Il solo sedile disponibile nella sala delle guardie era uno sgabello di legno, ma Jill lo accettò con gratitudine.
— A dire il vero, Vostra Grazia — replicò, — non sono né una dama né la moglie legale di Rhodry.
— Non ha avuto la decenza di sposarti, vero? Penserò io a dirgli due parole al riguardo. Dov’è il tuo equipaggiamento? Cinvan, manda uno dei ragazzi a prenderlo… stanotte Gilyan si fermerà alla fortezza.
Dopo aver eseguito quell’ordine, Cinvan si addossò il macabro compito di perquisire il cadavere mentre Blaen osservava Jill con un sorrisetto paterno… fra i nobili, infatti, per un uomo un cugino era un parente più importante dei fratelli, suoi rivali nell’ereditare terre e influenza.
Hai la fortuna di una daga d’argento, si disse Jill, ma al tempo stesso si chiese cosa ne avrebbe pensato Rhodry di tutto questo e di colpo fu assalita dal desiderio che lui fosse lì, in modo da potersi gettare fra le sue braccia e dimenticare tutto quel dweomer malvagio.
— Adesso — disse infine Blaen, — dato che siamo praticamente parenti, puoi anche parlare sinceramente: tu sai su quest’uomo più di quanto sei disposta ad ammettere.
— Vostra Grazia penserà che sono pazza, ma giuro che quell’uomo possedeva il dweomer. Ha fatto irruzione nella casa di Ogwern con l’evidente scopo di causare guai e quando ho cercato di fermarlo mi ha guardata negli occhi e per poco non mi ha gettato addosso un incantesimo. Per un istante non ho potuto né pensare né muovermi.
Alle loro spalle Cinvan emise una sonora imprecazione.
— Chiedo scusa, ma è meglio che Vostra Grazia dia un’occhiata a questo — disse poi, protendendo una catena da cui pendeva un medaglione formato da una sottile piastra di piombo su cui erano incisi un pentacolo rovesciato, una parola nella lingua del Bardek e tre strani simboli. — Era intorno al collo di questo bastardo. Dubito che i discorsi di stregoneria di Gilyan siano assurdi quanto sembrano.
Attraverso le immagini create nel fuoco, Alastyr vide Evy morire, vide il suo corpo che ancora si contraeva al suolo mentre il pallido e azzurrino doppione eterico se ne separava, fluttuando al di sopra della materia morta abbandonata sotto di sé. Annaspando per respirare, con la testa che gli vorticava e lo sguardo velato da una crepitante nebbia dorata, Alastyr dovette far ricorso a tutta la sua volontà per respingere quella nebbia ed evitare di svenire. La sua aura era infatti collegata a quella di Evy mediante un legame eterico in modo che lui potesse attingere alla vitalità dell’apprendista per alimentare la propria, e l’infrangersi del vincolo lo aveva ferito come un colpo di spada. Legato dalla parte opposta del fuoco, Camdel lo fissò con espressione terrorizzata mentre lui si sdraiava supino: anche se si sentiva del tutto prosciugato, sapeva di dover cauterizzare su= bito quella ferita.
Passando all’impiego della seconda vista, poté scorgere la propria aura che pulsava debolmente, una nube rossastra e ovoidale venata di sottili linee nere da cui pendeva infranto un cordone di luce che ondeggiava come un serpente decapitato. Alastyr si concentrò su di esso e cominciò a ritrarlo nella propria aura ma poi pensò a Camdeclass="underline" con la seconda vista ancora attiva si sollevò in piedi barcollando e fissò il giovane lord tremante, la cui aura appariva pallida e rimpicciolita. Prosciugare ulteriormente la sua vitalità sarebbe equivalso ad ucciderlo, e lui era ancora uno strumento utile, quindi Alastyr tornò a sedersi, con la testa china sulle ginocchia, e riassorbì in sé la linea di luce, disattivando poi la seconda vista. Adesso doveva riposare.
Fu allora che sentì la mente di Sarcyn toccare la sua e chiedergli di contattarlo. L’ira dell’apprendista era quasi palpabile e si riversò su di lui come un torrente di fuoco, ma non appena ebbe disposto intorno a sé i propri sigilli personali essa si ritrasse come la marea e scomparve. Adagiatosi al suolo, Alastyr si addormentò.
