in un angolo Sarcyn accese il fuoco. Non appena pensò ad Alastyr il volto del suo maestro gli apparve davanti: a quanto pareva, Alastyr era rimasto per tutto il tempo accanto al suo fuoco, in attesa di notizie.
— Non ce l’ha — gli trasmise mentalmente Sarcyn.
— È quanto temevo — replicò Alastyr, i cui pensieri avevano una connotazione di stanchezza. — Allora dovremo costringere gli spiriti a scovare la gemma. Se dovessero scoprire che ce l’ha la ragazza, manderò Evy in città.
— No, aspetta, lui non è abbastanza forte…
— Non discutere le mie decisioni.