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— La distanza di ieri è la stessa di oggi. Posso trovare il mio uomo a Londra mentre cura i suoi affari, oppure nella sua casa di campagna a Chelsea, fa lo stesso.

Paul passò attraverso una spirale metallica simile a un’antenna, già sincronizzata, e agli occhi di Brooks sembrò dissolversi in una pioggia di scintille. Si trovò immerso in una sorta di nuvola grigia, distorta e confusa, in cui la tenebra sarebbe stata luce. E si senti male, come tutti coloro che penetravano nei meandri del tempo.

Quando uscì, si trovò immerso nel fango fino alle caviglie. Era ai confini di una piccola città dalla case di legno. Entrò in una locanda dall’aspetto fatiscente e ordinò una beccaccia, una bella fetta di roast-beef, pane d’orzo e una cipolla grossa come la testa di un bambino, e attaccò discorso col proprietario.

— Mi saprebbe dire se Thomas More è a Londra oppure nella sua casa a Chelsea? — chiese, cercando d’imitare meglio che poteva l’antica pronuncia.

— Molto probabilmente sarà a casa — rispose il locandiere. — Non gode più dei favori del re, come lei saprà. Lei è forse un legale?

— Sì, un legale — disse Paul.

— Lei ha una strana pronuncia — aggiunse il locandiere. — Viene forse dal nord?

— No, dal sud — spiegò Paul. Ed era vero. Astrobia, rispetto alla Terra, si trovava nella parte meridionale dell’emisfero celeste.

— Di questi tempi è pericoloso parlare agli stranieri — continuò il locandiere, — ma io non mi sono mai lasciato intimidire. Il vecchio mondo sta morendo, e a me dispiace. Quello che sta nascendo non è di mio gusto… ma Thomas More mi piace, anche se dubito che resterà ancora a lungo tra i vivi. Madre di Cristo, spero proprio che qualcuno lo convinca a lasciare il paese prima che sia troppo tardi! Credo che lei sia uno di quelli che vengono dall’altra parte del canale.

— Sì, vengo dall’altra parte del canale — disse Paul, — e lo farò uscire dal paese, se accetterà di venire con me. Non dica niente a nessuno, della nostra conversazione, e anch’io starò zitto.

— Gli uomini del re sono dappertutto. Cristo l’accompagni, amico.

Paul uscì dalla locanda. Faceva freddo. Sapeva da che parte andare, e s’incamminò sulla strada per Chelsea. Gli fece piacere scoprire che gli inglesi non erano ancora diventati degli «sgorbi di natura».

Non c’erano dei veri problemi con la lingua, in quel periodo: inezie, e nulla più. Dopo un’energica camminata di un’ora o due, Paul giunse a Chelsea. Dovette chiedere soltanto una volta, e poi vide il suo uomo: stava passeggiando, infagottato in una pelliccia di pecora, nel suo giardino rivestito di ghiaccioli.

Come poteva essere certo, Paul, che fosse lui? Assomigliava un po’ al Thomas More del ritratto di Holbein, che Paul aveva studiato, ma soltanto un poco. Tutti i ritratti di Holbein sono più simili a Holbein che ai personaggi raffigurati. Ma Thomas More era un uomo che sarebbe stato riconosciuto dovunque.

— Io sono Paul — disse Paul, quando gli fu accanto. — E non so proprio cos’altro dovrei dire.

— Il santo che aveva il tuo nome, Paul, ha viaggiato anche lui a lungo — disse Thomas More con una cordialità che gli riusciva naturale. — Non così lontano come te, naturalmente, ma forse per scopi assai più sublimi. Ma io ti dò il benvenuto ugualmente, come a un uomo giunto attraverso due universi, nessuno dei quali io capisco.

Paul era andato a ritroso nel tempo per mille anni, e tuttavia lui e Thomas More si capivano. Ma Thomas non avrebbe potuto capire il suo trisavolo. Il mondo, la vita procedono a salti, e c’erano stati più cambiamenti nell’ultimo secolo che nei mille anni che sarebbero seguiti.

— Neanch’io li capisco — disse Paul. — Ma come puoi dire che sono giunto attraverso due universi?

— Hai l’aspetto di uno di loro — spiegò Thomas. — Altri sono venuti a visitarmi attraverso il tempo. Io non sono un grand’uomo, ma a quanto sembra ho suscitato molta curiosità nella Storia. Da dove vieni, Paul?