Naturalmente, Sarcyn aveva seguito a sua volta ciò che era accaduto nella camera di Ogwern, e allorché Alastyr rifiutò di contattarlo l’ira lo spinse ad afferrare un pesante pezzo di legna da ardere e a sbatterlo con violenza contro il muro, tornando in sé soltanto quando il suo cavallo prese a nitrire spaventato. Con uno sforzo di volontà calmò quindi la propria respirazione e la mente: dal momento che era ancora a trenta chilometri da Dun Hiraedd non poteva più fare nulla per suo fratello. Un più esperto uomo del dweomer vi si sarebbe potuto recare con il corpo di luce, ma Sarcyn era ancora un principiante di quella tecnica e inoltre la città era attraversata da un fiume che sul piano eterico costituiva un pericoloso torrente di forze capace di distruggere un viaggiatore poco attento.
Rimaneva però la vendetta. Pur essendo tentato di andarsene e di abbandonare Alastyr, Sarcyn sapeva di non essere abbastanza forte da potersi impadronire da solo di Jill, per cui avrebbe dovuto sopportare il suo maestro ancora per qualche tempo, fino a quando non si fosse saziato con la vendetta. Increspando le labbra in un sorriso che sarebbe stato orribile a vedersi, si sedette accanto al fuoco per evocare l’immagine della ragazza… anche se era a trenta chilometri di distanza aveva infatti ancora qualche trucco a disposizione e il talento stesso per il dweomer che Jill possedeva la rendeva vulnerabile.
Dal momento che Blaen insistette per trattare Jill come se lei fosse stata legalmente sposata al suo amato cugino, il ciambellano le assegnò un’ampia camera dotata di un camino personale, di un letto dalle coltri ricamate e di candelabri d’argento disposti lungo le pareti. Un paggio le portò dell’acqua calda e dopo essersi lavata lei posò la bacinella fuori della porta perché venisse prelevata, sbarrando quindi il battente dall’interno. Dal momento che aveva fatto ben poco durante tutto il giorno, invece di stancarla il breve combattimento aveva avuto soltanto l’effetto di renderla nervosa, e per qualche tempo passeggiò avanti e indietro, osservando il riflesso danzante della luce delle candele sulle pareti. Intorno a lei la stanza e l’intera rocca erano immerse nel silenzio, ma di colpo Jill ebbe la certezza di non essere sola. Non si avvertiva nessun suono, neppure la sottile differenza creata in una stanza dalla presenza di un ulteriore corpo che ne assorbisse il rumore, ma lei poteva percepire come una presenza tangibile qualcuno che la stava osservando. Sentendosi assolutamente stupida, estrasse dal fodero la daga d’argento e prese ad aggirarsi per la camera senza trovare però neppure un topo in un angolo; di scatto, si girò per guardarsi alle spalle, ma anche là c’era soltanto il bagliore delle candele. Eppure nella stanza si avvertiva una presenza… Jill era sicura che qualcuno le stesse dando la caccia più di quanto lo fosse mai stata di qualsiasi altra cosa.
Un cauto passo per volta si accostò alla finestra e spalancò le imposte, ma nessuno si stava arrampicando su per l’erta torre di pietra e in basso il cortile buio era vuoto. Sollevando lo sguardo, poté scorgere le stelle e la grande distesa della Strada Innevata che si allargava in alto sopra di lei… luce, ma fredda e indifferente alla sua situazione o a quella di qualsiasi altro essere umano. D’un tratto fu assalita dalla disperazione, un cupo dolore che le pervase il cuore come se più nulla avesse importanza, né l’onore, né la vita, neppure il suo amore per Rhodry… nulla, perché la vita umana non poteva essere altro che un tremolante punto di luce sullo sfondo avviluppante dell’oscurità, proprio come quelle minuscole stelle indifferenti e crudeli. Si protese in fuori sul davanzale e la sua disperazione si andò accentuando, privandola di ogni energia e della forza di volontà.
Perché lottare, pensò. Se la notte vince sempre, perché combatterla?
Lontano sull’orizzonte, al di là della città addormentata, l’ultimo quarto di luna stava sorgendo come un pallido chiarore contro l’oscurità dilagante, e nel guardarla Jill pensò che presto anche la luna si sarebbe assottigliata nel buio fino a scomparire.