— Da Astrobia, un luogo che tu non conosci.

— Non scommetterci, Paul. Vi sono moltissime cose passate e future nella mia testa. C’era un’epoca in cui credevo che i viaggi attraverso il tempo fossero contro natura. Ma tutti noi viaggiamo attraverso il tempo in ogni attimo della nostra vita. La differenza sta nel fatto che tu hai viaggiato con un’altra velocità e in una diversa direzione. Nel tuo mondo sono tutti alti come te?

Thomas More parlava con quella che sarebbe stata chiamata più tardi la pronuncia brogue degli irlandesi, o il burr degli scozzesi, ma che a quell’epoca era inglese puro.

— No, in media sono quasi una spanna più bassi di me, e una spanna più alti di te — spiegò Paul. — Per noi, tu sei un uomo basso e tozzo, e hai lasciato che la vecchiaia prendesse il sopravvento su di te: presumo che questo sia il tuo aspetto naturale, senza modifiche. Ma sono sempre più stupito per tutte le cose che riesci a indovinare su di me.

— Non sarei considerato il miglior avvocato d’Europa se non fossi capace di giudicare un uomo — disse Thomas More. — E tu non sei l’unico. Ti ho detto che ho ricevuto altre visite dal tempo. Per qualche bizzarria storica, sembra che io goda di una certa fama. Le circostanze che l’hanno provocata, come mi ha spiegato un altro viaggiatore, mi hanno molto stupito: non ho affatto capito quello che mi accadrà nel prossimo anno. Sono convinto che altri uomini hanno ricevuto visite dal futuro, ma non ne hanno parlato; neanch’io ne parlerò. L’incredulità non è facile da vincere. Ho capito che fra qualche settimana prenderò una decisione talmente pazzesca, in apparenza, da risultare incredibile. Alcuni tra i visitatori mi hanno chiesto perché l’ho fatto, ma io non sono assolutamente in grado di dirlo perché, vedi, quella decisione non l’ho ancora presa. La ragione per cui sarò decapitato mi sembra così banale, da non valere assolutamente il taglio di una testa. Non certo la mia, comunque. Perché sei venuto a trovarmi da Asternick, Paul?

— Da Astrobia. Hanno dei guai su Astrobia. Stanno cercando un candidato che li faccia uscire dal pasticcio in cui si sono cacciati. Hanno tentato con tutti i tipi d’uomini possibili e immaginabili, ora vogliono provare con un uomo onesto. Hanno preso in considerazione tutti gli uomini famosi di entrambi i mondi, i vivi e i morti. Tu sei l’unico uomo completamente onesto che sono riusciti a trovare… O almeno sei l’unico che ha avuto un momento di completa onestà.

— Oh, è stato… sarà proprio per una dimostrazione di onestà che perderò la testa, Paul. Ma non riesco a immaginarmi nell’atto di farlo. Non è che mi sia comportato in maniera particolarmente onesta fino a oggi, direi piuttosto opportunistica. Ma se sono stato… se sarò onesto nel momento cruciale della mia vita, quale vantaggio ne trarrà il futuro di Astrobia?

— Sono venuto per portarti su Astrobia con me.

— Vuoi portarmi con te nel futuro, Paul? Questo è impossibile, naturalmente. Dobbiamo vivere le nostre vite nel tempo e nel luogo voluti dal destino. Non possiamo alterare il corso della Storia.

— Stai perdendo un po’ del tuo splendore, Thomas. è uno strato così sottile? Niente di più profondo? Non sono considerazioni un po’ troppo banali, per uno come te? E tu, da cristiano, come puoi accettare il destino?

— Saresti un bravo avvocato anche tu, Paul. No, non ho mai venerato il destino. E, per natura, sono abbastanza temerario da fare questo e altro. Ma mi dispiace lasciare la mia famiglia.

— Thomas, Thomas, non sei curioso? Non hai un po’ d’immaginazione? Non hai coraggio? Hanno detto che sei un precursore, un uomo aperto alle idee nuove. E con tutta probabilità non lascerai la tua famiglia. La storia dice che sei morto in un certo giorno e in un certo modo, e in questo regno.

— Ci sono allora due me stessi, Paul? … Sì, naturalmente! E non due soltanto, ma molti di più. Ogni uomo è una moltitudine. Ma sto giocando con le parole: dimmi invece, qual è la vera ragione per cui hai bisogno di me?